Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18754 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 23/09/2016, (ud. 26/04/2016, dep. 23/09/2016), n.18754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21670-2011 proposto da:

B.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MASSAROSA 3, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO AMICI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANO RAIMONDI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

NAZIONALE 204, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BOZZA

VENTURI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIANLUIGI RIZZOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 465/2011 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato BOZZA Alessandro, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza n. 1037/06, depositata il 9/5/06, il tribunale di Bologna ordinò al condominio di (OMISSIS), di demolire un cancello installato in attuazione delle Delib. approvate il 9/2/87 e il 12/10/87, contestualmente dichiarate nulle in parte qua, e di mantenere il portone d’ingresso aperto fino alle 20,30.

Il condominio, riunitosi il 20/6/06 per deliberare, tra l’altro, “in merito agli argomenti interessati dalla sentenza ed eventuale proposizione di appello” deliberò di impugnare detta sentenza, mantenendo, nonostante l’ordine contenuto nella menzionata sentenza, tanto il cancello nell’androne d’ingresso quanto la chiusura, anche diurna, del portone Con la stessa Delib. 20 giugno 2006 il condominio peraltro, per quanto qui ancora interessa, deliberò in ordine alla sostituzione delle cassette postali.

La Delib. 20 giugno 2006 fu impugnata dal condomino B.D. e il tribunale di Bologna rigettò l’impugnativa con sentenza emessa il 21/2/07 nelle forme di cui all’art. 281 sexies c.p.c.

La corte d’appello di Bologna, adita dal B., rigettò l’appello sulla scorta delle seguenti considerazioni:

a) la doglianza con cui l’appellante aveva dedotto la nullità della sentenza di primo grado, in quanto, da un lato, priva delle indicazioni riguardanti il giudice, le parti e la concisa esposizione dello svolgimento del processo, e, d’altro lato, motivata esclusivamente per relationem all’ordinanza con cui lo stesso tribunale aveva rigettato l’istanza di sospensiva della delibera condominiale, non poteva trovare accoglimento; la corte distrettuale, con riferimento al primo profilo, ha valorizzato il rilievo che la sentenza del tribunale era stata emessa nelle forme di cui all’art. 281 sexies c.p.c. e, con riferimento al secondo profilo, ha escluso che la motivazione per relationem della sentenza determinasse la nullità della stessa;

b) andava disattesa la doglianza dell’appellante secondo cui il primo giudice avrebbe errato nel dichiarare la delibera impugnata sorretta da un valido quorum; al riguardo la corte distrettuale argomenta che il presidente dell’assemblea, avendo espressamente dichiarato la valida costituzione dell’assemblea, aveva implicitamente dato atto di aver effettuato i necessari controlli sulla validità e tempestività degli avvisi inviati singoli condomini, cosicchè sarebbe stato onere dell’ impugnante allegare, contestare e provare “l’eventuale mancato avviso ai singoli condomini”;

c) andava disattesa la doglianza dell’appellante secondo cui la formulazione dell’ordine del giorno non avrebbe consentito di ritenere compreso nel relativo punto 1) la possibilità di discutere e deliberare sul mantenimento del cancello pedonale e sulla chiusura del portone condominiale nelle ore diurne; secondo la corte distrettuale tali argomenti dovevano ritenersi compresi nella dizione del suddetto punto 1);

d) andava disattesa la doglianza dell’appellante secondo cui la delibera di proposizione dell’appello avverso la sentenza del tribunale di Bologna n. 1037/06 sarebbe stata approvata senza la maggioranza qualificata necessaria per l’approvazione delle innovazioni; secondo la corte distrettuale, infatti, l’approvazione della deliberazione relativa all’impugnativa della sentenza del tribunale non richiedeva maggioranze qualificate;

e) andava disattesa la doglianza dell’appellante concernente l’omessa pronuncia del primo giudice sull’impugnativa della delibera di sostituzione delle cassette postali; secondo la corte distrettuale su tale materia non era stata adottata alcuna delibera assembleare in quanto, come chiarito dalla nota in calce al verbale, il riparto delle spese della sostituzione cassette postali era puramente indicativo e non vincolante.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.D., sulla base di cinque motivi.

Ha depositato controricorso il Condominio di (OMISSIS).

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 26.4.16, per la quale il solo ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 132 e 281 sexies c.p.c., nonchè insufficiente motivazione su un punto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5,), per aver la corte escluso la nullità della sentenza di primo grado, nonostante che la stessa non menzionasse l’autorità giudicante, il numero di ruolo generale, il nome delle parti e l’esposizione, sia pure concisa, del fatto oggetto del giudizio e si limitasse a richiamare la motivazione contenuta in una precedente ordinanza emessa in corso di causa.

Il motivo è infondato.

Quanto alla doglianza concernente la mancata menzione, nella sentenza di primo grado, dell’autorità giudicante, del numero di ruolo generale, del nome delle parti e dell’esposizione dei fatti di causa, è sufficiente rilevare che la corte distrettuale si è attenuta alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’art. 281 sexies c.p.c. consente al giudice di pronunciare la sentenza in udienza al termine della discussione dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, senza dover premettere le indicazioni richieste dall’art. 132 c.p.c., comma 2, perchè esse si ricavano dal verbale dell’udienza di discussione sottoscritto dal giudice stesso. Pertanto, non è affetta da nullità la sentenza, resa nella forma predetta, che non contenga le indicazioni riguardanti il giudice e le parti, le eventuali conclusioni del P.M. e la concisa esposizione dei fatti e dei motivi della decisione (sent. n. 22409/06; conf. n. 27002/11 e 7268/12).

Quanto alla doglianza concernente la pretesa nullità della sentenza di primo grado per essere la stessa motivata per relationem all’ordinanza di rigetto della istanza di sospensione dell’impugnata delibera condominiale, la stessa va giudicata infondata alla stregua del principio, più volte espresso da questa Corte, che la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un altro atto processuale, senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo. Nella specie, poichè il provvedimento di riferimento della sentenza di primo grado era un’ordinanza del giudice risultante dal verbale di causa (come precisato dallo stesso ricorrente a pag. 7, penultimo rigo, del ricorso), non si poneva alcun problema nè in ordine alla effettiva riferibilità della decisione all’organo giudicante (su cui cfr. Cass. SSUU n. 642/15) nè In ordine alla pronta individuabilità delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (su cui cfr. Cass. Sez. V n. 107/15), cosicchè la statuizione con cui la corte felsinea ha escluso la nullità della sentenza di primo grado va giudicata conforme a diritto.

Con il secondo motivo, rubricato come violazione degli artt. 1105, 1136 e 2697 c.c. e art. 65 disp. c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorrente – premesso che fin dal ricorso introduttivo aveva rilevato che l’amministratore aveva erroneamente ritenuto che i condomini fossero 34, invece che 32 – assume che in giudizio sarebbe stato necessario “stabilire chi era stato convocato per l’assemblea” (pag. 12, rigo 13, del ricorso) e lamenta che la corte d’appello avrebbe posto a suo carico l’onere di provare la mancata convocazione dei condomini, violando il principio secondo cui grava sull’amministratore del condominio la dimostrazione di aver inviato ai condomini la convocazione assembleare.

Il motivo non può trovare accoglimento, perchè propone in questa sede una questione sull’effettivo numero dei partecipanti al condominio (che nel verbale assembleare sarebbero indicati come 34 e che il ricorrente assume essere 32) non trattata nella sentenza gravata e che implica accertamenti di fatto non consentiti in sede di legittimità. Peraltro l’eventuale errore nell’indicazione dei partecipanti al condominio sarebbe irrilevante, perchè tale numero non deve necessariamente risultare dal verbale assembleare. Questa Corte ha già chiarito, infatti, con la sentenza n. 24132/09, che, ai fini della verifica dei quorum prescritti dall’art. 1136 c.c., il verbale dell’assemblea di condominio deve contenere l’elenco nominativo dei condomini intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi di quelli assenzienti o dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali. Tuttavia, dovendo il verbale attestare quanto avviene in assemblea, la mancata indicazione del totale dei partecipanti al condominio non incide sulla validità del verbale se a tale ricognizione e rilevazione non abbia proceduto l’assemblea, giacchè tale incompletezza non diminuisce la possibilità di un controllo aliunde della regolarità del procedimento e delle deliberazioni assunte.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 1105 e 1137 c.c., nonchè insufficiente motivazione su un punto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5), per aver la corte ritenuto che l’argomento sottoposto all’assemblea, e poi votato favorevolmente, relativo alla chiusura permanente del portone d’ingresso ed al mantenimento del cancello già installato, rientrasse nel punto 1) dell’ordine del giorno, che testualmente prevedeva: “sentenza del Tribunale di Bologna che ha annullato le Delib. del 9.2 e 12.10.1987 che concernevano l’installazione del cancello pedonale condominiale e la chiusura del portone nelle ore diurne: determinazione in merito agli argomenti interessati dalla sentenza ed eventuale proposizione di appello”..

Il motivo non può trovare accoglimento.

La corte territoriale ha interpretato il testo, ora trascritto, del punto 1) dell’ordine del giorno ritenendo, in conformità alla sentenza di primo grado, che il tema “determinazione in merito agli argomenti interessati dalla sentenza” implicasse “argomenti ulteriori e diversi dalla opportunità di proporre l’appello”; il ricorrente dissente da tale interpretazione, ma il mezzo di gravame attinge l’esito dell’ attività interpretativa della corte territoriale, senza indicare specifiche violazioni delle regole di ermeneutica contrattuale o enucleare specifici profili di illogicità. Il motivo va quindi giudicato inammissibile, perchè, come ancora di recente ribadito da questa Corte, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (sent. n. 2465/15).

Con il quarto motivo il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 1130, 1135 e 1137 c.c., nonchè insufficiente motivazione su un punto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), in cui la corte territoriale sarebbe incorsa non rilevando che la delibera che disponeva il mantenimento del cancello e della chiusura era illegittima perchè:

a) in tesi, importava innovazioni, vietate perchè lesive dei diritti individuali del B., come già accertato dalla sentenza del tribunale di Bologna n. 1037/06 che aveva annullato analoghe determinazioni contenute nelle delibere del 1987;

b) in ipotesi, importava innovazioni che avrebbero richiesto la maggioranza di cui all’art. 1136 c.c., comma 5.

Il motivo è infondato perchè la delibera impugnata non dispone alcuna innovazione, ma manifesta la volontà assembleare di non prestare spontanea esecuzione alla sentenza di primo grado (che contestualmente deliberava di impugnare) e, quindi, di mantenere in essere – nonostante il contrario ordine giudiziale – il cancello già in opera e il regime di apertura del portone già vigente.

Con il quinto motivo il ricorrente si lamenta della violazione dell’art. 1135 c.c., nonchè della insufficiente motivazione su un punto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), per avere l’assemblea disposto la sostituzione delle cassette postali, nonostante che le stesse fossero di proprietà privata dei condomini.

Il motivo è inammissibile per difetto di pertinenza alle motivazioni della sentenza gravata, in quanto non censura specificamente la ratio decidendi secondo cui, alla stregua della nota in calce al verbale assembleare, le disposizioni concernente le cassette postali doveva ritenersi puramente indicative e non vincolanti, essendo la relativa efficacia subordinata al consenso dei singoli condomini interessati.

Il ricorso va quindi, in definitiva, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Si dà atto che la sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’Assistente di Studio dott. P.A..

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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