Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1877 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. I, 28/01/2010, (ud. 01/10/2009, dep. 28/01/2010), n.1877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10617/2004 proposto da:

M.G. (c.f. (OMISSIS)), T.M.,

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato LO

GIUDICE Vittorino, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI MAZZARRONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 226/2003 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 27/02/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/10/2009 dal Consigliere Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 27.3.1999 M.G. e T. M. convenivano avanti alla Corte d’Appello di Catania il Comune di Mazzarrone, esponendo che detto ente aveva occupato per la esecuzione di opere pubbliche la superficie complessiva di mq. 5887 di un terreno di loro proprietà sito in prossimità del centro abitato e commerciale e che erano loro dovute le indennità di espropriazione e di occupazione di cui chiedevano la determinazione sulla base dell’effettivo valore li del bene, con conseguente condanna al pagamento dei relativi importi oltre agli interessi ed alla rivalutazione.

Si costituiva il Comune, sollevando varie eccezioni.

Successivamente, a seguito di specifico invito da parte del giudice istruttore, gli attori precisavano che la loro domanda era volta ad ottenere unicamente il riconoscimento della indennità di occupazione disposta con ordinanza sindacale del 14.9.1989.

All’esito del giudizio, nel quale veniva espletata C.T.U., la Corte d’Appello con sentenza del 25.10.2002-27.2.2003 determinava l’indennità di occupazione in Euro 3.023,06 per il periodo 14.9.1989- 6.9.1993, ordinando al Comune il deposito presso la Cassa DD.PP. di detta somma con gli interessi dalla scadenza di ogni singola annualità. Dopo aver osservato che, a seguito delle successive precisazioni, il giudizio aveva riguardato solo la determinazione dell’indennità di occupazione, non ponendosi un problema di liquidazione dell’indennità di espropriazione ma, semmai, di risarcimento, di competenza del Tribunale, a seguito della mancata emissione del decreto di esproprio, rilevava la Corte d’Appello che detta indennità spettava, non già per il periodo di cinque anni previsto dal decreto di occupazione del 14.9.1989 con decorrenza da tale data, bensì fino al 6.9.1992, vale a dire in coincidenza dell’inutile decorso del periodo di sessanta mesi decorrenti dal 6.9.1988 (data della dichiarazione di pubblica utilità) previsto per l’efficacia di detta dichiarazione in quanto la scadenza di tale termine aveva comportato automaticamente la scadenza del termine di occupazione.

Contrariamente alle conclusioni raggiunte dal C.T.U., osservava inoltre che, ricadendo in parte in zona (OMISSIS) destinata a parco pubblico ed in parte a sede viaria come risultava dallo strumento urbanistico, il terreno era classificabile come area agricola.

Conseguentemente, in applicazione della L. n. 865 del 1971, calcolava l’indennità di occupazione in un dodicesimo dell’indennità virtuale di espropriazione commisurata al valore agricolo medio, determinato ogni anno per la regione agraria e corrispondente al tipo di coltura praticata nell’area da espropriare.

Disattendeva la richiesta, di riconoscimento della rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta e non essendo stata fornita alcuna prova sul maggior danno.

Avverso tale sentenza M.G. e T.M. propongono ricorso per cassazione, deducendo due motivi, di censura illustrati anche con memoria.

La controparte non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso M.G. e T.M. denunciano violazione della L. n. 865 del 1971, art. 19. Lamentano che la Corte d’Appello, nonostante avesse rilevato che l’occupazione fosse di natura usurpativa per il superamento dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, si sia ugualmente pronunciata in ordine alla perdita della disponibilità del bene durante il periodo di occupazione e non abbia invece dichiarato la propria incompetenza in quanto anche sotto tale profilo la richiesta finisce per assumere contenuto risarcitorio.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e successive modifiche nonchè della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65. Deducono, in subordine, che in ogni caso lo “ius superveniens” costituito dall’art. 5 bis, richiamato dalla Corte d’Appello al fine di verificare l’edificabilità del terreno, non è applicabile, vertendosi in tema di occupazione illegittima in quanto, a seguito della scadenza dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, il decreto di occupazione era rimasto travolto dall’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità.

Gli esposti motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro intima connessione logica e giuridica, sono infondati.

L’intervenuta scadenza del termine previsto per il compimento dei lavori dal decreto assessoriale n. 630 del 1988, contenente l’espressa affermazione di equivalenza alla dichiarazione di pubblica utilità, non rende illecita l’occupazione intercorsa fino a quella data che rimane pur sempre sorretta da detta dichiarazione, oltre che dal provvedimento autorizzativo dell’occupazione medesima. A detta scadenza non può attribuirsi infatti efficacia retroattiva, come se si trattasse di un’ipotesi di annullamento, con la conseguenza che l’occupazione, finchè perduri l’operatività della dichiarazione di pubblica utilità e persista l’efficacia del decreto di occupazione, è da considerarsi legittima.

Errano pertanto i ricorrenti nel sostenere la illiceità dell’occupazione anche relativamente al periodo in cui era sorretta da validi ed efficaci provvedimenti amministrativi e nel non considerare che solo limitatamente all’ulteriore occupazione ed all’eventuale irreversibile trasformazione del suolo è ipotizzabile un illecito e giustificabile la richiesta di risarcimento dei danni avanti al giudice competente.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 750,00 per onorario ed in Euro 100,00 per spese oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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