Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18761 del 13/09/2011

Cassazione civile sez. VI, 13/09/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 13/09/2011), n.18761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.M., in proprio e nella qualità di socio –

amministratore della ITTICA MEDITERRANEA s.r.l., con domicilio eletto

in Roma, via Foligno n. 10, presso l’Avv. Errante Massimo,

rappresentato e difeso dall’Avv. Garraffa Goffredo, come da procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ITTICA MEDITERRANEA. S.r.l., fallita, e per essa il curatore pro

tempore, con domicilio eletto in Roma, via Confalonieri n. 5, presso

l’Avv. Manzi Andrea, rappresentata e difesa dall’Avv. Di Girolamo

Corrado, come da procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.M., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Palermo n.

134/09 depositata il giorno 8 settembre 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 26 maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. ZANICHELLI

Vittorio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.M., in proprio e nella qualità di socio – amministratore della Ittica Mediterranea s.r.l., ricorre per cassazione nei confronti della sentenza in epigrafe della Corte d’appello che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione dallo stesso proposta avverso la sentenza del Tribunale di Marsala dichiarativa del fallimento della predetta società.

Solo la curatela ha proposto controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

La curatela ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge per avere erroneamente ritenuto il giudice a quo tardivo l’appello in quanto proposto oltre il termine di quindici giorni previsto nella L. Fall., art. 19 nella formulazione anteriore alla modifica operata con il D.Lgs. n. 5 del 2006.

La censura è manifestamente infondata in quanto la sentenza dichiarativa del fallimento è stata pronunciata in data 10 giugno 2003 e quindi prima dell’entrata in vigore della riforma di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006 con la conseguenza che, essendo applicabile la disciplina transitoria di cui all’art. 150, le impugnazioni sono regolate dal R.D. n. 267 del 1942 e dunque l’appello contro la sentenza resa nel giudizio di opposizione è soggetto al disposto dell’art. 19 che prevedeva il termine di quindici giorni per l’impugnazione e non quello ordinario di trenta giorni come sostenuto dal ricorrente.

Con il secondo motivo si deduce ancora violazione di legge sostenendosi che la Corte d’appello sarebbe caduta in errore ritenendo che l’unica notifica effettuata alla società presso il procuratore costituito nel giudizio di opposizione sarebbe stata idonea a far decorrere il termine anche nei confronti del M. che aveva agito in opposizione al fallimento non solo quale socio amministratore ma anche in proprio.

La censura è manifestamente infondata.

A parte il profilo di inammissibilità derivante dalla circostanza che non avendo il ricorrente riportato il tenore della notificazione della sentenza resa nel giudizio di opposizione al fallimento non è dato sapere se la stessa fosse indirizzata al medesimo quale amministratore o anche in proprio, resta comunque il rilievo secondo il quale la notificazione dell’atto all’unico procuratore costituito è idonea a renderlo legalmente conosciuto sia al legale rappresentante se costituito anche in proprio che alla società dallo stesso rappresentata.

Questa Corte ha già avuto modo di enunciare il principio secondo cui “La regola in forza della quale la notifica di un atto processuale deve essere eseguita in tante copie quante sono le parti cui esso è diretto, anche se costituite con un unico procuratore, non trova applicazione nel caso in cui la stessa persona fisica stia in giudizio in proprio e nella qualità di legale rappresentante di altro soggetto. In questo caso, il rappresentante riveste la qualità di parte nel giudizio e la funzione informativa della notifica dell’atto si realizza comunque con la consegna di una sola copia al medesimo destinatario, attesa l’unicità del suo agire sul piano processualè (Cassazione civile, sez. 1^, 3 febbraio 2006, n. 2431) e da tale principio consegue che la notifica al legale rappresentante è idonea non solo a far decorrere eventuali termini processuali nei confronti della società ma anche a carico del medesimo nell’ipotesi in cui sia costituito in proprio non potendosi scindere i due ruoli ai fini della conoscenza dell’atto. Principio analogo in tema di inscindibilità della conoscenza in capo al destinatario di una notificazione nella cui persona si concentrino ruoli diversi si desume dall’ulteriore enunciazione a mente della quale “Nel caso di dichiarazione di fallimento di una società di persone e del socio illimitatamente responsabile pronunciata all’esito del giudizio di omologazione del concordato preventivo (del quale il socio illimitatamente responsabile non è parte), il termine di quindici giorni per la proposizione dell’appello avverso detta sentenza da parte del socio non decorre dalla data di affissione della sentenza, in quanto questo adempimento non è idoneo a garantire la conoscenza della pronuncia; tuttavia, anche in virtù di un ragionevole bilanciamento delle esigenze di tutela del diritto di difesa e di concentrazione e celerità dello svolgimento delle procedure concorsuali, deve ritenersi che, nel caso in cui il socio dichiarato fallito abbia la veste di legale rappresentante della società, la comunicazione della sentenza ricevuta in questa veste assicuri la piena conoscenza della decisione anche con riguardo alla dichiarazione di fallimento personale, con la conseguenza che da detta comunicazione decorre il termine breve per proporre appello anche nella qualità di socio” (Sez. 1, Sentenza n. 11015 del 25/05/2005).

Il ricorso deve dunque essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti della curatela.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2011

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