Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18753 del 28/07/2017

Cassazione civile, sez. III, 28/07/2017, (ud. 17/02/2017, dep.28/07/2017),  n. 18753

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3525/2015 proposto da:

D.A.M., DITTA COMPUTER POINT DI I.R.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 106, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALVO D’URSO, rappresentati e

difesi dall’avvocato RAFFAELE GIAMMARINO giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONSORZIO PER L’INDUSTRIALIZZAZIONE VALLI DEL TRONTO DELL’ASO E DEL

TESINO in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUTEZIA 8,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ROSI, rappresentato e

difeso dagli avvocati PASQUALE DI LORENZO, ALESSANDRO DI BATTISTA

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 972/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 13/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La sig.ra D.A.M. e la ditta Computer Point di I.R. convennero in giudizio, dinanzi il Tribunale di Ascoli Piceno, il Consorzio per l’Industrializzazione delle Valli del Tronto per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subìti sulla strada statale (OMISSIS), in località (OMISSIS), allorchè la D.A., alla guida dell’auto di proprietà dello I., era fuoriuscita dalla carreggiata precipitando dentro una buca, a margine della stessa, che assumeva essere nè presegnalata nè protetta.

Instaurato regolarmente il contraddittorio, acquisite prove testimoniali il Tribunale, con sentenza n. 3 del 2007, rigettò la domanda assumendo che la buca fosse segnalata e che non costituisse ostacolo occulto o inevitabile, mentre la responsabilità del sinistro doveva essere ascritta a fatto e colpa del danneggiato.

In appello il Giudice, pur richiamando diffusamente i principi elaborati da questa Corte ed in particolare da questa Sezione, circa l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., e, pertanto, affermando, in astratto, la responsabilità della P.A. anche sul buono stato di manutenzione della zona non asfaltata posta tra i margini della carreggiata e i limiti della sede stradale, cd. “banchina”, in concreto ha escluso la responsabilità della P.A. ed ha ritenuto che l’incidente fosse stato causato dalla velocità tenuta dalla conducente, non adeguata alla situazione della strada. Infatti, ad avviso del Giudice del gravame, la conducente non aveva utilizzato la banchina per manovre d’emergenza o per manovre comunque riconducibili alla normalità o prevedibilità della circolazione stradale, ma per avere perso il controllo dell’autovettura finendo fuori della sede riservata alla circolazione. Vi sarebbe, nel caso in esame, la prova del fortuito con un comportamento del danneggiato tale da interrompere la serie causale del danno.

Conseguentemente la Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 13/12/2013, ha rigettato l’appello, condannando gli appellanti alle spese del grado.

Avverso detta sentenza D.A.M. e Computer Point di I.R. propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste il Consorzio per l’Industrializzazione delle Valli del Tronto dell’Aso e del Tesino con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto – artt. 2051 e 2043 c.c., artt. 1227 e 2697 c.c., artt. 112,132 e 345 c.p.c., artt. 161 e 342 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – nullità della sentenza.

In sostanza i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe modificato il thema decidendum dei due gradi del merito, introducendo l’argomento del fortuito, laddove, invece, il contraddittorio era avvenuto esclusivamente sull’esistenza o meno della visibilità della buca e della sua segnalazione e non sul nesso di causalità tra il fatto e il danno.

Il motivo è infondato. Il giudice non ha affatto ampliato il thema decidendum ma ha semplicemente qualificato la fattispecie, qualificazione che lo ha portato a ritenere che, nel caso in esame, si fosse verificato un evento che rompeva del tutto il nesso di causalità tra il comportamento della P.A. ed il danno sicchè, ponendosi nella prospettiva dell’art. 2051 c.c., ha ritenuto che mancassero gli elementi per poter affermare la responsabilità oggettiva della P.A..

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto – artt. 2043,2051 e 1227 c.c., artt. 132 e 161 c.p.c. – art. 2 T.U. 15.6.1959 n. 393, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – error in procedendo ed in judicando.

Secondo i ricorrenti la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento lesivo.

L’errata ratio decidendi della sentenza impugnata consisterebbe nel ritenere che l’impiego della banchina da parte dell’attrice fosse avvenuto impropriamente, in quanto la stessa sarebbe stata utilizzata non per una manovra di emergenza, costretta da evenienze della circolazione, ma a causa dello sbandamento della sua autovettura.

In sostanza la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto che lo sbandamento, verosimilmente dovuto ad un guasto meccanico, non potesse essere inteso come causa di legittima occupazione della banchina.

Sarebbe stato, invece, adeguato affermare che l’occupazione della banchina fosse legittima, sia per una volontaria manovra di emergenza che per una forzata e involontaria occupazione, dovuta alla perdita di controllo del veicolo a seguito di guasto meccanico.

Il motivo è fondato. La Corte d’Appello ha sussunto il caso sotto la disciplina dell’art. 2051 c.c., premettendo alcuni riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte, confermati dai più recenti arresti. Con particolare riguardo agli anni successivi al 2004 (Cass. 3, n. 19653 del 1/10/2004) fino alle pronunce più recenti (Cass., 3, n. 9547 del 12/05/2015; Cass. 3, n. 10916 del 5/5/2017) questa Corte ha ampliato l’ambito di protezione del danneggiato ai sensi dell’art. 2051 c.c., affermando l’obbligo del custode di provare il fortuito in termini rigorosi, al fine di distribuire tra le parti l’onere probatorio ed estendere la responsabilità del custode sui beni destinati all’uso comune dei cittadini sui quali sia possibile esercitare il controllo (strade, edifici, complessi immobiliari).

Così ha sostenuto, per richiamare un precedente che si attaglia alla fattispecie in esame, che la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata ma si estende anche agli elementi, accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicchè ove si lamenti un danno conseguente alla precipitazione di un veicolo in un burrone fiancheggiante una curva – derivante dalla loro assenza o inadeguatezza – la circostanza che, alla causazione dello stesso, abbia contribuito la condotta colposa dell’utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un’adeguata barriera avrebbe potuto opporre all’urto da parte del mezzo (Cass., 3, n. 9547 del 12/05/2015);

Nel caso in esame la Corte d’Appello, pur partendo da premesse del tutto conformi ai principi elaborati da questa Corte sull’art. 2051 c.c., statuendo che l’ente pubblico proprietario (o gestore) di una strada extraurbana ha l’obbligo di mantenere in buono stato di manutenzione anche la zona non asfaltata posta a livello tra i margini della carreggiata stradale e i limiti della sede stradale, ha poi erroneamente dato assorbente rilievo causale al fatto che l’attrice non avesse utilizzato la banchina per manovre di emergenza o per manovre comunque riconducibili alla normalità e prevedibilità della circolazione stradale, concludendo che la stessa attrice aveva dato luogo, con il proprio comportamento, ad una serie causale autonoma di produzione del danno che andava ad incidere, facendolo venir meno, sul rapporto di custodia tra l’ente pubblico e la strada. Il tutto senza considerare se le conseguenze dell’errata manovra erano state aggravate dallo stato di manutenzione della banchina.

Il motivo merita, pertanto, accoglimento.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,339 e 342 c.p.c., e art. 2051 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5, censurando il capo di sentenza secondo il quale la responsabilità del Consorzio non avrebbe potuto mai essere del tutto esclusa anche in presenza di eventuale responsabilità concorrente della sig.ra D.A. conducente l’autovettura, in quanto l’art. 2051 c.c. non derogherebbe ai principi sul rapporto di causalità e del concorso di cause.

Il motivo è fondato. Una concausa costituita dal fatto del danneggiato, in presenza di una catena causale concorrente non può, perciò solo, escludere il nesso causale tra le condizioni della banchina e l’evento dannoso e, conseguentemente, escludere la responsabilità dell’ente tenuto alla manutenzione della strada ed anche della banchina.

Nel caso in esame riconducibile alla fattispecie dell’art. 2051 c.c., che prevede una responsabilità oggettiva, ferma restando la facoltà del custode di provare che il danno è stato determinato da cause create dal danneggiato, da lui non conoscibili nè eliminabili con immediatezza, neppure con la più efficiente attività di manutenzione (Cass., 3, 30/09/2009 n. 20943), la Corte d’Appello avrebbe dovuto valutare se, pur in presenza di una velocità non adeguata dell’auto condotta dalla D.A., la stessa auto si sarebbe fermata sulla banchina ma non sarebbe finita nella buca, qualora questa fosse stata adeguatamente protetta dall’ente preposto alla manutenzione.

In tema di responsabilità civile, qualora l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell’art. 41 c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute anche se indipendenti dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità tra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l’esclusiva valenza causale di una di esse. In particolare in riferimento al caso in cui una delle cause consiste in una omissione, la positiva valutazione sull’esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l’azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l’evento dannoso ovvero a ridurre le conseguenze, nè può esserne esclusa l’efficienza soltanto perchè sia incerto il suo grado di incidenza causale (Cass., 3, 13/5/2008 n. 11903; Cass., L, 30/11/2009 n. 25236; Cass., 3, 02/02/2010n. 2360; Cass., sez. 6-3, ordinanza 14/07/2011 n. 15537).

Da ciò consegue che anche il terzo motivo merita accoglimento. Complessivamente il ricorso va accolto con riguardo al secondo e terzo motivo (rigettato il primo) e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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