Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1875 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/01/2017, (ud. 24/11/2016, dep.25/01/2017),  n. 1875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14014-2015 proposto da:

INPS, ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29 presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO E ANTONINO SGROI, giusta procura speciale

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI

124, presso lo studio dell’Avvocato GIOVANNI GIRELLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato BRUNO GIUDICEANDREA,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO

SEZIONE DISTACCATA di BOLZANO dell’11/03/2015, depositata il

23/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA;

udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE, difensore del ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380 – bis c.p.c., condivisa dal Collegio e non infirmata dalla memoria depositata dalla parte ricorrente.

2. La Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, rigettando l’impugnazione svolta dall’INPS, ha confermato la sentenza impugnata che, per quanto in questa sede rileva, aveva revocato l’avviso di addebito per il pagamento dei contributi (pari ad Euro 6.674,65) relativi alla disposta iscrizione alla gestione commercianti e confermato l’insussistenza dell’obbligazione contributiva (afferente al periodo aprile 2007 – giugno 2012) per T.O., quale socio unico della Soc.Ser.Com. s.r.l..

3. La Corte territoriale ha escluso la sussistenza delle condizioni per l’iscrizione nella predetta Gestione, atteso che la mera attività di riscossione dei canoni di locazione era inerente al godimento dei beni immobili e non configurava esercizio di attività commerciale.

4. Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inps con un solo motivo.

5. La parte intimata ha resistito con controricorso.

6. Con unico motivo del ricorso l’Inps denunzia la violazione e/o falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1, della L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e segg., della stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2082, 2462, 2468, 2475, 2476 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. ,n. 3; contesta che l’attività svolta dall’intimata fosse esclusa da quelle per le quali è prevista l’iscrizione alla Gestione Commercianti assumendo, al contrario, che la stessa possedeva carattere commerciale, così come si evinceva dalla visura camerale della s.r.l. Soc.Ser.Com., della quale la parte intimata era l’unico socio.

7. Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato, tenuto conto della giurisprudenza di legittimità e dei principi affermati, da ultimo, da Cass. nn. 17370 e 17643 del 2016, la cui motivazione si riproduce integralmente.

8. Invero, la difesa dell’istituto) previdenziale pretende di desumere l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi di carattere meramente presuntivo, che non rilevano sul piano previdenziale e che non scalfiscono la validità della ratio decidendi che è correttamente incentrata sulla rilevata insussistenza dello svolgimento di un’attività commerciale da parte della intimata, essendo stato ben evidenziato che quest’ultima si limitava a riscuotere i canoni degli immobili locati, cioè a goderne i frutti.

9. In concreto, secondo il condiviso ragionamento dei giudici d’appello, si trattava di un’attività che non era finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi, nè ad atti di compravendita o di costruzione, per cui la stessa non esorbitava da quella che era la semplice gestione degli immobili concessi in locazione.

10. Il presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti è lo svolgimento da parte dell’interessato di attività commerciale, che nella specie non risulta.

11. Quanto alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario, la disciplina previgente è stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, che così sostituisce la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1: “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita; b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonchè per i soci di società a responsabilità limitata; c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli.

12. Quindi il presupposto imprescindibile e che per l’iscrizione alla gestione commercianti vi sia un esercizio commerciale, la gestione dello stesso come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di s.r.l. che abbia come oggetto un esercizio commerciale (v., in tal senso, Cass. sez. 6 – Lav., Ordinanza n. 3145 del 2013, richiamata da Cass. 17643/2016 cit.)

13. Il che non ricorre nella specie come descritta in fatto dalla sentenza impugnata, contraddistinta dallo svolgimento della sola attività di riscossione dei canoni di immobili concessi in locazione.

14. Da ultimo, sulla specifica attività di mera riscossione dei canoni di un immobile affittato, questa Corte ha ribadito che: “l’attività di mera riscossione dei canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività d’impresa, indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia una società commerciale (Cass. ord. 11 febbraio 2013, n. 3145), salvo che si dia prova che costituisca attività commerciale di intermediazione immobiliare (Cass. 19 gennaio 2010, n. 845). Ciò in quanto l’eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, in implicito contrasto con il disposto dell’art. 2248 c.c., non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo contributivo di cui difettino i presupposti propri, per come sopra ricostruiti” (così Cass. un. 17370, 17643, 23360, 23439 del 2016).

15. In definitiva, il ricorso va rigettato.

16. Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nell’interpretazione del progressivo assetto legislativo.

17. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Lo. 22035/2014 e alle numerose successive conformi) e di provvedere in conformità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; spese compensate. Ai sensi della L. n. 5 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dichiara sussistenti presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 3, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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