Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18767 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/07/2017, (ud. 27/04/2017, dep.28/07/2017),  n. 18767

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12964-2014 proposto da:

HOTEL SAN ROCCO NEW CLASSIC HYDROGEN HOTEL SRL, in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante

FRANCO GAY, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. B. MARTINI 13,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA DI PORTO, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MG1 SRL, in persona del Dott. A.A. Presidente del Consiglio

di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. DEPRETIS 86, presso lo

studio dell’avvocato LAURA OPILIO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MAURO BATTISTELLA giusta procura speciale in

calce al controricorso; HOTEL SAN ROCCO IN LIQUIDAZIONE in persona

del Dott. N.G. liquidatore e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. DE PRETIS 86,

presso lo studio dell’avvocato LAURA OPILIO che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MAURO BATTISTELLA giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il

13/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r.;

udito l’Avvocato ANDREA DI PORTO;

udito l’Avvocato LEONARDA SILIATO per delega;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Sulla base di un contratto di affitto di un immobile sito a (OMISSIS) ad uso alberghiero, stipulato il 1 dicembre 1993 dall’allora proprietaria Giacomini S.p.A. come concedente con Hotel San Rocco Srl come affittuaria, MG1 Srl, subentrata alla Giacomini S.p.A., ottenne dal Tribunale di Verbania decreto ingiuntivo n. 228/2012 nei confronti di Hotel San Rocco Srl per il pagamento dei canoni asseritamente dovuti relativi al secondo semestre dell’anno 2011 e al primo semestre dell’anno 2012, per un totale di Euro 602.500. Hotel San Rocco Srl si opponeva, eccependo la nullità della clausola contrattuale concernente la determinazione dell’affitto per gli anni successivi al primo perchè l’avrebbe rimessa all’arbitrio della concedente, e chiedendo quindi in via riconvenzionale la rideterminazione del canone dovuto e la restituzione di quanto pagato in eccesso.

Il Tribunale, con sentenza del 22 gennaio 2013, revocava il decreto ingiuntivo e dichiarava nullo l’intero contratto per indeterminatezza dell’oggetto ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 2, e art. 1346 c.c. essendo il canone parte essenziale dell’oggetto contrattuale.

2. A seguito di appello proposto da Hotel San Rocco Srl – l’appellante lamentava che avrebbe dovuto essere dichiarata nulla soltanto la clausola relativa al canone, e che la dichiarazione di nullità del contratto aveva comportato il rigetto delle domande riconvenzionali attinenti alla rideterminazione del canone e alla restituzione di quanto pagato in eccesso -, la Corte d’appello di Torino fissava la prima udienza per il 7 novembre 2013. In data 30 agosto 2013 Hotel San Rocco Srl, con scrittura privata autenticata, cedeva il ramo d’azienda riguardante l’esercizio dell’attività alberghiera nell’immobile in questione all’Hotel San Rocco New Classic Hydrogen S.r.l., e il 5 novembre 2013 depositava rinuncia agli atti. Il 6 novembre 2013 Hotel San Rocco New Classic Hydrogen S.r.l., quale successore a titolo particolare, interveniva nel giudizio d’appello. Il 7 novembre 2013, in udienza, l’appellata si costituiva, dichiarava di accettare la rinuncia e chiedeva che fosse dichiarata l’estinzione del giudizio.

Con ordinanza del 7-13 novembre 2013 la Corte d’appello di Torino ha dichiarato inammissibile l’intervento del successore ed estinto il procedimento.

Avverso tale ordinanza Hotel San Rocco New Classic Hydrogen S.r.l. ha presentato ricorso fondato su due motivi – entrambi rubricati ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – e recante altresì l’esposizione di argomenti a sostegno della fondatezza nel merito dell’appello per l’ipotesi – che il ricorrente non auspica – che il giudice di legittimità decida nel merito. Si difendono con controricorso MG1 Srl e con altro controricorso Hotel San Rocco Srl in liquidazione. Hotel San Rocco New Classic Hydrogen S.r.l. ha depositato altresì memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1 Il ricorso, dopo avere rilevato che l’ordinanza impugnata è sostanzialmente sentenza in quanto definisce il giudizio ed è quindi ricorribile per cassazione, denuncia con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 105,111,334 e 344 c.p.c.

Il giudice d’appello ha qualificato l’intervento dell’attuale ricorrente come intervento adesivo dipendente ex art. 105 c.p.c. e lo ha dichiarato inammissibile perchè integrante impugnazione tardiva. Invece la giurisprudenza di legittimità insegna che il successore a titolo particolare non è un interventore adesivo dipendente, bensì assume la posizione del dante causa, divenendo titolare del diritto in contestazione, per cui può anche intervenire in appello oltre i limiti di cui all’art. 344 c.p.c. Il suo intervento è regolato dall’art. 111 c.p.c. e non dall’art. 105 c.p.c., e il superamento dei limiti di cui all’art. 344 c.p.c. si giustifica nella sua peculiare situazione.

Il giudice d’appello ha ritenuto l’intervento del successore una impugnazione incidentale tardiva: ma il successore non è terzo, bensì è titolare del diritto controverso, ed assume appunto una posizione non distinta, ma coincidente con quella del dante causa, onde può limitarsi a far propri i motivi d’appello, senza necessità di proporre una impugnazione incidentale. E la ricorrente non ha proposto, nel caso di specie, una impugnazione tardiva, bensì soltanto fatte sue le domande validamente proposte dalla propria dante causa.

Tra il successore a titolo particolare e il suo dante causa sussiste litisconsorzio necessario, per cui l’intervento del successore equivale a costituzione spontanea di litisconsorte necessario per integrare il contraddittorio. E se la parte di una causa inscindibile si costituisce spontaneamente, integrando il contraddittorio, la giurisprudenza di legittimità insegna che non svolge impugnazione incidentale se ripropone i motivi dell’impugnazione principale, proponendo invece impugnazione incidentale soltanto se adduce motivi ulteriori: e ciò non si sarebbe verificato nel caso in esame.

3.2 Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 306 c.p.c.

Il consenso alla rinuncia agli atti del dante causa da parte del successore, validamente costituitosi, è essenziale perchè il processo si estingua, giacchè l’art. 306 c.p.c. al comma 1 esige l’accettazione delle parti che potrebbero avere interesse alla prosecuzione del giudizio: interesse che qui la ricorrente avrebbe avuto in quanto titolare del diritto controverso.

3.3 I due motivi possono essere vagliati congiuntamente, in quanto entrambi diretti a criticare la soluzione di rito tramite la quale la Corte d’appello di Torino è pervenuta a pronunciare il provvedimento impugnato, del quale deve effettivamente riconoscersi – come prospettato dalla ricorrente – la natura di sentenza, che consente di impugnarlo con il ricorso in esame (ex multis: Cass. sez. 3, 2 aprile 2009 n. 8002; Cass. sez. 3, 3 luglio 2008 n. 18242; Cass. sez. 3, 23 settembre 2004 n. 19124; Cass. sez. 1, 6 giugno 2002 n. 8206; e cfr. Cass. sez. L, 12 febbraio 2016 n. 2837; Cass. sez. 1, 11 novembre 2010 n. 22917).

3.4 Nel provvedimento impugnato, allora, la corte territoriale dà atto anzitutto del deposito della rinuncia agli atti ex art. 306 c.p.c. e della sua accettazione in udienza da parte dell’appellata, per dichiarare, di immediato seguito, “che si determina, così, l’estinzione del processo”, laddove, a tacer d’altro, sarebbe stato logicamente pregiudiziale valutare se l’attuale ricorrente avesse con la sua condotta processuale una qualche incidenza sulla formazione della fattispecie estintiva.

Invertendo quindi la corretta sequenza del vaglio, la corte territoriale passa poi all’esame della posizione di Hotel San Rocco New Classic Hydrogen S.r.l., affermando di prendere “atto che all’udienza la parte intervenuta (successore a titolo particolare dell’appellante…) ha insistito nelle proprie domande, in quanto l’intervento era avvenuto il 6.11.2013, prima della formale estinzione del giudizio a seguito di rinuncia agli atti, nonchè prima della dichiarazione di accettazione da parte dell’appellata”: e qui non è agevole individuare la ragione per cui, subito dopo avere dichiarato estinto il giudizio in conseguenza dell’accettazione da parte dell’appellata della rinuncia agli atti dell’appellante, la corte territoriale enuncia che la “formale estinzione del giudizio” è avvenuta “a seguito di rinuncia agli atti”, scindendo da ciò come elemento neutro (con la congiunzione “nonchè”) anche la dichiarazione di accettazione dell’appellata.

Prosegue la corte: “nelle conclusioni parte intervenuta chiede “accogliere le conclusioni svolte con l’atto di impugnazione dall’appellante originaria Hotel San Rocco Srl””; e afferma subito dopo che l’intervenuta “era titolata a proporre essa stessa autonomo atto di appello, ma tale sua facoltà si è consumata al decorso dei 6 mesi dopo il deposito della sentenza di primo grado”. A questo punto il giudice di secondo grado prende una posizione a suo avviso risolutiva: “in ogni caso, il suo intervento è inammissibile in appello, dovendo lo stesso essere qualificato “adesivo dipendente” giacchè “l’art. 334 c.p.c., che consente l’impugnazione incidentale tardiva, è applicabile solo all’impugnazione incidentale in senso stretto, che si identifica con quella proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta di impugnazione principale e non è, pertanto, estensibile all’impugnazione incidentale di tipo adesivo, ossia a quella diretta a chiedere la riforma della sentenza per gli stessi motivi già fatti valere con l’impugnazione principale”: e per queste ragioni l’intervenuta “deve rimborsare le spese di lite alle controparti”, evidentemente anche nei confronti della parte a cui avrebbe “aderito” con il suo intervento.

3.5 Una siffatta ordinanza non si può negare che non sia esente da vizi di diritto.

In primo luogo, recuperando la corretta sequenza logica, occorre identificare il ruolo assunto nel processo dall’attuale ricorrente, ovvero la natura del suo intervento, sulla quale la corte territoriale è stata esclusivamente assertiva, qualificando l’intervento suddetto come “adesivo dipendente” senza esternare il fondamento di tale definizione.

Come il primo motivo del ricorso ha denunciato, la giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte esclude invece che il successore a titolo particolare, nel caso in cui entri in un processo ove è parte il suo dante causa, dia luogo ad un intervento adesivo dipendente: assume invece un ruolo di parte processuale corrispondente a quello rivestito dal titolare del diritto controverso, cioè dal dante causa, e il suo intervento non è infatti riconducibile all’art. 105 c.p.c. – che prevede al comma 2 la fattispecie dell’intervento adesivo -, bensì all’art. 111 c.p.c., che, al comma 3, esclude chiaramente la natura adesiva dell’intervento del successore a titolo particolare, perchè l’intervento effettuato da quest’ultimo giustifica “se le altre parti vi consentono” l’estromissione del suo dante causa (oltre a Cass. sez. 1, 1 settembre 2006 n. 18937, correttamente citata dalla ricorrente, v. Cass. sez. L 24 giugno 2008 n. 17151; e cfr. altresì, in aggiunta a Cass. sez. 1, 12 marzo 1999 n. 2200 – più volte richiamata, con pertinenza, nel motivo in esame -, Cass. sez. 1, 6 luglio 2001 n. 9189, Cass. sez. 2, 27 febbraio 2002 n. 2889 e Cass. sez. 3, 19 maggio 2006 n. 11757). Per logica giuridica, ed esattamente al contrario rispetto alla prospettazione adottata nell’impugnato provvedimento, può semmai il dante causa assumere una posizione di intervenuto ad adiuvandum nel caso in cui, nonostante l’intervento del successore a titolo particolare, rimanga nel giudizio (in tal senso v. la recentissima Cass. sez. 2, 7 febbraio 2017 n. 3236; e sulla inapplicabilità dell’art. 105 c.p.c. nel caso di successione a titolo particolare, il conseguente intervento venendo governato esclusivamente dall’art. 111 c.p.c. cfr. pure Cass. sez. 3, 9 aprile 2009 n. 8700 e Cass. sez. 1, 13 luglio 2007 n. 15674).

La posizione che assume intervenendo il successore a titolo particolare, sempre su una linea di chiara logica giuridica, non necessita da parte sua una impugnazione: intervenendo, il successore può limitarsi a fare propri i motivi d’appello del dante causa (anche qui corretto è il riferimento del motivo alla giurisprudenza di legittimità, ovvero a Cass. sez. 3, 14 giugno 2012 n. 9727; e v. pure Cass. sez. 3, 1 agosto 2001 n. 10490).

E’ dunque evidente che, assumendo – come nel caso in esame ha fatto l’attuale ricorrente, rendendo sue le doglianze dell’appello – la posizione del dante causa impugnante, il successore a titolo particolare, già divenuto titolare del diritto sostanziale controverso, del dante causa acquisisce anche l’interesse processuale, onde, ai fini dell’art. 306 c.p.c., affinchè la rinuncia agli atti del suo dante causa giunga ad espletare l’effetto estintivo del giudizio, non è sufficiente l’accettazione dell’appellato bensì occorre altresì quella di chi può ben definirsi il nuovo reale appellante. Pure sotto questo aspetto (e per di più illustrando le sue ragioni nel merito l’attuale ricorrente ha corroborato la dimostrazione dell’esistenza del suo interesse in punto diritto a negare l’estinzione) la corte territoriale ha pertanto errato.

In conclusione, il ricorso deve essere integralmente accolto, cassandosi conseguentemente l’impugnato provvedimento con rinvio anche per le spese del presente grado, ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.

PQM

 

In accoglimento del ricorso, cassa il provvedimento impugnato con rinvio, anche per le spese del presente grado, ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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