Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18771 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18771 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: MARULLI MARCO

ORDINANZA
sul ricorso 6869-2017 proposto da:
LOSASSO GIUSEPPINA, GARRAMONE MICHELE,
GARRAMONE ADRIANA, GARRAMONE ROSANNA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA N.PORPORA 12, presso lo
STUDIO TRAISCI-TITOMANLID, rappresentati e difesi dagli
avvocati ORAZIO ABBANIONTE, RAFFAELE DE BONIS
CRISTALLI;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E
DELLA RICERCA, in persona del Mirnstro pro tempore,
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA, in persona
del Rettore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROLA, VIA

519’25

Data pubblicazione: 13/07/2018

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 266/2016 della CORTE D’APPELLO di
POTENZA, depositata il 19/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 22/05/2018 dal Consigliere Dott. MARCO i\ LMZULLI.

RITENUTO IN FATTO
1. Con il ricorso in atti parte ricorrente chiede che sia cassata
l’impugnata sentenza — con la quale la Corte d’Appello di Potenza,
accogliendo il gravame proposto dalla Università degli Studi della
Basilicata (Unibas), ha riformato la sentenza di condanna in primo
grado di essa appellante a risarcire il danno patito dagli odierni
ricorrenti per l’occupazione appropriativa di alcune aree di sua
proprietà destinate alla realizzazione della nuova sede universitaria —
sul rilievo dell’errore in cui era incorso il decidente che, in violazione
degli artt. 88, 99, 112, 115 e 345 cod. proc. civ. ed omettendo la
motivazione su un punto specifico della controversia, aveva denegato
la natura edificatoria dei suoli oggetto di appropriazione, malgrado tale
qualificazione, per ammissione della stessa Amministrazione
procedente, fosse pacifica e non avesse mai formato oggetto di
contestazione (primo motivo); e che, in violazione dep -,li artt. 91, 92 e
360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., nonché degli artt. 10, 132 e 360 nn. 3 e 4
cod. proc. civ., aveva condannato la ricorrente al pagamento delle
spese di lite, compensate in ragione delle metà, nei confronti
dell’appellante Unibas, malgrado rispetto a ques’ultima le circostanze di
causa rendessero giustificata una compensazione per l’intero delle

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il

spese, peraltro liquidate determinando arbitrariamente il valore della
lite (secondo motivo).
Resiste al proposto gravame l’Unibas con controricorso, mentre non
ha svolto attività difensiva il Consorzio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

manifestamente infondato
2.2. Dato previamente atto che parte ricorrente, — come eccepisce la
difesa erariale senza avverse contestazioni — per effetto degli acconti
corrispostile in corso di procedura, è già stata in larga parte ristorata
del pregiudizio sofferto a seguito dei fatti di causa e premesso altresì,
quanto alle doglianze motivazionali ivi declinate, che esse non possono
trovare ingresso nel presente giudizio, giacché il vizio denunciato, pur
senza considerare che la sua illustrazione non si allinea alla rubrica (in
essa si lamenta un vizio di« omessa motivazione di un punto decisivo
della controversia … », mentre nel corpo del motivo, a pag. 18, punto
25, si imputa alla decisione un vizio di «insanabile contraddizione nella
motivazione»), risulta estraneo al novellato dettato dell’art. 360, comma
1, n. 5, cod. proc. civ., cui la specie in esame soggiace ratione temporis,
avendo questo ridotto al «minimo costituzionale» il sindacato di
legittimità sulla motivazione, ristretto ora alla sola omissione dell’esame
di un fatto decisivo per il giudizio che abbia Formato oggetto di
discussione tra le parti, va detto quanto alle altre doglianze volte a
denunciare l’erroneità in diritto dell’impugnato pronunciamento che
esse sono infondate e non possono perciò trovare seguito alcuno.
2.3 Per vero, ricordato che il giudizio di cassazione è un giudizio a
critica vincolata da introdursi tassativamente attraverso uno dei motivi
indicati dall’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. e che, impone che
nell’esposizione del motivo trovino espressione le ragioni del dissenso
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2.1. Il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile ed in parte

rispetto alla decisione impugnata, fotinulate in termini tali da
soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilitiì a
quanto oggetto di decisione e, insieme, da costituire una critica precisa
e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto
l’adozione, nessuna deduzione, tantomeno connotata dai predetti

violazione dell’art. 88 cod. proc. civ., e ciò non senza più generalmente
osservare che, ove di essa si voglia discutere con riferimento alle tesi
difensive della controparte — che avrebbe dapprima riconosciuto la
natura edificatoria dei suoli per poi rinnegarla — l’allegazione non
troverebbe il debito conforto fattuale come la stessa ben documenta
alle pagine 9-11 del controricorso.
2.4. Circa le altre violazioni di legge, quelle dedotte con riguardo agli
artt. 99 e 345 cod. proc. civ. si rivelano un manifesto fuor d’opera,
atteso che solo l’attore o, al più, l’attore in riconvenzione — qualità che
in ogni caso fanno difetto all’amministrazione resistente che riveste
pacificamente in questo giudizio il ruolo della convenuta — possono
essere promotori di una domanda, intendendosi come tale ogni
richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una
volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in
genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in
conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di
accoglimento o di rigetto.
2.5.1. Non miglior sorte, quantunque la sua prospettazione risulti

indubbiamente meno incongrua rispetto alla qualità di convenuta
rivestita nel giudizio da Unibas, si guadagna la pretesa violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. in cui il decidente sarebbe caduto
condividendo la natura non edificatoria dei suoli, malgrado detta
eccezione non fosse stata mai declinata dall’amministrazione resistente.
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requisiti, risulta ravvisabile nell’illustrazione del motivo circa la pretesa

2.5.2. Occorre invero ricordare in linea generale, come questa Corte ha
reiteratamente precisato che, sebbene il principio di corrispondenza
tra il chiesto ed il pronunciato riguarda il petition, «che va determinato
con riferimento a quello che viene domandato sia in via principale che
in via subordinata, in relazione al bene della vita che l’attore intende

convenuto» (Cass., Sez. IV, 24/03/2011, n. 6757), nondimeno il limite
che ne discende per il giudice, che non può perciò andare ultra petita et
alligata partium, non è disgiungibile dal dovere che pure compete ad
esso di decidere la domanda, in applicazione del principio iura novit
curia (Cass., Sez. IV, 13/12/2010, n. 25410), di talché, felino il vincolo
della domanda come delle eccezioni, che gli preclude di mutare i fatti
costitutivi della pretesa così come i fatti estintivi di essa, il principio di
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato «non osta a che il giudice
renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti
autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti» (Cass., Sez. IV,
4/02/2016, n. 2209), né al potere che pur sempre gli compete «di
assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti
dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le
norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo
esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto
diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti» (Cass., Sez. IV,
24/07/2012, n. 12943).
2.5.3. Se dunque il giudice, per principio, non incontra altro limite,
nello scrutinare la

res al suo esame, che quello indotto dalla

rappresentazione dei fatti di causa affidata alle parti, tanto più potrà
essere condizionato dalla qualificazione giuridica ad essa impressa o
pretesa dalle parti, onde nessuna concludenza può ascriversi su questo
terreno a pretesto della «pacifica» natura edificatoria dei suoli oggetto
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conseguire, ed alle eccezioni che in proposito siano state sollevate dal

di apprensione, alla circostanza che nel costituirsi in giudizio
l’amministrazione convenuta, richiamando l’art. 3, comma 65, 1. 23
dicembre 1996, n. 662, possa aver preso posizione al riguardo in senso
favorevole alla tesi che si vorrebbe vedere qui accolta.
2.5.4. Né in pari direzione è spendibile l’argomento, pure azionato in

parte del decidente, secondo cui «nella specie non si sarebbe trattato
di chiedere al giudice di qualificare il fatto-diritto costitutivo della
richiesta risarcitoria (vale a dire di qualificare come edificabile il
terreno) perché quel fatto-diritto è stato pacificamente affermato dalle
parti ed è quindi rimasto esterno al Thema decidendum», sicché su di esso
non era stata richiesta nessuna pronuncia costituendo appunto «il
fatto-diritto dimostrato in quanto concordemente affermato dalle parti
sul quale il giudice deve fondare la propria pronuncia».
Ancorché la portata decisoria dell’argomento sia tutt’altro che esplicita
— l’illustrazione che di esso ne compie il motivo, prendendo le distanze
dalla confutazione operatane dalla Corte d’Appello, «dato che mai la
parte appellata avevo sostenuto la risibile tesi che quanto contenuto
negli atti espropriativi assumesse valore di giudicato», si colloca invero
manifestamente al di fuori dell’opinione di questa Corte che solo il
giudicato sulla natura dei suoli vincola la stima del danno (Cass., Sez. I,
17/02/2011, n. 3909) — il deliberato adottato sul punto dal giudice
d’appello non si presta a censura, dal momento che, dando atto che
con l’impugnativa proposta avanti a sé Unibas avesse inteso far valere
«proprio l’erroneità della pronuncia con cui il primo giudice ha
liquidato il risarcimento senza tenere conto della inedificabiltà del
suolo», la Corte potentina ha mostrato di governare la specie in esame
in piena adesione all’orientamento già altre volte enunciato da questa
Corte secondo cui «in tema di liquidazione del danno da occupazione
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funzione parimenti preclusiva della sindacabilità della questione da

appropriativa, è necessario il preventivo accertamento della natura
dell’area occupata, se edificabile o agricola, da condurre in base alla
classificazione urbanistica» (Cass., Sez.I, 28/05/2004, n. 10820), di
modo che la relativa questione, come appunto rettamente qui ritenuto
dal decidente, è di per sé ricompresa nell’oggetto del processo nel quale

Va da sé, infatti, che, come altrove si è ritenuto, la questione della
natura del bene, in quanto inserita in un percorso logico volto in ogni
caso ad ottenere il risarcimento del danno per la perdita della proprietà
ed allegata esclusivamente in funzione di prova di quest’ultimo
requisito, non può essere qualificata come fatto principale, la cui
mancata contestazione da parte dell’appellato comporti la fonnazione
di un giudicato interno, impedendo al giudice di secondo grado di
riformularne la valutazione, ma come fatto secondario, la cui
valutazione, rientrante nel procedimento logico seguito per giungere
all’accertamento del fatto costitutivo, deve ritenersi implicitamente
rimessa in discussione proprio per effetto della domanda proposta
dagli appellanti (Cass., Sez. I, 16/03/2016, n. 5247).
2.6. Ciò porta, per quanto occorrer possa, pure a reputare assorbita
anche la residua doglianza rappresentata in ordine all’art. 115 cod.
proc. civ., sebbene al riguardo si debba osservare che il principio di
non contestazione, cluale tecnica semplificatoria della prova, concerne i
fatti (l’avvenuta apprensione dei suoli nella specie), ma non la loro
valutazione giuridica (la natura edificatoria di essi).
3. Parzialmente fondato risulta viceversa il secondo motivo di ricorso,
posto che, una volta escluso che per effetto della qui confermata
soccombenza dichiarata in appello potesse trovare applicazione nella
specie l’art. 92 cod. proc. civ. e che le spese potessero per questo essere
compensate, si rivela per contro errato, perché individuato in
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l’amministrazione abbia contestato l’entità della pretesa creditoria.

violazione dell’art. 10 cod. proc. civ., lo scaglione di valore adottato dal
giudice d’appello, trattandosi, invero, di domanda risarcitoria il cui
valore risultava nella specie indeterminato, onde le spese andavano
liquidate ai sensi dell’art. 21, comma 7, d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
4. Cassandosi, perciò, l’impugnata sentenza nei limiti del motivo

proc. civ., le spese di lite dovute da parte ricorrente vanno liquidate,
oltre agli accessori di legge, in complessivi euro 10.000,00 per
compensi, di cui euro 4100,00 relativamente al giudizio di primo grado
(pari ad curo 850,00 per studio, curo 600,00 per introduzione, curo
1250,00 per trattazione e 1400,00 per decisione) ed euro 5900,00
relativamente al giudizio di secondo grado (pari ad euro 1100,00 per
studio, curo 850,00 per introduzione, curo 2100,00 per trattazione ed
euro 1850,00 per decisione).
5. Le spese del presente giudizio vanno invece integralmente
compensate attesa la reciprocità della soccombenza.
PQM
Rigetta il primo motivo di ricorso.
Accoglie parzialmente il secondo motivo di ricorso, cassa l’impugnata
sentenza nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida
le spese processuali dovute da parte ricorrente in favore
dell’Università degli Studi della Basilicata in complessivi curo
10.000.00 per compensi, oltre .11. 15 0 ‘o per spese generali ed accessori
di legge.
Compensa integrah-nente tra le parti le spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della VI-I sezione civile
DEPOSrfATO CANCE~
il giorno 22.5.2018.

accolto e decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod.

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