Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18755 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 23/09/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 23/09/2016), n.18755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25921-2011 proposto da:

A.G., (OMISSIS), difeso da se stesso ex art. 86 c.p.c.,

unitamente all’Avv. Andrea Ciano, elettivamente domiciliato presso

quest’ultimo in ROMA, VIA GUGLIELMO PEPE 37;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T.,

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T.,

PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE CASSAZIONE IN PERSONA DEL LEGALE

RAPP.TE P.T., PUBBLICO MINISTERO TRIBUNALE ROMA IN PERSONA DEL

LEGALE RAPP.TE P.T.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA rep. n. 2016/11, depositata

il 25/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato A.G. difensore del ricorrente che ha

confermato la rinuncia al terzo motivo di ricorso e chiede

l’accoglimento nel resto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avvocato A.G. propose opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex artt. 84 e 170 avverso il decreto con cui il tribunale di Roma aveva liquidato il compenso professionale per la sua attività di patrocinio a favore del signore D.O., ammesso al patrocinio a spese dello Stato, nel procedimento da costui introdotto per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra del 28/7/51.

Il tribunale di Roma, in parziale accoglimento dell’opposizione del professionista, ha riliquidato i compensi del medesimo con ordinanza depositata il 25/7/11 nella quale, peraltro:

ha disatteso i dubbi prospettati dal ricorrente sulla legittimità costituzionale del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130 laddove prevede che nel processo civile gli importi spettanti al difensore siano ridotti della metà; ha confermato la valutazione del primo giudice secondo cui la controversia in cui il professionista aveva prestato la propria opera era inquadrabile nello scaglione delle cause di valore “indeterminato di modesta rilevanza”;

ha ritenuto che nulla dovesse essere liquidato per le spese, anche di trasporto, nonchè per la corrispondenza tra il professionista ed il cliente, “in quanto voci non documentate”.

Avverso la suddetta ordinanza l’avvocato A. ha proposto ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., con otto motivi, nei confronti del Ministero della giustizia, del Ministero dell’economia e delle finanze, del Procuratore Generale della Repubblica presso la corte di cassazione e del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma.

Nè il Ministero della giustizia, nè il Ministero dell’economia e delle finanze, nè il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma si sono costituiti in questa sede.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 4.5.16, per la quale il ricorrente ha depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primi due motivi di ricorso – il primo rubricato come “omessa motivazione e conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, e art. 111 Cost., comma 6. In subordine, violazione della L. n. 1051 del 1957, art. unico in combinazione con il D.M. n. 127 del 2004, art. 6, comma 5 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” ed il secondo rubricato come “omessa motivazione e conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 e art. 111 Cost., comma 6. In subordine, violazione della L. n. 1051 del 1957, art. unico in combinazione con il D.M. n. 127 del 2004, art. 6, comma 6 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” – il ricorrente lamenta, con riferimento tanto alla liquidazione degli onorari (primo motivo di ricorso), quanto alla liquidazione dei diritti (secondo motivo di ricorso) la mancanza di motivazione della statuizione con cui il tribunale ha rigettato le doglianze con le quali, nell’opposizione al decreto di liquidazione, egli aveva contestato la riconduzione della controversia ai parametri previsti per le cause di valore indeterminabile di modesta importanza (scaglione da 25.900 a 51.700 Euro), nonostante che la particolare delicatezza della questione e la rilevanza degli interessi connessi al riconoscimento dello status di rifugiato giustificassero, a suo avviso:

la liquidazione degli onorari, ai sensi del D.M. n. 127 del 2004, art. 6, comma 5 al livello intermedio tra il minimo dello scaglione per le cause da 25.900 a 51.700 Euro e il massimo dello scaglione per le cause da 51.700 a 103.300 Euro; se non addirittura, in ragione della particolare complessità e importanza dell’oggetto della causa, la liquidazione degli onorari fino al limite massimo previsto per le cause di valore fino a Euro 516.500 Euro;

la liquidazione dei diritti, in ragione dell’interesse dedotto in giudizio, nella misura fissa dello scaglione di valore da 51.700 a 103.300 Euro.

Il motivo è fondato, perchè – a fronte delle specifiche e argomentate doglianze svolte nel ricorso in opposizione (e debitamente riportate nel ricorso per cassazione, nel rispetto del principio di autosufficienza), per contestare la statuizione del decreto di liquidazione del compenso che aveva qualificato la controversia come causa di valore indeterminabile di modesta importanza – la pronuncia di rigetto adottata nell’ordinanza qui gravata risulta fondata su una motivazione totalmente assertiva (“il valore della controversia è stato correttamente individuato dal tribunale previamente adito”), tanto da risultare meramente apparente.

Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la omissione di pronuncia sul rilievo, svolto nell’atto di opposizione al decreto di liquidazione, secondo cui il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130 (che, in materia di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario, prevede la riduzione della metà dei compensi spettanti ai difensori, agli ausiliari e ai consulenti) sarebbe stato abrogato D.L. n. 223 del 2006, art. 2, comma 2, e, in linea di subordine, si solleva, sotto diversi profili, la questione di legittimità costituzionale del medesimo D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130; il motivo ha formato oggetto di esplicita dichiarazione di rinuncia formulata dal ricorrente nella memoria depositata sensi dell’articolo 378 c.p.c. e, pertanto, sul medesimo non vi è luogo a pronunciarsi.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130 e D.M. n. 127 del 2004, art. 14 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in cui il tribunale sarebbe incorso ritenendo applicabile anche al rimborso forfettario delle spese generali di cui al D.M. n. 127 del 2004, art. 14 il dimezzamento previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130. Secondo il ricorrente tale dimezzamento non sarebbe applicabile al rimborso forfettario delle spese generali, non avendo quest’ultimo natura di compenso. Il motivo va disatteso alla stregua del principio espresso da questa Sezione con la sentenza n. 9808/13, a cui il Collegio intende dare conferma e seguito, che, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, il rimborso forfettario delle spese generali, ai sensi dell’art. 14 della tariffa professionale, approvata con il D.M. 8 aprile 2004, n. 127, va calcolato sulla remunerazione a titolo di onorari e di diritti ridotti della metà, e non sull’importo di questi prima della dimidiazione D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 130.

Con il quinto motivo si denuncia la omissione di pronuncia, e la conseguente violazione dell’art. 112 e, in subordine, della L. n. 1051 del 1957, art. unico in combinazione con il D.M. n. 127 del 2004 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in cui tribunale sarebbe incorso omettendo di pronunciarsi sul secondo motivo dell’opposizione al decreto di liquidazione, concernente la mancata liquidazione dell’onorario relativo alla memoria di replica depositata in data 14.2.08. Il motivo di ricorso è fondato, giacchè nella ordinanza gravata non c’è alcuna pronuncia su tale doglianza, nè vi è alcun accertamento, positivo o negativo, del diritto del ricorrente al compenso per detta memoria.

Con il sesto motivo di ricorso si denuncia la omissione di pronuncia, e la conseguente violazione degli artt. 112 c.p.c. e, in subordine, della L. n. 1051 del 1957, art. unico in combinazione con il D.M. n. 127 del 2004, nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e la violazione del D.M. n. 127 del 2004 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in cui tribunale sarebbe incorso:

non liquidando i diritti relativi alle attività professionali svolte dal professionista e analiticamente elencate nel quarto motivo di opposizione al decreto di liquidazione (debitamente trascritto nel ricorso per cassazione) sotto le lettere c), e), f), h), i), I), m) e u);

– liquidando lacunosamente le attività di cui alla lettera a), in quanto, per la battitura della citazione della comparsa conclusionale, sono stati considerati due fogli, invece che nove;

– non riconoscendo la voce relativa alla lettere r) – corrispondenza con il cliente – in quanto non documentata, nonostante che la stessa non richiedesse la prova documentale;

Il motivo è fondato limitatamente alle doglianze sub a) e b), in quanto effettivamente l’ordinanza gravata è incorsa nel vizio di omissione di pronuncia di cui alla lettera a) e nella violazione della disciplina dei diritti di collazione degli scritti di cui alla lettera b). Deve invece respingersi il motivo per la parte concernente la doglianza di cui alla lettera c), giacchè il tribunale, escludendo la rimborsabilità di spese di corrispondenza col cliente non documentate, si è attenuto al principio più volte enunciato da questa Corte, e da ultimo ribadito nella sentenza n. 344/11, alla cui stregua, in tema di onorari professionali di avvocato e procuratore, l’esigibilità delle spese e dei diritti spettanti per la corrispondenza informativa con il cliente presuppone necessariamente la documentazione e comunque la prova non equivoca dell’effettività della prestazione professionale, la quale non può farsi derivare dalla sola esistenza del rapporto di clientela, questo non implicando necessariamente ed indefettibilmente un’attività informativa diversa dalle consultazioni con il cliente.

Con il settimo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 55, comma 2, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non avere il tribunale riconosciuto le spese per i trasporti in metropolitana, nonostante le stesse non necessitassero della relativa documentazione; il motivo è infondato, avendo questa Sezione, con la già citata sentenza n. 9808/13, chiarito che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 55, comma 2, secondo cui “Le spese di viaggio, anche in mancanza di relativa documentazione, sono liquidate in base alle tariffe di prima classe sui servizi di linea, esclusi quelli aerei”, è norma speciale che si riferisce agli ausiliari del magistrato, insuscettibile di estendersi in via analogica agli avvocati che difendono una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

Con l’ottavo motivo si denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., commi 1 e 2, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in cui il tribunale sarebbe incorso perchè, pur accogliendo nella sostanza l’opposizione al decreto di liquidazione, ha dichiarato irripetibili le spese della procedura. Il motivo risulta assorbito perchè, alla stregua del parziale accoglimento del ricorso, il giudice del rinvio dovrà rivalutare ex novo il regolamento delle spese di lite.

In definitiva devono essere accolti il primo, il secondo, il quinto e, in parte, il sesto motivo di ricorso; va dichiarato rinunciato il terzo motivo; vanno rigettati il quarto e settimo motivo e va dichiarato assorbito l’ottavo motivo; la sentenza gravata va cassata con rinvio al tribunale di Roma, in persona di altro magistrato, che liquida anche le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo, il secondo, il quinto e, per quanto di ragione, il sesto motivo di ricorso; dichiara rinunciato il terzo motivo; rigetta il quarto e il settimo motivo e dichiara assorbito l’ottavo motivo; cassa la sentenza gravata, con rinvio al tribunale di Roma, in persona di altro magistrato, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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