Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18766 del 14/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/09/2011, (ud. 20/04/2011, dep. 14/09/2011), n.18766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.E.V. – COSTRUZIONI ELETTRICHE VERONESI – S.R.L., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PISISTRATO 11, presso lo studio dell’avvocato ROMOLI GIANNI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DEL GIUDICE UMBERTO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CALIULO LUIGI,

CORRERA FABRIZIO, SGROI ANTONINO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 113/2007 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/04/2007 R.G.N. 3/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato DEL GIUDICE UMBERTO;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega SGROI ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia ha come punto di partenza un verbale di accertamento del 25 luglio 1997, con cui gli ispettori INPS contestano alla C.E.V. – Costruzioni Elettriche Veronesi s.r.l. l’indebita fruizione dello sgravio contributivo previsto e disciplinato dalla L. n. 223 del 1991, art. 8 con riguardo al periodo 1.2.1995-30.11.1996.

Entrambi i giudici di merito, sulla scorta delle emergenze processuali, confermano l’agire dell’ente previdenziale, disconoscendo in capo alla citata società il diritto a fruire dello sgravio contributivo della L. n. 223 del 1991. In particolare la Corte d’appello di Venezia esclude il diritto al beneficio ravvisando un rapporto di derivazione della società appellante, cioè la CEV- Costruzioni elettriche Veronesi rispetto alla società che aveva licenziato i lavoratori e cioè la società Lumineon spa ed anche perchè, nel caso in esame, si sarebbe verificato un trasferimento di azienda, essendo la CEV subentrata nell’affitto di un capannone prima utilizzato dalla Lumineon. La società ricorre per cassazione avverso questa pronuncia formulando quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art 378 c.p.c.. L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il proposto ricorso la CEV-Costruzioni elettriche Veronesi srl censura la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Venezia, lamentando:

1) la violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 8, commi 4 e 4 bis, nonchè dell’art. 2697 c.c.;

2) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c.;

3) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., con riferimento al beneficio contributivo previsto dalla L. n. 223 del 1991, art. 8, commi 4 e 4 bis;

4) l’omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Il primo motivo è privo di fondamento; ciò comporta l’assorbimento delle ulteriori censure.

Va preliminarmente osservato che la materia relativa al riconoscimento dei benefici contributivi a favore dei datori di lavoro che assumono lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, è disciplinata dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 8, commi 4 e 4 bis che prevede espressamente tre distinte ipotesi di non spettanza del beneficio in questione e cioè: 1) quella di riassunzione di lavoratori licenziati presso la “medesima azienda” entro sei mesi; 2) quella di assunzione di lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa che presenta assetti proprietari coincidenti con quella dell’impresa che assume;

3) quella di esistenza di un rapporto di collegamento o controllo tra l’impresa che mette i lavoratori in mobilità e l’impresa che assume.

Orbene, la Corte d’appello, dopo avere puntualizzato che la questione oggetto di controversia era incentrata sulla sussistenza o meno di quest’ultima ipotesi, costituita da un “rapporto di collegamento o controllo”, contesta correttamente l’assunto della società secondo cui l’espressione sarebbe da interpretare in senso restrittivo alla luce di quanto previsto dall’art. 2359 c.c. Invero, la tesi propugnata dalla ricorrente non appare conforme alla condivisa giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto (ex plurimis, Cass. n. 9224/2006), secondo cui “nell’accertare l’ambito di operatività della L. n. 223 del 1991, del citato art. 8 e nell’individuazione del significato da assegnare ai termini “controllo” e “collegamento “, adoperati nel comma 4 bis del suddetto articolo, l’approccio ermeneutico non può essere lo stesso di quello da seguire nella lettura dell’art. 2359 c.c., perchè la ratio di quest’ultima norma – in buona misura volta alla specificazione dei suddetti termini da valere nell’ambito delle relazioni industriali e della legislazione avente ad oggetto le singole società nonchè i gruppi societari – si differenzia radicalmente da quella della prima disposizione, posta invece a tutela di interessi cui non è di certo estranea una spiccata rilevanza sociale, che impongono all’interprete una lettura estensiva del dato normativo capace di garantirne il perseguimento di detti interessi”; pertanto “al riconoscimento del diritto all’indennità di cui alla L. n. 23 del 1991, art. 8, comma 4- bis a favore dell’impresa che assume lavoratori collocati in mobilità ostano non soltanto quei rapporti – tra detta impresa e quella che abbia proceduto a detta collocazione che si concretizzino in forme di controllo e/o di collegamento espressamente regolate dall’art. 2359 cod. civ. (anche nel nuovo testo di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003), ma pure quei rapporti tra imprese che si traducano, sul piano fattuale, in condotte costanti e coordinate di collaborazione e di comune agire sul mercato, in ragione di un comune nucleo proprietario o di altre specifiche ragioni attestanti costanti legami di interessi anche essi comuni (legami di coniugio, di parentela, di affinità o finanche di collaudata e consolidata amicizia tra soci, ecc), che conducano ad ideare, o fare attuare, operazioni coordinate di ristrutturazione, comportanti il licenziamento da parte di un’impresa e l’assunzione di lavoratori da parte dell’altra, e che oggettivamente attestino l’utilizzazione dei benefici per finalità diverse da quelle per le quali essi sono stati concepiti”.

Come è stato, ancora, osservato da questa Corte: “La norma ha lo scopo non solo di ostacolare le operazioni messe in atto esclusivamente per lucrare fraudolentemente ed indebitamente le agevolazioni contributive ed economiche previste dal legislatore al fine di facilitare il collocamento dei lavoratori coinvolti da provvedimenti di riduzione del personale, ma anche di evitare che i benefici relativi a dette agevolazioni finissero per incentivare operazioni coordinate di ristrutturazione produttiva, che pur non giustificate esclusivamente dall’intento di lucrare il beneficio di legge, fossero impropriamente influenzate da tale prospettiva, determinando così una utilizzazione dei benefici in questione per finalità ben diverse da quelle per cui essi sono stati concepiti e calibrati nella loro particolare consistenza” (così in motivazione:

Cass. 1 luglio 2002 n. 9532 cit.). Sulla base di tale orientamento giurisprudenziale, la Corte Veneziana ha osservato che, nel caso in esame, il presupposto ostativo al godimento dei benefici, come previsto dalla legge così interpretata, era senz’altro sussistente per quanto accertato – tramite documenti – dall’ente previdenziale, alla luce anche di dichiarazioni testimoniali.

In proposito, il Giudice a quo ha passato in rassegna, con estrema cura la documentazione acquisita – supportandone l’interpretazione con l’istruttoria testimoniale -, muovendo dalla circostanza della avvenuta costituzione della C.E.V. con atto del 21.12.94 con oggetto sociale il commercio, la produzione e l’installazione di materiali elettronici, la progettazione e l’esecuzione di impianti industriali e civili, coincidente con quella Lumineon (circostanza irrilevante ai fini della sussistenza di un assetto proprietario coincidente, ma che assume rilevanza ai fini dell’accertamento di un “comune agire” sul mercato, come precisato dalla richiamata sentenza n. 9224/2006). Ha poi evidenziato numerose altre circostanze, tra cui l’intrecciarsi delle posizioni dei soci delle due società; l’assunzione della C.E.V. di un gruppo di lavoratori messi in mobilità dalla Lumineon;

l’acquisto, da parte della prima, di macchinari di proprietà della seconda; l’attività lavorativa presso la prima svolta da tecnici già dipendenti della seconda; l’affitto, da parte della C.E.V., di un capannone attiguo a quello di proprietà della Lumineon. Sulla base di queste ed ulteriori circostanze analiticamente indicate, il Giudice a quo è pervenuto alla contestata conclusione, che, in quanto, in piena sintonia con i principi espressi da questa Corte e sopra riportati, volti ad evitare, sia pure in correlazione alla specificità delle concrete fattispecie, l’utilizzo dei benefici in questione per finalità diverse da quelli per cui sono stati concepiti, non merita le censure formulate.

E’ appena il caso di osservare che, nella esaminata e condivisa prospettiva, può ben prescindersi dai contrasti giurisprudenziali circa l’onere della dimostrazione dei presupposti fattuali per la fruizione del richiesto beneficio contributivo, risultando, per quanto esposto, la prova della insussistenza di detti presupposti.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, risultando superfluo l’esame delle altra questioni riguardanti la configurabilità, nella specie di un trasferimento di azienda.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2011

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