Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18758 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 23/09/2016, (ud. 27/05/2016, dep. 23/09/2016), n.18758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CRRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11625-2013 proposto da:

L.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI GRACCHI 278, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA CANNIZZARO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO SANASI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, c.f. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1309/2012 del TRIBUNALE di PARMA, depositata

il 09/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato ANTONIO SANASI, difensore del ricorrente, che si

riporta agli atti depositati ed ha chiesto l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato SCINO MARIO ANTONIO, difensore del controricorrente,

che si è riportato agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso e per la condanna aggravata alle spese, in subordine per la

rimessione alle S.U. affinchè statuiscano su operatività art. 96

c.p.c. – art. 385 c.p.c., comma 4.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito della dichiarazione di incompetenza del Tribunale di Bologna, L.G. riassumeva davanti al Tribunale di Parma l’appello contro la sentenza n. 1037 del 2010 con la quale il Giudice di Pace, annullata l’applicazione della sanzione pecuniaria per la mancata comunicazione, da parte del proprietario dell’autovettura L.G.) dei dati relativi al conducente, aveva compensato le spese. L’appellante chiedeva la riforma della compensazione delle spese.

Si costituiva il Ministero dell’Interno che chiedeva il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

Il Tribunale di Parma con sentenza n. 1134 del 2011 rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata. Secondo il Tribunale l’avvenuta compensazione delle spese andava confermata, sia pure integrando la sentenza impugnata, perchè in mancanza di un consolidato orientamento giurisprudenziale in merito all’autonomia tra il verbale di contestazione della violazione al CdS e il verbale di richiesta di indicazione del conducente dell’autovettura, risulterebbe ingiustamente afflittiva., per l’amministrazione la richiesta di condanna al pagamento delle spese mentre si giustifica la compensazione delle spese.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da L.G. con ricorso affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso L.G. lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, dell’art. 126 bis, comma 2 (C.d.S.). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Secondo il ricorrente il Tribunale non avrebbe preso in considerazione la comunicazione dei dati ex art. 126 bis che era stata ritualmente inviata, il 9 aprile 2009, al Dipartimento della Pubblica Sicurezza Sezione di Polizia Stradale di Parma. Tuttavia, sempre secondo il ricorrente, sarebbe orientamento costante della giurisprudenza della Corte di Cassazione quello secondo il quale la richiesta di precisazione dei dati del conducente potrebbe essere richiesta solo dopo che la contestazione sia divenuta definitiva. Sarebbe illegittima l’applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 126 bis C.d.S. fino a quando non sono decorsi i termini per la proposizione del ricorso o pende l’opposizione del medesimo, che se accolta annullerebbe il fatto illecito che forma il presupposto per l’applicazione di qualsiasi sanzione principale o accessoria.

1.1= Il motivo è inammissibile, per mancata autosufficienza, posto che il ricorrente fa riferimento ad atti processuali (motivazione dell’atto impugnato e soprattutto ad una raccomandata con la quale si assume sia stata compiuta la comunicazione richiesta) senza, tuttavia, indicare nè il contenuto essenziale di tali documenti e/o, comunque le parti su cui si fonda la censura in esame, nè i dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito.

1.2.= Ma il motivo è anche inammissibile laddove si censura l’affermazione del Tribunale secondo la quale all’epoca della decisione del Giudice di Pace non sussisteva un consolidato orientamento sull’autonomia fra le due contestazioni (quella della violazione del codice della strada e quella relativa alla mancata comunicazione da parte del proprietario dell’autoveicolo, dei dati relativi al conducente dell’autovettura) perchè stabilire se e in qual misura l’esame funditus della giurisprudenza in materia valga a dipanare gli aspetti applicativi maggiormente controvertibili, eccede i limiti interni del sindacato di legittimità, traducendosi in una sostanziale riedizione dell’esame del merito.

2.= L. lamenta ancora:

a) Con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e violazione degli artt. 3 e 24 Cost. Secondo il ricorrente,il Tribunale non avrebbe osservato la normativa di cui all’art. 91 c.p.c. laddove dispone che parte soccombente in giudizio deve sopportare oltre alle proprie spese anche quelle sostenute dalla parte avversa altrimenti si vedrebbe riconosciuto dal processo un diritto non integro, ma ridotto in misura corrispondente alla diminuzione patrimoniale derivante dalle spese sostenute.

b) con il terzo motivo, la violazione dell’art. 91 c.p.c. e della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 11. Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe osservato neppure la normativa di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 11 laddove dispone che “Con la sentenza il giudice può rigettare l’opposizione, ponendo a carico dell’opponente le spese di procedimento o accoglierla, annullando in tutto o in parte l’ordinanza o modificandola anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta. Nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l’art. 113 c.p.c., comma 2”.

c) Con il quarto motivo, la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2,. Avrebbe errato, comunque, il Giudice di Pace prima e il Tribunale dopo, nell’aver disposto la compensazione delle spese del giudizio con una motivazione illegittima e non convincente, senza, tuttavia, indicare le gravi ed eccezionali ragioni che avrebbero potuto giustificare detta compensazione.

2.1.= Tutti e tre i motivi vanno esaminati congiuntamente per l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi tanto che l’uno sembra la specificazione dell’altro e sono infondati, perchè sostanzialmente si risolvono nella richiesta di una nuova e diversa valutazione degli orientamenti giurisprudenziali, richiamati dal ricorrente e dalla sentenza impugnata, non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione espressa dal Tribunale non presenta alcun vizio logico e/o giuridico e il richiamo della sentenza n. 22781 del 2010 di questa Corte di Cassazione non solo è appropriato ma indica la sussistenza di un contrasto tra due orientamenti giurisprudenziali: quello secondo il quale tra le due infrazioni (violazione del CdS e la mancata comunicazione dei dati del conducente dell’autoveicolo) vi sarebbe piena autonomia (principio confermato da Cass. n. 15542 del 23/07/2015); e quello secondo il quale l’obbligo del proprietario di comunicare i dati del conducente dell’autoveicolo, nelle more del giudizio di opposizione del verbale di contestazione della contravvenzione al CdS, resterebbe sospeso e condizionato e si riattiverebbe in caso di esito sfavorevole, con nuova decorrenza dei termini dal deposito della sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva ai sensi dell’art. 282 c.p.c. (espresso di recente da Cass. n. 20974 del 06/10/2014).

Pertanto, posto che costituisce giusto motivo di compensazione delle spese processuali l’esistenza di una giurisprudenza basata su di un principio di diritto astrattamente non controverso, ma variamente enunciato nella concretezza delle sue applicazioni, atteso che le decisioni altalenanti ben possono dipendere dalla difficoltà pratica d’identificare la fattispecie corrispondente, la decisione del Tribunale ha adeguatamente e in modo esaustivo indicato i giusti motivi per la compensazione, rappresentati dalla mancanza di un consolidato orientamento giurisprudenziale in merito all’autonomia delle due infrazioni di cui si è detto.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. condannato al pagamento delle spese giudiziali che vengono liquidate con il dispositivo.

Il Collegio, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato apri a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio che liquida in Euro. 700, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento da parte da ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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