Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1876 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. I, 28/01/2010, (ud. 01/10/2009, dep. 28/01/2010), n.1876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Reato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22799/2004 proposto da:

T.G. (c.f. (OMISSIS)), TE.GE.

(c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L.

MANTEGAZZA 24, presso il cav. GARDIN LUIGI, rappresentati e difesi

dall’avvocato CAGGIANO Chiara, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CERIGNOLA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO IGNAZIO JACOMETTI 4, presso

l’avvocato CAPOSSELA EMILIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

OCCHIELLO Felice, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 844/2003 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 12/09/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/10/2009 dal Consigliere Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 22.5.1992 T.G., Te.Ge. e P.V., quali comproprietari del terreno sito nell’abitato di (OMISSIS), e contraddistinto al mappale (OMISSIS), part.lle (OMISSIS) della complessiva estensione di mq. 782, convenivano avanti al Tribunale di Foggia il Comune di Cerignola, deducendo che detto terreno, occupato dal Comune nel (OMISSIS) per esser adibito a parcheggio in occasione della visita del Papa, non era stato restituito ma definitivamente destinato a parcheggio pubblico senza che alcun provvedimento amministrativo fosse stato posto a base di tale occupazione.

Chiedevano quindi la condanna del Comune al risarcimento del danno in misura pari al valore di mercato del suolo.

Si costituiva il Comune che eccepiva la prescrizione del diritto al risarcimento.

Con sentenza del 16.3.2000 il G.O.A. del Tribunale accoglieva l’eccezione di prescrizione, compensando integralmente le spese.

Proponevano impugnazione i comproprietari del suolo ed all’esito del giudizio, nel quale si costituiva il Comune chiedendo il rigetto e proponendo anche appello incidentale sulla disposta compensazione delle spese, la Corte d’Appello di Bari con sentenza del 24.6- 12.9.2003 rigettava entrambi gli appelli, compensando tra le parti le ulteriori spese del grado.

Dopo aver osservato che nella stessa domanda introduttiva del giudizio di primo grado gli attori, come può desumersi anche dal richiamo ad una decisione di questa Corte (3201/86) che al fenomeno dell’accessione invertita fa riferimento, avevano precisato che l’occupazione abusiva aveva dato luogo ad un illecito istantaneo con effetti permanenti che abilita il privato a – chiedere il dovuto risarcimento nel termine di prescrizione di cinque anni dal momento della irreversibile trasformazione del fondo, osservava che detto termine era scaduto, essendo stata completata la trasformazione in data 10.5.1987 ed essendo stata la citazione notificata in data 22.5.1992.

Disattendeva poi per difetto di prove la tesi della provvisorietà della prima occupazione intrapresa ai primi di (OMISSIS), peraltro in contrasto con la relazione tecnica dell’8.4.1987 la quale aveva chiarito che la realizzazione delle “opere infrastrutturali nell’abitato” doveva avere carattere definitivo, relazione che era stata integralmente recepita nella Delib. G.M. n. 11633 del 1987, a seguito della quale era stato dato corso all’esecuzione delle opere.

Disattendeva altresì la tesi della imprescrittibilità del diritto di credito in quanto confligente con la natura istantanea del danno ritenuto dagli stessi attori.

Quanto all’appello incidentale sulle spese, riteneva correttamente motivata la pronuncia del Tribunale, rilevando a tal fine anche l’illiceità del comportamento del Comune.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione T. G. e Te.Ge. (non il P.) che deducono tre motivi di censura illustrati anche con memoria.

Resiste con controricorso, illustrato anch’esso con memoria, il Comune di Cerignola, che ne eccepisce anche l’inammissibilità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso T.G. e T. G. denunciano falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., nonchè difetto di motivazione. Lamentano che la Corte d’Appello abbia ritenuto che la tesi dell’imprescrittibilità sia confligente con il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio e che il carattere della provvisorietà delle opere non sia stato provato, senza considerare che nella relazione del Dirigente dell’Ufficio Tecnico comunale dell’8.4.1987 e depositata agli atti in primo grado è espressamente detto che le opere tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sono da considerarsi provvisorie. Per quanto riguarda poi la rilevata incompatibilità, deducono innanzitutto che, se la prescrizione applicabile fosse quella quinquennale, il diritto avrebbe potuto essere esercitato dal momento in cui erano cessate le circostanze che avevano indotto la P.A. a manipolare il terreno, vale a dire dal termine della manifestazione in onore del Papa tenutasi il (OMISSIS) ed, in secondo luogo, che già con l’atto di citazione il risarcimento era stato chiesto per totale assenza di provvedimenti in grado di consentire all’Amministrazione di esercitare il potere, espropriativo, con la conseguente imprescrittibilità del relativo diritto.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 13, nonchè difetto di motivazione. Deducono l’assoluta mancanza dei presupposti richiesti per il procedimento espropriativo, non avendo il Comune proceduto, oltre che all’approvazione del progetto ed all’emissione del decreto di occupazione, anche alla dichiarazione di pubblica utilità ed alla fissazione dei termini iniziali e finali della procedura come richiede la L. n. 2359 del 1865, art. 13, dando luogo in tal modo ad un illecito permanente con possibilità del privato di chiedere la restituzione del bene ovvero il risarcimento del danno commisurato al valore del bene.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., e travisamento dei fatti. Deducono che la diversa qualificazione dell’illecito come permanente comporta che la prescrizione non decorre finchè perduri tale permanenza.

Gli esposti motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro intima connessione logica e giuridica, sono infondati.

La Corte d’Appello, nel confermare che la domanda introduttiva del giudizio conteneva una richiesta di risarcimento del danno riconducibile all’istituto dell’accessione invertita in quanto prospettata sul rilievo che l’occupazione del terreno era avvenuta senza il preventivo decreto di occupazione e non era stata seguita, prima della scadenza, dal decreto di esproprio e nel ritenere corretto quindi in tale contesto l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione, ha considerato non provata ed in contrasto con la documentazione in atti la censura con cui era stato sostenuto il carattere provvisorio dell’occupazione ed infondata la tesi dell’imprescrittibilità in ragione della stessa prospettazione della domanda contenuta nell’atto di citazione e testè richiamata.

Con il ricorso in esame, al di là di alcune deduzioni in fatto che non possono trovare ingresso in questa sede – come la ribadita temporaneità dell’occupazione per la quale peraltro non è riportato, in violazione del principio di autosufficienza, il contenuto del documento che tale temporaneità avrebbe previsto – viene sostanzialmente sostenuta la tesi, già prospettata con l’atto di appello, della configurabilità del diverso istituto dell’occupazione usurpativa sulla supposta mancanza della dichiarazione di pubblica utilità e della fissazione dei relativi termini previsti dalla L. n. 2359 del 1865, art. 13.

In verità tale deduzione non ha trovato puntuale risposta nella sentenza impugnata la quale, dopo il corretto richiamo al contenuto dell’atto introduttivo del giudizio riguardante, ripetesi, l’accessione invertita, ha prospettato delle argomentazioni del tutto irrilevanti ai fini in esame, oltre che poco comprensibili, avendo accennato alla possibilità di scelta da parte del proprietario di cedere il suolo e di conseguirne esclusivamente il valore qualora l’espropriante “occupi abusivamente il suolo privato senza tuttavia trasformarlo irreversibilmente”.

In ogni caso, a prescindere da tali rilievi, rimane pur sempre la statuizione confermativa della decisione del Tribunale in ordine all’impossibilità di far riferimento nel giudizio in esame, sia pure ai fini della prescrizione, ad un istituto diverso da quello originariamente dedotto dalla parte.

La differenza ontologica riscontrabile fra l’azione di risarcimento da occupazione appropriativa e quella da occupazione usurpativa, in quanto basate su una diversa “causa petendi”, impedisce infatti la convertibilità dell’una nella altra nel corso del procedimento. La prima è configurabile allorchè non venga emesso il decreto di esproprio al termine del periodo di occupazione legittima ma presuppone una valida dichiarazione di pubblica utilità, mentre la seconda richiede la mancanza o la scadenza di una tale dichiarazione ovvero l’omessa indicazione in essa dei termini previsti dalla L. n. 2359 del 1865, art. 13, per l’inizio ed il compimento delle espropriazioni e dei lavori.

Nel caso in esame non si esclude che sia mancata la dichiarazione di pubblica utilità, come dedotto dai ricorrenti, ma un tale diverso presupposto avrebbe dovuto essere fatto valere sin dall’atto di citazione in primo grado, ove invece è stato fatto riferimento solo alla mancanza del decreto di occupazione e del decreto di esproprio che assolvono ad una ben diversa finalità rispetto alla dichiarazione di pubblica utilità, e non già per la prima volta con l’atto di appello risolvendosi in tal caso in una domanda nuova e, come tale, inammissibile.

A maggior ragione essa non è prospettabile in sede di legittimità in cui, oltre tutto, non è consentito l’accertamento dei diversi elementi di fatto testè richiamati per la configurabilità della occupazione usurpativa.

Di conseguenza, essendo ormai preclusa ogni valutazione sul carattere permanente dell’illecito e dovendosi quindi far riferimento all’originaria domanda e quindi ad un illecito istantaneo con effetti permanenti, proprio dell’istituto della accessione invertita, correttamente in sede di merito la prescrizione è stata fatta decorrere, in mancanza di un decreto di occupazione che ne determinasse la durata, dalla irreversibile trasformazione del fondo (10.5.1987) e si è ritenuta maturata il 10.5.1992 quando, ancora la domanda, proposta solo il 22.5.1992, non era stata notificata.

Il ricorso va pertanto rigettato.

La peculiarità della fattispecie giustifica ampiamente la totale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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