Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18749 del 19/08/2010

Cassazione civile sez. II, 19/08/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 19/08/2010), n.18749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.L.V., (COD.FISC. (OMISSIS)), D.L.

A., (COD.FISC. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA PANAMA 52, presso lo studio dell’avvocato PARODI PAOLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato TUCCI GIUSEPPE;

– ricorrenti –

contro

S.G., (COD.FISC. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ALFREDO FUSCO 3, presso lo studio

dell’avvocato ANDRENELLI ADRIANO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

COM. MONTE SANT’ANGELO, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1059/2004 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/06/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato TUCCI GIUSEPPE difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ANDRENELLI ADRIANO difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 14.10.1994 S.G. convenne davanti al Tribunale di Foggia le sorelle V. ed D.L.A. chiedendo l’accertamento del suo diritto di proprieta’ sul terreno particella (OMISSIS) del catasto rustico di (OMISSIS) nonche’ del cortile interno al fabbricato, particella (OMISSIS), con annessi fondo e cisterna e la declaratoria di insussistenza di diritti reali delle convenute, eccezion fatta per una servitu’ di passaggio, la cessazione di molestie, la condanna alla demolizione di opere abusive ed ai danni, citando anche il Comune di Monte Sant’Angelo, comproprietario dei beni, per comunanza di causa ex art. 106 c.p.c..

Il Comune aderi’ alla domanda mentre le D.L. contestarono la legittimazione dell’attore e, riconvenzionalmente, chiesero l’accertamento della loro proprieta’ e la cessazione delle molestie dell’attore e la rimozione di opere abusive. Dopo lunga istruttoria con prove e ctu il GOA, con sentenza 2.5.2002, accolse quasi per intero le domande attoree, omettendo di provvedere solo sui danni.

Proposto appello dalle D.L., resistettero gli appellati, eccependo l’inammissibilita’ di domande nuove ed impugnando incidentalmente la sentenza per la compensazione delle spese.

Con sentenza 1059/04, la Corte di appello di Bari rigetto’ le impugnazioni, compensando le spese.

Tutte le parti, nel rivendicare la proprieta’, avevano invocato l’acquisto a titolo derivativo (in base ai titoli) nonche’ a titolo originario per usucapione. Prendendo le mosse dal testamento del (OMISSIS), dalla divisione del (OMISSIS), con cui furono formati otto lotti, i diritti dello S. derivavano dall’originario lotto (OMISSIS) ed in particolare da donazione del 23.1.1944, quelli del Comune dal lotto (OMISSIS) e da successivi trasferimenti, quelli della D.L. dal lotto (OMISSIS) sino ad arrivare all’acquisto del (OMISSIS).

Pur non essendo agevole individuare le particelle, vi erano alcuni punti fermi, quali la proprieta’ delle particelle (OMISSIS), oggetto del giudizio, in comune tra S. ed il Comune mentre nell’acquisto delle D.L. si parla della particella (OMISSIS) che individua una porzione di fabbricato rurale, non certo il cortile interno. Ricorrono le D.L. con quattro motivi, illustrati da memoria, resiste S..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si deducono violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizi di motivazione per avere la Corte di appello omesso l’esame del primo motivo di gravame circa la eccepita carenza di legittimazione attiva, posto che Fazione negatoria presuppone il diritto di proprieta’.

La censura, oltre a non riportare testualmente il mezzo richiamato, e’ infondata in quanto la Corte di appello ha esaminato il gravame, riferendo delle contrapposte tesi delle parti e concludendo nel senso della comproprieta’ tra S. ed il Comune delle particelle in contestazione.

Col secondo motivo si deducono violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366. 1367, 1368 c.c., degli atti richiamati, dell’art. 1117 c.c., degli artt. 112. e 116 c.p.c. vizi di motivazione, stante il riconoscimento della comproprieta’ delle D.L. nella perizia allegata all’atto di divisione e col terzo motivo delle stesse norme, ad eccezione dell’art. 1117 c.c. e vizi di motivazione con riferimento a deposizioni testimoniali riportate e col quarto degli artt. 112, 115, 116 e 117 c.p.c. nella valutazione delle prove e vizi di motivazione.

Queste censure possono esaminarsi congiuntamente e respingersi, nonostante il formale corretto richiamo alle norme di ermeneutica contrattuale ed a quelle processuali.

Il convincimento espresso dal giudice a quo risulta, in effetti, raggiunto mediante lo svolgimento d’attivita’ interpretativa dei titoli.

Ne consegue che le ricorrenti avrebbero dovuto prospettare ogni questione al riguardo, anzi tutto, in relazione all’attivita’ ermeneutica posta in essere dal giudice a qua, con puntuale riferimento ai singoli criteri legali d’ermeneutica contrattuale, e solo successivamente, una volta idoneamente dimostrato l’errore nel quale fosse eventualmente incorso al riguardo il detto giudice, avrebbero potuto procedere ad un’utile prospettazione delle ulteriori questioni d’erronea od inesatta applicazione di norme ed istituti, dacche’ la disamina di tali questioni presuppone l’intervenuto accertamento dell’errore sull’interpretazione della volonta’ negoziale e non puo’, pertanto, aver luogo ove manchi siffatto previo accertamento d’un vizio che inficerebbe, sul punto, ab origine l’impugnata pronunzia, costituendo tale interpretazione il presupposto logico – giuridico delle conclusioni alle quali il giudice del merito e’ pervenuto poi sulla base di essa (Cass. 21.7.03 n. 11343, 30.5.03 n. 8809. 28.8.02 n. 12596).

E’ ben vero che le ricorrenti hanno inteso in qualche modo censurare la valutazione degli atti de quibus effettuata dal giudice a qua ed hanno, all’uopo, svolto argomenti in senso contrario, tuttavia, quand’anche vi si volesse ravvisare una denunzia d’errore interpretativo, questa sarebbe, comunque, inidoneamente formulata ed insuscettibile d’accoglimento.

L’opera dell’interprete, infatti, mirando a determinare una realta’ storica ed obiettiva, qual e’ la volonta’ delle parti espressa nel contratto, e’ tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dall’art. 1362 c.c. e segg., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi; pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo, come gia’ visto, fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma e’ tenuto, altresi’, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimita’ (e pluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839. 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753).

Quanto, poi, al vizio di motivazione, la censura con la quale alla sentenza impugnata s’imputino i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 deve essere intesa a far valere, a pena d’inammissibilita’ comminata dall’art. 366 c.p.c., n. 4 in difetto di loro puntuale indicazione, carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicita’ nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, od ancora mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilita’ razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi; non puo’, per contro, essere intesa a far valere la non rispondenza della valutazione degli elementi di giudizio operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte ed in particolare, non si puo’ con essa proporre un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento degli elementi stessi, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma stessa.

Se a cio’ si aggiunge che e’ irrilevante t’asserito riconoscimento di una comproprieta’ risultante da un allegato ad un atto di divisione, nel relativo riquadro, perfettamente compatibile con la comproprieta’ S. – Comune per le particelle (OMISSIS) e con la proprieta’ D.L. per la particella (OMISSIS), non puo’ non concludersi per il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna alle spese, non potendo questa Corte riesaminare il merito a seguito di una diversa lettura proposta dalle ricorrenti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alle spese liquidate in Euro 2000,00 di cui 1800,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2010

 

 

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