Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18765 del 05/09/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18765 Anno 2014
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 7925-2009 proposto da:
BIANCIOTTO NELIO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA G. PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato
DANIELE CIUTI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato BUFFA MARCO giusta delega a margine;
– ricorrente 2014
2329

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DI PINEROLO;
– intimato nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato, in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 05/09/2014

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lok_rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione avverso la sentenza n. 2/2008 della COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata il 14/02/2008;

udienza del 23/06/2014 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato CIUTI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto dei primi 4 motivi e l’accoglimento del 5°
motivo di ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 febbraio 2008 la Commissione tributaria regionale
del Piemonte accoglieva l’appello proposto dall’agenzia delle entrate nei
confronti di Nelio Bianciotto e, in riforma della pronunzia di prime cure,
confermava la legittimità della emissione della cartella di pagamento
notificata al contribuente il 30 giugno 2005 a seguito di controllo formale
della dichiarazione IVA presentata per l’anno d’imposta 2000.

esposizione in dichiarazione di un reddito di 100 milioni di lire in luogo
dell’esatto importo di 21 milioni di lire, osservava che il contribuente non
aveva provveduto a rettificare la dichiarazione per l’anno d’imposta 2001
entro il termine del 31 ottobre 2001 stabilito dal DPR n.322 del 1998,
art.2, comma

8-bis.

Aggiungeva che era irrilevante che, dopo la

sentenza di primo grado, il fisco avesse provveduto allo sgravio della
cartella impugnata.
Per la cassazione di tale decisione, il contribuente propone ricorso
affidato a cinque motivi illustrati anche con memoria; l’avvocatura dello
stato di costituisce ai soli fini della sua eventuale partecipazione
all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, comma 1,
c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO
Con i primi quattro motivi, il ricorrente censura la sentenza d’appello
laddove afferma l’irrilevanza dell’intervenuto sgravio della cartella,
effettuato il 2 gennaio 2007, dopo la sentenza di prime cure favorevole
al contribuente. In sintesi, con i primi tre motivi, denunciando plurime
violazioni di norme di diritto processuale (art. 46 proc. trib.; art. 329
cod. proc. civ.), sostiene che lo sgravio della cartella, disposto senza
riserva di appello, aveva fatto venir meno l’oggetto stesso del giudizio,
senza alcuna possibilità di conferma di essa, nonché la necessità di
qualsivoglia pronunzia per carenza d’interesse; con il quarto motivo le
medesime questioni sono riproposte sub specie di vizio motivazionale.
Il quattro motivi, logicamente connessi tra loro, vanno disattesi.
Costituisce, infatti,

ius receptum il principio secondo cui in ambito

tributario, il principio secondo cui l’acquiescenza alla sentenza, che, ai
sensi dell’art. 329 cod. proc. civ., esclude la proponibilità delle
impugnazioni, consiste, oltre che nell’accettazione espressa della
pronuncia da parte del soggetto titolare del diritto controverso, anche

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1

Il giudice d’appello, premesso che il Bianciotto aveva addotto l’erronea

nel compimento di atti assolutamente incompatibili con la volontà di
valersi delle impugnazioni medesime (o dai quali sia possibile desumere,
in maniera precisa ed univoca, il proposito del soccombente di non
contrastare gli effetti giuridici della pronuncia). (Cass. 2406/07; conf.
6050/02, 13765/02, 2281/04 e 1242/00).
La giurisprudenza di legittimità in materia fiscale, altresì, sottolinea che
il provvedimento di sgravio degli importi a seguito dell’annullamento

acquiescenza. In tal senso, in ipotesi di sgravio effettuato
dall’amministrazione finanziaria dopo la sentenza di merito favorevole al
contribuente, tralatiziamente si afferma che «È […] da escludersi che
[…] sia intervenuta acquiescenza, posto che […] l’acquiescenza alla
sentenza, preclusiva dell’impugnazione a norma dell’art. 329 c.p.c.,
sussiste qualora l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia
possibile desumere, in maniera precisa e univoca, il proposito di non
contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, cioè quando gli atti stessi
siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi
dell’impugnazione, ipotesi che non può ritenersi sussistente quando la
parte abbia, come nella specie, agito in ottemperanza ad una
disposizione di legge». (Cass. 12185/08; conf. 23379/07 e 18187/07).
Dunque, secondo un orientamento ormai consolidato, lo sgravio della
cartella di pagamento disposto in provvisoria ottemperanza della
sentenza di primo grado favorevole al contribuente rappresenta
comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di
evitare le eventuali ulteriori spese di successivi atti di esecuzione (Cass.
24064/12; conf. 1963/12, 11769/12, 21385/12).
Con il quinto motivo, denunciando plurime violazioni di norme di diritto
sostanziale – art. 2, comma 8-bis, DPR n. 322 del 1998; art. 53 e art.
97 Cost.; art. 10 St. Contr. -, il ricorrente censura la sentenza d’appello
laddove afferma che – decorso il termine dell’invocato art. 2, comma 8bis – il contribuente non possa emendare gli errori commessi nella
dichiarazione fiscale. Osserva, in proposito, che la dichiarazione non ha
valore confessorio e non costituisce, di per sé stessa, fonte
dell’obbligazione tributaria.
Il motivo é fondato.
Il comma 8-bis dell’articolo 2 del regolamento per la presentazione delle
dichiarazioni (DPR n. 322 del 1998) prevede che le dichiarazioni dei
redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti

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2

dell’atto da parte del giudice di primo grado non costituisce

di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere
errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un
maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di
un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, non oltre il
termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al
periodo d’imposta successivo; aggiunge, inoltre, che l’eventuale credito
risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in

1997. Il comma 6 dell’articolo 8 dello stesso regolamento prevede,
infine, che per la dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto
si applica la ridetta disposizione di cui all’articolo 2, comma 8 bis e

comma 9.
Questa Corte, pronunziando in tema d’imposte dirette, ha
reiteratamente affermato il principio di diritto secondo cui, in adesione
all’articolo 53 Cost., la possibilità per il contribuente di emendare la
dichiarazione allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua
redazione e incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile non solo
nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso (DPR n. 602 del
1973, articolo 38), ma anche in sede contenziosa per opporsi alla
maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (Cass.
3754/14; conf. 2226/11 e 22021/06).
La dichiarazione fiscale – infatti – non ha natura di atto negoziale e
dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio,
modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza
e di valutazione sui dati riferiti, costituendo essa un momento dell’iter
volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria (SU 15063/02).
Né esigenze di mera stabilità amministrativa, in ossequio alle quali si è
sostenuta in un remoto passato la non modificabilità della dichiarazione,
possono mai comprimere il diritto del contribuente a versare le imposte
secondo il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 Cost.:
tanto in sintonia con la disposizione statutaria dell’articolo 10, secondo
cui i rapporti tra contribuente e fisco sono improntati al principio di
collaborazione e buona fede, essendo appunto conforme a buona fede
non percepire somme non dovute ancorché dichiarate per errore dal
presunto debitore (Cass. 22021/06).
Ne deriva che nulla può ostare a che la possibilità di emenda – mediante
allegazione di errori nella dichiarazione incidenti sull’obbligazione
tributaria – sia esercitabile non solo nei limiti delle disposizioni sulla

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3

compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del

agENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/1906
N. 131 TAB. ALL. B. – N.5
MATERIA TRIBUTARIA
riscossione delle imposte (DPR n. 602 del 1973, articolo 38) ovvero del
regolamento per la presentazione delle dichiarazioni (DPR n. 322 del
1998, articolo 2), ma anche nella fase difensiva processuale per opporsi
alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco con diretta iscrizione a
ruolo a seguito di mero controllo automatizzato, come appunto avvenuto
nel caso di specie (conf. Cass., sez. trib., dec. 12 maggio 2014, in causa
2008-20439).

essere cassata con rinvio alla commissione regionale competente che,
sulla scorta degli enunciati principi procederà al riesame della vertenza e
regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso, accoglie il quinto, cassa
in relazione la sentenza d’appello e rinvia la causa, anche per le spese
del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del
Piemonte in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2014

La sentenza d’appello, essendosi discostata dai superiori principi, deve

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