Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18776 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/07/2017, (ud. 25/05/2017, dep.28/07/2017),  n. 18776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GUIZZI Giaime Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28971-2015 proposto da:

B.M. nella qualità di unico erede della propria madre

R.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE

DELLE GIOIE 13 INT. 18, presso lo studio dell’avvocato CAROLINA

VALENSISE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

EMANUELE CERVIO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA INTERMOBILIARE DI INVESTIMENTI E GESTIONI SPA in persona del

Direttore Generale e procuratore speciale P.C.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 22, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO PICONE, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati VITTORIO FERRERI, ANDREA FERRERI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1307/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 08/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCOCITTI;

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

B.M. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Torino Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni s.p.a. – B.I.M. chiedendo la condanna alla restituzione della somma di Lire 865 milioni. Espose la parte attrice di avere rilevato, in qualità di unico erede di R.M.G., versamenti effettuati in data (OMISSIS) in favore della convenuta per l’importo indicato mediante tredici assegni circolari tratti sul Credito Emiliano. Il Tribunale adito, qualificata la domanda come ripetizione d’indebito, rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello B.M.. La Corte d’appello di Salerno rigettò il gravame e l’appellante propose ricorso per cassazione. Con sentenza 27 gennaio 2014, n. 1647 questa Corte accolse il ricorso enunciando il principio di diritto secondo cui il giudice nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda accerta il contenuto sostanziale della pretesa, come desumibile non solo dal tenore letterale degli atti difensivi, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte e dalle precisazioni fornite, anche in ambito istruttorio, nel corso del giudizio. Concluse quindi il giudice di legittimità nel senso che il giudice di merito si sarebbe dovuto attenere all’enunciato principio, provvedendo alla qualificazione della domanda, contrattuale o di ripetizione d’indebito, ed effettuando gli accertamenti opportuni, ammettendo se del caso le prove richieste. Riassunto il giudizio dal B., con sentenza di data 6 luglio 2015 la Corte d’appello di Salerno rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che il B., dopo avere formulato con la citazione introduttiva una domanda di ripetizione di indebito (versamenti “senza apparente giustificazione”), con la memoria del 28 marzo 2002 aveva mantenuto la stessa prospettazione (importo “versato senza causale”), e così anche con i tre capi di prova orale formulati nella successiva memoria e con la comparsa conclusionale, e che solo con la memoria di replica alla conclusionale per la prima volta, in modo inammissibile data la novità della domanda, aveva parlato di rapporto di natura contrattuale. Precisò che dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio libero non si evincevano elementi favorevoli alla tesi della negoziazione degli assegni all’interno di un quadro contrattuale.

Aggiunse il giudice di appello in termini di accertamento di fatto quanto segue: dall’estratto conto del 1996 risultava che la R. aveva prelevato in data 4 settembre 1996 dal conto presso B.I.M. di cui era titolare la somma di Lire 865 milioni, determinando un saldo passivo di Lire 372.085; in data (OMISSIS) il Credito Italiano aveva emesso tredici assegni circolari di vario importo per la somma complessiva di Lire 865 milioni su richiesta della R., determinando un’incapienza del conto per l’ammontare di Lire 33.867.258; dodici assegni per complessive Lire 830 milioni erano stati incassati in data (OMISSIS) presso l’Istituto Bancario S.Paolo di Torino – sede di Genova da tale C.R., secondo quanto risultante dalla sottoscrizione, procuratore di B.I.M., il quale però non aveva speso la ragione sociale della società di intermediazione mobiliare ed aveva quindi incassato in proprio i dodici assegni; il tredicesimo assegno di lire 35 milioni era stato incassato in data 12 settembre 1996 dalla medesima persona fisica, ma stavolta facendo precedere la girata per l’incasso da “Intermobiliare SIM- Genova”, e dunque con incasso in favore della società.

Osservò quindi il giudice di appello che in sede di interrogatorio libero il procuratore della convenuta non aveva affatto dichiarato in chiave di certa consapevolezza quale fosse stata la sorte del versamento e che, in conclusione, non era stata fornita la prova relativa alla proposta ripetizione d’indebito.

Ha proposto ricorso per cassazione B.M. sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 384 e 394 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che definendo la domanda nella memoria di replica come nuova il giudice di merito ha confuso l’oggetto della domanda con la sua qualificazione in violazione del principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità e che in violazione di tale principio si colloca anche la ricostruzione effettuata degli assegni versati in termini di estraneità al rapporto contrattuale. Aggiunge che gli assegni, come si evince dalla copia degli stessi prodotta, recavano la dicitura “Intermobiliare SIM” sopra la firma di girata per l’incasso, la quale, sia pure in modo più leggibile su alcune copie degli assegni e in modo meno evidente per altri, compare su tutti i titoli (non potendo diversamente essere incassato il titolo “non trasferibile”).

Il motivo è infondato. Il principio di diritto enunciato da questa Corte è nel senso che il giudice nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda deve accertare il contenuto sostanziale della pretesa, come desumibile non solo dal tenore letterale degli atti difensivi, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte e dalle precisazioni fornite, anche in ambito istruttorio, nel corso del giudizio. A tale principio il giudice di merito si è attenuto, accertando il contenuto sostanziale della pretesa sulla base non solo degli atti difensivi (la citazione introduttiva, la memoria del 28 marzo 2002, la successiva memoria istruttoria, la comparsa conclusionale e la memoria di replica alla conclusionale) ma anche dal complesso delle indicazioni emergenti dagli interrogatori liberi delle parti, analiticamente esaminati. La valutazione in termini di novità dell’istanza contenuta nella memoria di replica alla conclusionale di controparte, qualificata dalla corte territoriale come contrattuale, non rappresenta violazione dell’enunciato principio di diritto, in quanto comunque la memoria di replica è stata valutata quale atto per l’interpretazione e qualificazione della domanda originaria, ma rappresenta esclusivamente il rilievo di una preclusione processuale maturata.

Non costituisce inoltre violazione del principio di diritto la ricostruzione effettuata degli assegni versati in termini di estraneità al rapporto contrattuale. Nel giudizio di rinvio è fatto divieto di modificare i presupposti di fatto del principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità. L’inerenza della negoziazione degli assegni ad un rapporto contrattuale non costituiva presupposto di fatto del principio di diritto. Questa Corte ha anzi affermato che conseguenza del principio di diritto era il dovere di qualificazione della domanda, secondo le modalità indicate, e di accertamento dei fatti, sicchè non vi era una statuizione presupposta al principio di riconducibilità del pagamento degli assegni ad un rapporto contrattuale.

Per il resto si propone una diversa lettura di quanto risultante dalla copia degli assegni, benchè si sottolinei che la dicitura “Intermobiliare SIM” sopra la firma di girata per l’incasso non abbia sempre la medesima evidenza. Sul punto il ricorrente si limita a giustapporre il proprio apprezzamento delle risultanze processuali a quello effettuata dal giudice di merito, senza denunciare uno specifico vizio motivazionale. Tale contrapposizione di valutazioni di merito non è sindacabile nella presente sede di legittimità.

Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza e del procedimento degli artt. 99,112,342 e 345 c.p.c., artt. 1218,1223,1224 e 1228 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente che in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato il giudice di merito ha erroneamente qualificato come ripetizione di indebito un’azione invece contrattuale e che la natura dell’azione era dimostrata dagli estratti conto di B.I.M. e dalla richiesta di prova orale (non ammessa) avente ad oggetto l’intestazione di conto titoli e liquidità. Aggiunge che, provata dall’attore la fonte contrattuale, la convenuta doveva restituire l’importo, non avendo provato l’esistenza di un’ipotetica diversa destinazione del medesimo importo e della tipologia di investimento finanziario tale da averne azzerato l’ammontare.

Il motivo è fondato. Quando venga denunciata, col ricorso per cassazione, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendosi l’erronea qualificazione della domanda, il giudice di legittimità non deve limitarsi a valutare la sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investita del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda (Cass. 10 ottobre 2014, n. 21397; 4 aprile 2014, n. 8008). L’accertamento del fatto processuale è consentito dall’assolvimento da parte del ricorrente dell’onere di autosufficienza del ricorso.

Il principio di diritto enunciato dalla sentenza 27 gennaio 2014, n. 1647 di questa Corte è nel senso che il giudice nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda accerta il contenuto sostanziale della pretesa, come desumibile non solo dal tenore letterale degli atti difensivi, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte e dalle precisazioni fornite, anche in ambito istruttorio, nel corso del giudizio.

Decisivo a parere del Collegio, ai fini dell’interpretazione qualificazione della domanda originaria, è quanto precisato dalla parte in sede di deduzioni istruttorie. Con la memoria istruttoria depositata in data 8 maggio 2002 è stato formulato il seguente capitolo di interrogatorio formale: “Vero che la signora R.M.G. era intestataria di conto titolo e deposito liquidità presso la filiale di (OMISSIS) della Intermobiliare SIM s.p.a., ora Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni s.p.a.?”. Il riferimento all’esistenza di un conto titoli e deposito liquidità presso la SIM presuppone l’esistenza di un rapporto contrattuale fra quest’ultima e la R.. La deduzione istruttoria retroagisce sull’atto introduttivo del giudizio e consente di intendere in modo chiaro che il rapporto dedotto in giudizio non è quello di indebito ma il rapporto contrattuale afferente al predetto conto titoli e deposito liquidità.

Ed invero la qualità delle parti, da principio evidenziata nell’atto di citazione, l’una una risparmiatrice, l’altra una società di intermediazione mobiliare, costituisce indicatore rilevante dell’esistenza di un rapporto contrattuale. L’attore ha allegato, sempre nella citazione, di avere chiesto chiarimenti in ordine ai “versamenti” effettuati (domandandone la restituzione) e trattandosi di “versamento” in favore di una società di intermediazione mobiliare da parte di una risparmiatrice non può non rilevarsi l’esistenza di un ulteriore indicatore nel senso dell’esistenza di una relazione fra i due soggetti. Tali indicatori trovano un decisivo riscontro nel capitolo di prova formulato e sopra richiamato. Tale conclusione non può essere smentita dall’utilizzo di formule quali “senza apparente giustificazione” e “senza causale”, potendo esse rinviare, una volta che sia stata dedotta la qualità soggettiva delle parti, risparmiatrice e s.i.m., ad una patologia del rapporto. Prevalendo quest’ultimo profilo si devono le espressioni in discorso collocare nel quadro esecutivo della convenzione relativa al conto titoli e deposito liquidità intercorrente fra le parti, e non possono esse diventare elemento ermeneutico condizionante l’interpretazione delle allegazioni della parti. Conclusivamente va riconosciuta la natura contrattuale del rapporto giuridico dedotto in giudizio.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99,112,113,115 e 116 c.p.c., artt. 1362 e 1363 c.c., D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 1 e 23, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che, sulla base dei criteri dettati per l’interpretazione dei contratti applicabili anche per l’interpretazione degli atti processuali, e segnatamente la ricerca dell’intenzione della parte senza il vincolo del senso letterale ma valutando l’atto nel suo complesso e ciascun atto per mezzo dell’altro, non può darsi significato dirimente al lemma “restituzione” dovendosi considerare il complesso degli atti, ivi compresa la memoria di replica, in quanto significativi della deduzione di un rapporto contrattuale.

L’accoglimento del precedente motivo determina l’assorbimento del motivo.

PQM

 

accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Torino in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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