Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18749 del 05/09/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18749 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA delle ENTRATE,

in persona del Direttore

generale pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui
uffici in Roma, via dei Portoghesi n.12 è elettivamente
domiciliata.
– ricorrentecontro
CAPISSI AIDA
-intimata-

avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Lombardia n.19/10/09 depositata il 15.1
2009;

Data pubblicazione: 05/09/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15.5.2014 dal Consigliere Dott.Roberta
Crucitti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Ennio Attilo Sepe, che ha concluso per

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la
sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la C.T.R.
della Lombardia, in parziale accoglimento dell’appello
proposto da Aida Capissi, ha riformato la sentenza di
primo grado di rigetto del ricorso proposto dalla
contribuente, di professione avvocato, avverso il
silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione
finanziaria alle istanze di rimborso dell’Irap versata
per gli anni dal 2000 al 2004.
Il Giudice di appello, rilevato che, per gli anni
ricompresi tra il 1997 ed il 2002, la contribuente si
era avvalsa della definizione automatica di cui alla
legge n.289/2002, ha ritenuto non dovuta l’imposta per
gli anni 2003 e 2004 in quanto, dalla documentazione
prodotta, era emerso che la contribuente esercitava la
propria attività con un solo collaboratore,
un’autovettura e strutture di poco valore.
Il ricorso, affidato ad unico motivo, non è resistito
dalla contribuente.

2

l’accoglimento della sentenza impugnata.

Con unico motivo, rubricato violazione dell’art.2 del
d.lgs.n.446/97 in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata
nel capo in cui i secondi giudici, pur avendo accertato
che la contribuente, avvocato, si avvaleva stabilmente
di un collaboratore, hanno ritenuto insussistente il

In materia, l’orientamento ormai consolidato di questa
Corte, ed al quale si intende dare seguito, è nel senso
che l’esercizio per professione abituale di attività di
lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale
costituisce,

secondo

l’interpretazione

costituzionalmente orientata fornita dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001,
presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di
attività autonomamente organizzata. Il requisito
dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento
spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede
di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando
il contribuente che eserciti attività di lavoro
autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il
responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi
inserito in strutture organizzative riferibili ad
altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni
strumentali eccedenti le quantità che, secondo l'”id
quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità
il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività
anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga
in modo non occasionale di lavoro altrui, assumendo

3

requisito dell’autonoma organizzazione.

rilevanza ai fini della sussistenza di una attività
autonomamente organizzata che accresce e potenzia la
capacità produttiva dell’obbligato, anche la presenza
stabile di un solo dipendente.
Costituisce, infine, onere del contribuente che chieda
il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare

tra le tante Cass.n.3678 del 16/02/2007; Ordinanza n.
8556 del 14/04/2011; id n 26161 del 06/12/2011).
Alla luce di tali principi, cui il Collegio
ritiene dare continuità, deve, ritenersi che il
Giudice di merito, pur avendo accertato che il
professionista si avvaleva in modo non occasionale ma
stabile di un collaboratore, non abbia poi fatto
corretta applicazione della normativa di riferimento.
Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la
cassazione della sentenza impugnata e, non essendo
necessari ulteriori accertamenti in fatto, la decisione
nel merito della controversia con il rigetto del
ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.
La particolarità della fattispecie induce a
compensare integralmente tra le parti le spese
processuali dei gradi di merito, mentre, in ossequio al
principio di soccombenza, le spese di questo grado
liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico
dell’intimata.
P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il

4

la prova dell’assenza delle predette condizioni. (cfr.

ricorso introduttivo della contribuente.
Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e
condanna l’intimata alle spese di questo grado di
giudizio, liquidate in complessivi euro 1.000, oltre
rimborso spese forfetarie nella misura del 15% e spese
prenotate a debito.

15.5.2014.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del

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