Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1876 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2021, (ud. 24/02/2020, dep. 28/01/2021), n.1876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Su ricorso iscritto al n. 27682-2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12.

– ricorrente principale –

Contro

Fallimento L.L., rappresentato e difeso dall’avv.to

Edoardo Di Loreto, elettivamente domiciliato in Sulmona viale Papa

Giovanni XXIII n. 58;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo n. 123/2/13 depositata il 13/06/2013;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24.02.2020

dal Consigliere Dott. Catello Pandolfi.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo n. 123/2/13, depositata il 13 giugno 2013.

La vicenda trae origine dalla ricostruzione induttiva dei redditi della ditta L.L. (poi fallita) per l’anno 1996, alla luce della dichiarazione mod.740, quale risultante dalla copia (che l’Ufficio assume) prodotta dal curatore del fallimento, frattanto dichiarato il 10.05.2000, indicante solo utili. L’Ufficio, a seguito della verifica, aveva ritenuto di dover procedere, con due avvisi di accertamento, al recupero di IRPEF e IVA, oltre interessi e sanzioni, con rettifica in aumento dell’utile di esercizio per maggiori ricavi non dichiarati.

Per contro, la contribuente aveva obiettato d’aver subito una perdita pari a lire 399.042.000, voce indicata su “altra” copia della dichiarazione mod. 740/97.

Opposto l’accertamento, la CTP de l’Aquila accoglieva il ricorso della contribuente riconoscendo la suindicata circostanza. Avverso tale decisione proponeva appello l’Ufficio, con esito favorevole. Tale sentenza, n. 39/02/04, veniva impugnata dalla Curatela fallimentare per la sua revocazione, sul presupposto che il giudice regionale avesse ritenuto “ufficialmente presentata” dal curatore la dichiarazione mod. 740, visionata dagli operatori nel corso della verifica, indicante solo utili. Lamentava, cioè, che l’accertamento, e quindi la sentenza d’appello, fosse fondata su una dichiarazione che la parte, in realtà, non aveva presentato all’Ufficio (avendone inoltrata altra di diverso contenuto) e quindi non rappresentante il riferimento documentale su cui basare e giustificare il recupero.

La CTR, quale giudice della revocazione, accoglieva la domanda della contribuente con la sentenza 31/1/05 e rinviava alla CTP perchè acquisisse “l’originale della dichiarazione dei redditi” e decidesse nel merito.

L’Ufficio impugnava la pronuncia di revocazione, per la sua cassazione. Ricorso che questa Corte accoglieva parzialmente, con la sentenza n. 16091/2011 di rinvio per nuovo giudizio di revocazione. Riassunto il giudizio, la CTR, quale giudice del rinvio, con la sentenza n. 123/2/2013, oggetto del presente ricorso, ha revocato la precedente decisione d’appello n. 39/2/04, confermando la sentenza di primo grado della CTP di l’Aquila n. 23/10/2002.

L’Amministrazione impugna la suindicata sentenza n. 123/2/2013 sulla base di tre motivi.

Si è costituito il “Fallimento L.L.” con controricorso e ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

In primo luogo, è da respingere l’eccezione sollevata dalla ricorrente incidentale circa non autosufficienza del ricorso. Il rilievo appare contraddetto dalla puntuale contestazione che la controricorrente-ricorrente incidentale ha potuto svolgere sull’intero ventaglio degli aspetti dedotti dall’Agenzia delle Entrate.

Va poi dichiarato inammissibile il ricorso incidentale nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze in quanto privo di legittimazione passiva, dal momento che, come questa Corte ha più volte affermato, “in tema di contenzioso tributario, la legittimazione “ad causam” e ad “processum” spetta esclusivamente all’Agenzia delle entrata con riferimento ai procedimenti introdotti successivamente al 1 gennaio 2001, data in cui è divenuta operativa la sua istituzione, dovendosi invece considerare inammissibile la domanda azionata nei confronti del Ministero” per essere stato il giudizio d’appello azionato dopo il primo gennaio 2001). (Sez. 5 -, 6/12/2017, n. 29183)

Venendo al primo motivo del ricorso principale, l’Ufficio con esso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e art. 121, comma 10.

La censura è fondata.

La CTR, in esito al giudizio di rinvio, ha basato il rigetto dell’appello dell’Agenzia, sul presupposto che l’Ufficio non avesse ottemperato all’ordinanza di produzione del modulo originale della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche Mod. 740/97, per l’anno 1996. L’ottemperanza di tale ordinanza, implicava, peraltro, perchè potesse aver seguito, che la dichiarazione fosse stata regolarmente inoltrata, come asserito dalla resistente, senza che, come si dirà, ciò risultasse provato, nè risulterà provato. Ora, tale iter motivazionale configura una sostanziale inversione dell’onere della prova.

Infatti, l’accertamento induttivo che ha dato luogo al recupero d’imposta, ha trovato avvio dalla conoscenza/esame da parte dei verificatori, nel corso dell’attività d’indagine, di una dichiarazione dei redditi riferita alla ditta Lucantoni e relativa all’anno 2016, indicante esclusivamente utili di bilancio, che sarebbe stata esibita dal curatore fallimentare. Circostanza affermata nell’avviso di accertamento, stralcio del quale è incorporato nel ricorso in esame.

Ora, la ricorrente incidentale assume essere inverìtiera l’affermazione che all’esibizione della dichiarazione avesse provveduto il curatore fallimentare dal momento che l’attività accertativa si era svolta prima della dichiarazione di fallimento e, quindi, prima della sua nomina. Non viene però escluso che nel corso dell’accertamento, a prescindere da chi l’avesse loro esibito, i verificatori abbiano visionato un documento indicante solo utili di bilancio, come enunciato nell’avviso.

Pertanto, anche nel caso fosse errato il riferimento al curatore come colui che aveva esibito l’atto, non è però negata nè l’esistenza del documento, nè che avesse il contenuto indicato dagli operatori. Ed infatti, la circostanza non è smentita dalla contribuente nel suo ricorso di primo grado, al quale era allegato l’avviso di accertamento che ne faceva menzione, come del fatto da cui era scaturito l’accertamento induttivo.

La parte nega soltanto che una dichiarazione con quel contenuto fosse stata presentata all’Ufficio, sostenendo che ne aveva inoltrata una diversa, indicante una cospicua perdita. Copia della quale, non sottoscritta, era allegata al suo ricorso di primo grado. La Curatela (a pag. 5 del controricorso – ricorso incidentale) ha, infatti, affermato che “l’Agenzia.. era in possesso del mod.740/97, riportante la perdita di esercizio, regolarmente presentato…”, senza peraltro precisarne data e modalità di trasmissione all’Ufficio e senza documentarne la ricezione.

A fronte di tale prospettazione, la CTR quale giudice del rinvio, avrebbe dovuto chiedere alla contribuente di produrre la copia sottoscritta della dichiarazione dei redditi che essa assumeva d’aver presentata all’Ufficio, corredata di prova del suo inoltro, ovvero di esibire almeno la ricevuta di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 12. Il giudice regionale, cioè, avrebbe dovuto esigere che la parte documentasse ciò che affermava d’aver posto in essere. In tal modo avrebbe provato che, agli atti dell’Amministrazione, doveva rinvenirsi la propria dichiarazione, solo allora trasferendo sull’Amministrazione l’onere di provare il contrario di quanto affermato dalla contribuente. In altri termini, a fronte della presunzione, tratta dagli accertatori dal contenuto di copia della dichiarazione visionata nel corso della verifica, la contribuente avrebbe dovuto fornire prova contraria, mediante produzione di copia del “modello” di diverso contenuto, asseritamente presentata formalmente all’Ufficio o, almeno, mediante prova del suo inoltro.

Ritiene, quindi, il Collegio che, avendo l’Ufficio dedotto essere stato l’accertamento basato sull’esame di una dichiarazione indicante solo utili, esibita agli operatori nel corso dell’attività d’istituto, come attestato nell’avviso di accertamento, avrebbe dovuto essere la parte che lo contesta, a provare la presentazione della diversa dichiarazione, producendone, almeno, copia della ricevuta di ricezione.

Del resto, il cit. D.P.R. n. 600 del 1973, art. 12, facendo obbligo al contribuente di presentazione della dichiarazione, indica sia le modalità di presentazione che quelle per provarne l’adempimento. Onere che non può che far capo alla parte che affermi d’avervi provveduto.

La CTR, nel ribadire la sentenza di primo grado favorevole alla contribuente, non ha seguito tale iter logico, ponendo sull’Ufficio la prova della ricezione del documento e non sulla parte d’averlo realmente trasmesso. Basando la sua decisione su di una copia della dichiarazione (quella allegata dalla contribuente), priva di sottoscrizione e di qualsiasi elemento grafico o documentale che ne confermasse la presentazione e la ricezione. Ritenendola, nondimeno, “certamente attribuibile al Lucantoni perchè riportante in calce il suo nome dattiloscritto, inoltre (perchè) il codice fiscale del dichiarante risulta apposta in epigrafe”. Senza tener conto che l’Ufficio non aveva affatto disatteso l’ordinanza di reperimento della dichiarazione dei redditi che la contribuente assumeva d’aver formalmente presentato. Comunicando anzi, l’Ufficio, l’oggettiva ineseguibilità di quel provvedimento in quanto “la dichiarazione non risultava e non risulta tuttora presente al Sistema Anagrafico Tributario”, come la stessa CTR ha ricordato nella sentenza impugnata.

In tal modo, la decisione del Giudice regionale, è da ritenersi adottata in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 12, che fissava come (e implicitamente chi dovesse) provare la presentazione della dichiarazione dei redditi. Infatti, la comunicazione della stessa Amministrazione sulla infruttuosa ricerca dell’atto nel sistema informatico, avrebbe dovuto indurre il Giudicante a disporre che, a fronte della prospettazione dell’Ufficio a base e giustificazione dell’accertamento, la contribuente provasse il contrario, cioè l’avvenuta presentazione di una dichiarazione indicante la perdita di esercizio.

Pertanto il primo motivo risulta fondato. Il secondo, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1; n. 5, può ritersi assorbito in quanto le stesse ragioni esposte per l’accoglimento del primo ne rendono superfluo l’esame. Per le stesse considerazioni va ritenuto assorbito il terzo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La sentenza va cassata con rinvio della causa alla CTR d’Abruzzo in diversa composizione anche per la definizione della spese.

Quanto al ricorso incidentale, con cui la Curatela aveva censurato la compensazione delle spese in luogo di porle a carico dell’Amministrazione, va anch’esso ritenuto assorbito dalla ritenuta fondatezza del ricorso principale, logicamente incompatibile con la suddetta doglianza.

P.Q.M.

Dichiara fondato il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti, come pure il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR dell’Abruzzo in diversa composizione per il riesame della controversia, per quanto indicato in motivazione, oltre che per la definizione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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