Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18776 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 26/09/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 26/09/2016), n.18776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19133-2014 proposto da:

COOPERATIVA AGRICOLA COTEB SCARL, in persona del legale

rappresentante p.t. Sig. L.G., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA SILVIO BENCO 81, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE DI DONATO, rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA

BERARDI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE LARINO, in persona del Sindaco in carica legale rappresentante

p.t. avv. N.V., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

COLONNA, rappresentata e difesa dall’avvocato COLOMBA MARIA FLAVIA

TROIANO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 75/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 03/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato VITTORIO MARTELLINI per delega;

udito l’Avvocato PILADE PERROTTI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI

Tra le parti della controversia oggi in chiamata in decisione hanno avuto luogo diversi giudizi che tutti traggono origine dal medesimo rapporto di affittanza agraria.

Il Comune di Larino iniziava un primo giudizio nei confronti della sua affittuaria Cooperativa Ortofrutticola Tecnici e Braccianti – Coteb s.r.l. per ottenere l’accertamento della scadenza del contratto di affitto concluso nel (OMISSIS); la cooperativa proponeva domanda riconvenzionale tesa al riconoscimento dell’indennità per le migliorie apportate ai fondi. La sentenza del Tribunale di Larino, passata in giudicato, accertava che il contratto sarebbe scaduto il (OMISSIS), limitandosi ad osservare, quanto alla riconvenzionale, che la stessa avrebbe potuto essere proposta solo in coincidenza con il rilascio.

Il Comune iniziava un secondo giudizio, all’esito del quale la cooperativa veniva condannata al pagamento dei canoni per il periodo dal (OMISSIS).

Quindi la Cooperativa iniziava un terzo giudizio (che è quello oggetto della causa oggi chiamata in decisione dinanzi alla Corte) chiedendo al Tribunale di Larino, nel 2013, la condanna del Comune al pagamento dell’indennità per le migliorie apportate al fondo. Il Comune spiegava domanda riconvenzionale per ottenere dalla cooperativa il pagamento di una indennità per l’occupazione senza titolo dei fondi, per il periodo successivo alla scadenza del contratto di affittanza agraria.

Il giudice di primo grado rigettava la domanda della cooperativa ed accoglieva la domanda riconvenzionale del Comune.

La Corte d’Appello di Campobasso, con la sentenza qui impugnata, rigettava l’appello della cooperativa.

La Cooperativa Coteb s.r.l. propone ricorso articolato in due motivi per la cassazione della sentenza n. 75/2014, depositata dalla sezione specializzata agraria della Corte d’Appello di Campobasso il 3.5.2014.

Resiste con controricorso il Comune di Larino.

La Cooperativa è stata posta in liquidazione coatta amministrativa e per essa si è costituito con memoria di costituzione in corso di causa il commissario liquidatore a mezzo di un nuovo difensore, che ha anche depositato memoria.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la cooperativa denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 203 del 1982, e in particolare degli artt. 16, 17 e 58, dei canoni ermeneutici fissati dagli artt. 1362 c.c. e ss. ed in particolare del canone di interpretazione letterale e di interpretazione secondo la volontà delle parti, l’omesso esame di un fatto decisivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 1421 c.c..

La ricorrente attacca il punto della sentenza che ha affermato che non c’è stata nessuna rinuncia preventiva (e quindi nulla) ai corrispettivi dovuti per i miglioramenti, ma piuttosto, che questi corrispettivi sono stati via via non riconosciuti con le varie delibere amministrative con le quali, di volta in volta, il Comune ha concesso l’autorizzazione ad eseguire determinati lavori, puntualizzando che l’amministrazione non ne avrebbe assunto alcun peso economico.

La sentenza di appello evidenzia che il punto centrale della decisione di primo grado è che la cooperativa non abbia mai, nel corso degli anni, impugnato le delibere amministrative del Comune, con le quali di volta in volta è stata autorizzata a realizzare nuovi impianti e manufatti, dinanzi al T.A.R., e che quindi vi fosse stata non una preventiva rinuncia all’indennità (neppure menzionata nel contratto), ma una puntuale esclusione del diritto all’indennizzo in forza di atti amministrativi mai impugnati. Sottolinea che quell’aspetto, che ritiene centrale e decisivo nella motivazione di rigetto, non sia stato adeguatamente censurato in appello.

Effettivamente, mancando una censura in appello avverso il profilo ritenuto decisivo dal giudice di primo grado per rigettare la domanda, sul punto la sentenza è ormai passata in giudicato, rimanendo preclusa la possibilità di contestare solo adesso la necessità di impugnare di volta in volta gli atti amministrativi per poter legittimamente pretendere la corresponsione dei corrispettivi per le migliorie, ogni volta negati.

Con il secondo motivo di ricorso la cooperativa denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 203 del 1982, art. 46 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 11 nonchè la violazione e falsa applicazione del principio in materia di onere della prova, laddove la corte d’appello ha ritenuto non necessario il preventivo esperimento del tentativo di conciliazione sulla domanda riconvenzionale del Comune, volta ad ottenere una indennità per l’occupazione senza titolo dei fondi da parte della cooperativa dopo la cessazione della affittanza agraria, perchè domanda estranea all’esistenza di un rapporto appunto agrario tra le parti.

Il motivo è infondato.

La corte d’appello ha ritenuto proponibile la riconvenzionale, dando atto che della questione della indennità di occupazione, per il periodo successivo alla scadenza del contratto di affitto, si era discusso in occasione dell’originario tentativo di conciliazione dinanzi la ricorrente non censura adeguatamente tale ratio decidendi nè tanto meno riproduce il contenuto del verbale per l’originario tentativo di conciliazione.

All’interno del medesimo motivo, la ricorrente allega che siano stati erroneamente dati per non contestati alcuni fatti quali l’estensione dei terreni occupati in base alla quale calcolare l’ammontare della indennità, e lamenta che la corte d’appello non abbia pronunciato su alcuni motivi.

Tali ultime censure non sono idoneamente veicolate all’interno della proposizione di una specifica questione di diritto da sottoporre all’esame della Corte e non sono idonee a contestare l’impianto decisionale del giudice di appello, il quale si è mosso nella prospettiva della non contestazione dei fatti costitutivi della pretesa alla indennità di occupazione e dei criteri di determinazione della sua misura, proponendo all’attenzione della Corte una diversa ricostruzione fattuale non in questa sede effettuabile.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed il ricorrente ne è uscito soccombente. Tuttavia, trattandosi di controversia in materia agraria, la Corte dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Liquida le spese in favore del controricorrente in complessivi Euro 12.000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali. La Corte dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2016

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