Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18775 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 26/09/2016, (ud. 13/06/2016, dep. 26/09/2016), n.18775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20947-2013 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO

QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

SEGNALINI, rappresentato e difeso dall’avvocato OLAF ODDENINO giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE BORDIGHERA, in persona del Sindaco pro tempore Arch.

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE VERDE 162,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO MARCELLI, che lo rappresenta

e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI IMPERIA, in persona del Presidente

pro-tempore, Dott. S.L., elettivamente domiciliata in ROMA,

P.ZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

CILIBERTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAN

PIERO BOERI giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 74/2013 del TRIBUNALE di SANREMO – SEDE

DISTACCATA di VENTIMIGLIA, depositata il 03/05/2013, R.G.N.

252/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato GIORGIO MARCELLI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE CILIBERTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – C.G. convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Bordighera, il Comune di Bordighera per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti a seguito del sinistro stradale verificatosi in data (OMISSIS), lungo la (OMISSIS), allorchè l’attore, alla guida del proprio furgone, entrò in collisione con tre gradini presenti dietro una curva, riportando danni materiali all’automezzo.

Nel costituirsi in giudizio, il Comune di Bordighera eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, essendo il tratto di strada in contestazione di proprietà della Provincia di Imperia, che venne, quindi, chiamata in causa dal medesimo attore.

Con sentenza del febbraio 2011, il Giudice di pace di Bordighera, non ravvisando alcuna responsabilità in capo alla Provincia di Imperia, rigettò la domanda attorea.

2. – Avverso tale decisione proponeva impugnazione C.G., che il Tribunale di Sanremo, sezione distaccata di Ventimiglia, rigettava con sentenza resa pubblica il 3 maggio 2013.

2.1. – Per quanto ancora interessa in questa sede, il Tribunale rilevava non solo che, lungo la (OMISSIS), l’incrocio con i mezzi provenienti dal senso opposto di marcia era facilmente attuabile, stante la normale larghezza delle due carreggiate, ma anche che i tre gradini in contestazione erano posizionati circa 20/30 cm. al di fuori dal margine destro della strada, sicchè era da escludere la responsabilità della Provincia d’Imperia per omessa segnalazione di pericolo, non ravvisandosi, lungo il tratto stradale interessato dal sinistro, alcun ostacolo tale da determinare l’obbligo di una preventiva segnaletica ai sensi dell’art. 42 C.d.S..

In tale contesto, il giudice del gravame, dopo aver riconosciuto che la pretesa necessità di dover favorire l’incrocio con altra vettura proveniente in senso opposto non trovava alcuna giustificazione, stante la mancata prova circa il superamento della linea continua di mezzeria tra le due corsie da parte del detto veicolo, concludeva nel senso che il sinistro per cui è causa era occorso a causa dell’infrazione commessa dal C., il quale aveva oltrepassato, senza alcun plausibile motivo, la linea bianca continua di demarcazione tra la strada ed il tratto non percorribile alla sua destra.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre C.G., affidando le sorti dell’impugnazione ad un unico motivo.

Resistono, con separati controricorsi, il Comune di Bordighera e l’Amministrazione Provinciale di Imperia.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con l’unico mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

Il Tribunale sarebbe incorso in una carente, illogica e contraddittoria interpretazione e valutazione dei fatti e delle prove documentali acquisite al processo e, per l’effetto, avrebbe fornito un’erronea motivazione a sostegno del rigetto del gravame.

In particolare, il giudice di secondo grado avrebbe accreditato una ricostruzione degli accadimenti sfornita di qualsivoglia supporto probatorio, là dove, peraltro, era documentato fotograficamente che i gradini collocati alla destra della carreggiata non fossero situati al di là della linea di demarcazione della carreggiata, bensì sulla linea stessa.

Del pari, il giudice di secondo grado, sulla base della mera supposizione che il conducente del mezzo incrociato non avesse commesso alcuna infrazione, avrebbe erroneamente fondato la propria decisione unicamente sulla circostanza che l’ampiezza della strada era tale da consentire, comunque, idonea possibilità di manovra, tralasciando di considerare, però, che ciò che aveva rilievo ai fini del giudizio era, invece, la condotta omissiva dell’ente proprietario e gestore del tratto stradale, che non aveva provveduto a segnalare adeguatamente il pericolo per la circolazione costituito dagli anzidetti gradini.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

Nel presente giudizio di legittimità, essendo la sentenza impugnata in questa sede stata pubblicata il 3 maggio 2013, trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella nuova formulazione novellata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012), che, come previsto dallo stesso art. 54, comma 3 si applica alle sentenze pubblicate a partire dall’11 settembre 2012.

Sicchè, occorre rammentare, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, che il vizio veicolabile in base alla predetta norma processuale è “relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”.

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053).

Nel solco di questo orientamento, la giurisprudenza successiva ha puntualizzato che “la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili” (Cass., 9 giugno 2014, n. 12928), a nulla rilevando, invece, il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione o di contraddittorietà della stessa (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass., S.U., 23 gennaio 2015, n. 1241; Cass., 6 luglio 2015, n. 13928).

Il ricorrente si è palesemente discostato da tale paradigma censorio, in quanto, lungi dal denunciare “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, si è limitato a censurare l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata (in ragione di un’asserita erronea interpretazione e valutazione dei fatti e delle prove documentali acquisite al processo) alla stregua della disposizione processuale di cui al previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella specie inapplicabile ratione temporis, là dove, peraltro, la sentenza impugnata dà comunque conto, con motivazione tutt’altro che “apparente” (cfr. sintesi al p. 2.1. del “Ritenuto in fatto” che precede e cui si rinvia), dell’esame dei fatti, decisivi, su cui il ricorrente fonda le proprie doglianze.

2. – Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile ed il ricorrente soccombente condannato al pagamento, in favore delle parti controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, da liquidarsi come in dispositivo, in conformità ai parametri introdotti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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