Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18774 del 26/09/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. III, 26/09/2016, (ud. 13/06/2016, dep. 26/09/2016), n.18774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17637-2013 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI

PRATI DEGLI STROZZI 32, presso lo studio dell’avvocato DARIO AMATO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA LA MAIDA giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSNI S.P.A., M.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 299/2012 del TRIBUNALE di SALA CONSILINA,

depositata il 12/09/2012, R.G.N. 344/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato EUGENIO DI BISCEGLIE per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità o, in

subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 6 giugno 2006, il Giudice di pace di Polla rigettò la domanda proposta da T.G. contro M.C. e la Groupama S.p.A. (già Gan Italia S.p.A.), al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito del sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS), allorquando – come dedotto dal medesimo attore -, nel mentre era alla guida della sua autovettura Fiat Doblò, venne investito dall’autovettura Alfa Romeo, condotta dal proprietario C..

2. – Avverso tale decisione proponevano impugnazione sia il T. (in via principale), sia la Groupama S.p.A. (in via incidentale); il Tribunale di Sala Consilina, con sentenza resa pubblica il 12 settembre 2012, rigettava il primo ed accoglieva il secondo.

2.1. – Il Tribunale, anzitutto, riteneva fondata l’eccezione di incompetenza territoriale reiterata con l’appello incidentale, dovendosi individuare il giudice territorialmente competente, in ragione di tutti i criteri di collegamento, nel Giudice di pace di Sala Consilina; tuttavia, il medesimo Tribunale, precisando che non sì verteva in ipotesi di rimessione dalla causa al primo giudice, procedeva alla decisione nel merito dell’appello principale e dell’ulteriore motivo di gravame incidentale (sulle spese di lite).

2.2. – Quanto all’impugnazione principale, il giudice di secondo grado osservava che la relazione peritale si limitava a descrivere i danni riportati dai veicoli coinvolti nel sinistro e genericamente ne affermava la compatibilità con la dinamica dell’incidente, senza, però, fornire di questa una ricostruzione precisa, in base ad obiettivi riscontri che avrebbero dovuto essere effettuati In loco.

Per altro verso, dal verbale di accertamento dell’infrazione redatto dai Carabinieri giunti sul luogo del sinistro, si evinceva chiaramente la posizione dei due veicoli: la Fiat dell’appellante era ferma al centro della carreggiata, occupando anche l’opposta corsia di marcia dove, sul lato destro, si trovava l’Alfa Romeo condotta da M.C.. Inoltre, dal medesimo rilievo planimetrico, risultava che la Fiat aveva tentato una frenata di circa sette metri, dovendosi così ritenere che il T. viaggiasse a velocità sostenuta al centro della carreggiata e che avesse cercato di rallentare alla vista del veicolo proveniente dall’opposta direzione di marcia.

Sicchè, la testimonianza resa dal teste L. – poichè non dava conto dei segni di frenata della Fiat e capovolgeva la verosimile dinamica dei fatti risultava del tutto inattendibile.

Il Tribunale concludeva, quindi, per l’imputabilità del sinistro all’esclusiva condotta imprudente del T., là dove, invece, non poteva muoversi alcun addebito al C., “il quale (aveva) puntualmente osservato gli obblighi incombenti sul conducente”.

2.3. – Il giudice di secondo grado accoglieva, infine, il secondo motivo di appello incidentale, riformando la sentenza di primo grado in punto di compensazione delle spese di lite, che, per entrambi i gradi, poneva a carico del T..

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre T.G., affidandosi a quattro motivi.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati Groupama S.p.A. e M.C..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2, 3 e 4 la violazione delle “norme sulla competenza” e comunque degli artt. 38, 50 e 353 c.p.c..

Il Tribunale, accogliendo l’eccezione di incompetenza territoriale, invece di procedere alla decisione nel merito, avrebbe dovuto dichiarare l’incompetenza del giudice di pace adito ed indicare il giudice di pace territorialmente competente, davanti al quale il processo avrebbe dovuto continuare a seguito di riassunzione ai sensi dell’art. 50 c.p.c., essendo nel giudizio dinanzi al giudice di pace precluso il regolamento di competenza, come previsto dalla L. n. 374 del 1991.

1.1. – Il motivo è infondato.

L’erronea dichiarazione di incompetenza da parte del giudice di primo grado (anche ove si tratti di giudice di pace) non rientra fra le ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c., poichè il menzionato art. 353, comma 3 che quella rimessione prevedeva nel solo caso in cui il pretore, in riforma della sentenza del conciliatore, avesse dichiarato la competenza, è stato esplicitamente abrogato, a decorrere dal 1 gennaio 1993, dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 89. Pertanto, quando il giudice d’appello ritenga errata la pronunzia di incompetenza emessa dal giudice di primo grado, deve decidere la causa nel merito (tra le altre, Cass., 19 marzo 2007, n. 6520, Cass., 10 agosto 2004, n. 15430, Cass., 21 maggio 2010, n. 12455 – le ultime due in tema di incompetenza per territorio derogabile – Cass., 2 luglio 2015, n. 13623).

2. – Con il secondo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., art. 194 c.p.c. e ss., art. 244 c.p.c. e ss., art. 356 c.p.c., nonchè dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio quale la prova dell’an della responsabilità del sinistro e dell’ubicazione dei veicoli coinvolti” e comunque “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (quali, la dinamica del sinistro, l’ubicazione dei veicoli, la circostanza che i veicoli potessero essere stati spostati per consentire il transito degli altri veicoli, l’estraneità delle tracce di frenata e la circostanza che il teste Lagone si fosse allontanato poco dopo il sinistro e comunque non fosse presente al momento della redazione del verbale dei Carabinieri in quanto questi ultimi erano arrivati dopo che era trascorso un notevole lasso di tempo dal verificarsi del sinistro)”.

Il ricorrente argomenta sulla decisività sia della testimonianza diretta resa da L.M., il quale aveva assistito ai fatti prima che intervenissero i Carabinieri, sia delle conclusioni raggiunte dal c.t.u. in ordine alla dinamica del sinistro, evidenziando le insufficienze della motivazione e la sua contraddittorietà quanto alla valutazione delle prove, avendo il giudice di appello smentito le chiare risultanze anzidette, fondandosi soltanto sui rilievi dei Carabinieri giunti sul luogo dell’incidente solo a considerevole distanza dalla verificazione del sinistro stesso.

3. – Con il terzo mezzo è prospettato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, artt. 113, 115 e 116 c.p.c., art. 194 c.p.c. e ss., art. 244 c.p.c. e ss., nonchè dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e comunque omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti quali il “concorso di colpa””.

Il Tribunale avrebbe dovuto, quantomeno, accertare il concorso di colpa del Cono nella causazione del sinistro, non sussistendo la prova contraria della colpa del conducente dell’Alfa Romeo “(a fronte del verbale dei Carabinieri)” e neppure quella del conducente della Fiat Doblò “(in realtà esclusa dalla testimonianza diretta e dalla CTU dinamica)”.

3.1. – Il secondo e il terzo motivo, che richiedono una trattazione congiunta, non possono trovare accoglimento.

Essi, anche là dove formalmente denunciano una violazione di legge, non evidenziano, nella sostanza, errores in indicando (non indicando neppure quali siano le non corrette affermazioni in iure del giudice di appello), ma sono orientati, piuttosto, a veicolare critiche alla motivazione in facto della sentenza impugnata, adducendone sostegno del raggiunto convincimento.

Tuttavia, occorre rammentare che, nel presente giudizio essendo stata la sentenza impugnata pubblicata il 12 settembre 2012 – trova applicazione la disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n., 5, nella formulazione novellata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 (operante in relazione alle sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012), per cui il vizio veicolabile in base alla predetta norma processuale è, alla luce della giurisprudenza di questa Corte (anzitutto Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053), soltanto quello relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Con la conseguenza che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Con l’ulteriore puntualizzazione per cui “la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili” (tra le altre, Cass., 9 giugno 2014, n. 12928), esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione o di contraddittorietà della stessa (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass., sez. un., 23 gennaio 2015, n. 1241; Cass., 6 luglio 2015, n. 13928).

Ne consegue che la sentenza impugnata in questa sede si sottrae alle critiche che le vengono mosse con i motivi in esame, giacchè essa palesa una motivazione pienamente intelligibile, sia in ordine ai fatti attinenti alla dinamica del sinistro, sia (nonostante che una siffatta carente valutazione – come detto – non integri di per sè il vizio di “omesso esame” di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) sugli elementi di prova a sostegno dell’espresso convincimento (cfr. sintesi al p. 2.1. del “Ritenuto in fatto” che precede e cui si rinvia), là dove – come detto – le censure di parte sono volte, piuttosto, ad evidenziarne l’insufficienza o la illogicità/contraddittorietà, ossia profili non più censurabili in questa sede di legittimità, peraltro anche in modo inammissibile in riferimento alla precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè le critiche sono strutturate secondo una rivalutazione dell’accertamento dei fatti devoluto esclusivamente al giudice del merito.

4. – Con il quarto mezzo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e ss., artt. 113, 115 e 116 c.p.c., del D.M. n. 127 del 2004 e del D.M. n. 140 del 2012, nonchè dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sulla rifusione delle spese processuali”.

La liquidazione delle spese operata dal Tribunale in favore della compagnia di assicurazione – nella misura di Euro 1.500,00, oltre accessori, per ciascun grado di giudizio, senza distinzione alcuna tra diritti ed onorari sarebbe errata, non tendendo conto della tariffa di cui al D.M. n. 127 del 2004 per i diritti e di quella di cui al D.M. n. 140 del 2012 per gli onorari.

4.1. – Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

4.1.1. – Quanto alla censura che investe la liquidazione in base al D.M. n. 127 del 2004, concernente il primo grado di giudizio, essa si appalesa del tutto generica e, dunque, inammissibile, in carenza di una specificazione puntuale circa la (supposta) violazione dei parametri tariffari di cui al citato decreto del 2004, che, invero, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, trova integrale applicazione in riferimento all’attività difensiva esauritasi nel predetto grado, siccome definito con sentenza del giugno 2006.

4.1.2. – E’ invece infondata la doglianza concernente la liquidazione delle spese di secondo grado in base al D.M. n. 140 del 2012, giacchè detto decreto non prevede, a differenza del precedente regime, la distinzione tra diritti e onorari e, del resto, l’art. 7, comma 1 stesso D.M. espressamente stabilisce che “in nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, costituendo soltanto parametri di riferimento per la quantificazione delle spese (Cass., 16 settembre 2015, n. 18167).

5. – Il ricorso va, pertanto, rigettato e non vi è luogo a provvedere in ordine alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva da parte degli intimati.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA