Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18748 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 23/09/2016, (ud. 06/05/2016, dep. 23/09/2016), n.18748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20196/2013 proposto da:

KLECAR ITALIA SPA, (OMISSIS), in persona del procuratore speciale

Dott. G.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO

20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA DELFINI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALESSANDRO NICOLA

PALLANTE, CHIARA MARIA GUSMITTA giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

LAVASECCO 1 ORA SRL, in persona del legale rappresentante Sig.ra

U.N., elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA ADRIANA 5 SC A/13,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MASIANI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato DARIO BERTINO giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1932/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/05/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO PALLANTE;

udito l’Avvocato ROBERTO MASIANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Klecar Italia s.p.a. intimò alla Lavasecco 1 Ora s.r.l. sfratto per finita locazione in relazione ad un immobile ad uso diverso collocato all’interno di un centro commerciale sito in (OMISSIS).

Il Tribunale di Ivrea accolse la domanda di cessazione del contratto di locazione e ordinò il rilascio dei locali, respingendo le domande riconvenzionali proposte dalla intimata, ivi compresa quella concernente il pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento.

In parziale riforma della sentenza, la Corte di Appello di Torino ha accolto la domanda relativa all’indennità di avviamento, condannando la Klecar al versamento di una somma corrispondente a diciotto mensilità del canone.

Ricorre per cassazione la Klecar, affidandosi a due motivi illustrati da memoria; resiste l’intimata a mezzo di controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha affermato che non è applicabile nella specie la disposizione di cui alla L. n. 992 del 1978, art. 35, rilevando che “l’attività esercitata dall’appellante, pur essendo situata in un centro commerciale, comporta diretti contatti con il pubblico di utenti consumatori, che, recandosi nel centro commerciale, hanno accesso a tutte le attività ivi esercitate, ivi compresa la Lavanderia”; ha rilevato, inoltre, che “la Lavanderia 1 ora aveva iniziato l’attività prima ancora dell’apertura del Centro Commerciale ed aveva una propria clientela, anche distinta da quella del Centro Commerciale, e, quindi, un proprio avviamento, indipendente da quello del Centro”; ha – infine – ritenuto nulla ed improduttiva di effetti (L. n. 392 del 1978, ex art. 79) la clausola n. 23 del contratto di locazione, concernente la “rinuncia della conduttrice ad indennizzo per la perdita di avviamento commerciale”.

2. Col primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 35, richiamando il precedente di legittimità costituito da Cass. n. 810/1997 e assumendo – in conformità ad esso – la “applicabilità analogica dell’esclusione dell’indennità di avviamento prevista nel caso di locazione di immobili ad uso diverso dall’abitativo che siano complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici, anche in caso di locazione di immobili inseriti in Centri Commerciali, in relazione all’art. 12 preleggi”.

Evidenzia che l’art. 35, ha inteso negare l’indennità nelle ipotesi in cui ricorra un “avviamento parassitario”, ossia laddove “la clientela non è un prodotto dell’attività del conduttore, ma è un riflesso della peculiare collocazione dell’immobile in un complesso più ampio i cui utenti garantiscono un flusso stabile di domanda” ed esclude che l’elencazione contenuta in tale articolo abbia carattere tassativo, assumendo che sia la lettera che la ratio della norma ne consentono l’applicazione analogica (tanto più che il legislatore del 1978 non avrebbe potuto prevedere espressamente l’ipotesi di immobili interni o complementari ai centri commerciali, trattandosi di strutture all’epoca non presenti nella realtà socio-economica del Paese).

Rileva, inoltre, la ricorrente che la natura complementare dell’immobile condotto dalla Lavasecco era risultata pienamente accertata e che la stessa clausola n. 23 del contratto – benchè improduttiva degli effetti della rinuncia – conteneva un ampio riconoscimento della complementarietà dell’attività della Lavasecco e del fatto che la conduttrice avrebbe goduto dell’avviamento proprio del centro commerciale.

Conclude pertanto per l’applicazione analogica della disposizione della L. n. 392 del 1978, art. 35, e per la consequenziale esclusione dell’indennità in favore della Lavasecco.

2.1. Col secondo motivo – che deduce anch’esso la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 35 – la Klecar censura la sentenza per non aver considerato che nelle locazioni di immobili interni ad un centro commerciale difetta la stessa possibilità di contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, giacchè “il negozio è soltanto un reparto di vendita, privo di sostanziale autonomia”; rilevato che “il singolo negoziante non ha la possibilità di aprire il negozio al pubblico e di entrare in contatto con la potenziale clientela” (in quanto l’apertura e l’afflusso dei clienti sono regolati direttamente dal Centro), la ricorrente evidenzia come “non si possa rinvenire un contatto diretto con il pubblico in tutti i casi in cui al negoziante sia integralmente preclusa la possibilità di avere un’autonoma interazione con esso”.

3. Il precedente di legittimità richiamato dalla ricorrente, costituito da Cass. n. 810/1997, ha affermato che “in caso di cessazione della locazione di un bene su un immobile complementare nella specie spazio scoperto, adibito a stazionamento di un camion per la vendita di panini e bevande, situato su un’area di parcheggio per i clienti di un esercizio commerciale – non spetta al conduttore l’indennità prevista dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 34, perchè da un lato egli ha sfruttato la clientela altrui (cosiddetto avviamento parassitario); dall’altro la fattispecie rientra nell’art. 35, ultima parte della stessa legge essendo le esemplificazioni ivi indicate (immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali) suscettivi di interpretazione analogica”.

Tale sentenza si snoda attraverso questi passaggi:

– la ratio sottesa alla L. n. 392 del 1978, art. 34, è quella di “ripristinare l’equilibrio economico e sociale turbato” per effetto della cessazione della locazione e “la prevista indennità si giustifica nei confronti del conduttore quale compenso per la perdita dell’avviamento che egli, con la sua operosità, ha creato nei locali”;

– del tutto coerentemente – come evidenziato anche da Corte Cost. n. 264/1992 – l’art. 35 prevede un’esclusione “giustificata dal fatto che l’avviamento non è frutto della attività del conduttore, perchè il locale, per la sua posizione, gode dell’avviamento di altri locali ai quali esso è complementare o partecipante”;

-“non esiste tra l’art. 34, ed il successivo art. 35… un rapporto norma “generale” (la prima) – norma “speciale”, che faccia eccezione alla precedente (la seconda), ai sensi dell’art. 14 preleggi” e deve pertanto “escludersi che l’elencazione contenuta nell’art. 35 sia tassativa”;

– sia la lettera (formulata “in termini chiaramente descrittivi e senza alcuna pretesa di dettare una disciplina inderogabile”) che la ratio della norma (volta ad escludere l’indennità in caso di avviamento parassitario) consentono di ritenere possibile l’applicazione analogica, essendo “irrazionale ritenere che detto avviamento parassitario sussista – per volontà di legge-unicamente ed esclusivamente “in caso di immobili interni a stazioni ferroviarie, porti aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici” e non anche in altre ipotesi in cui l’immobile sia “interno” ad altra struttura simile”.

4. Esaminando congiuntamente due motivi, ritiene il Collegio che, a prescindere da ogni considerazione di natura generale sulla tassatività o derogabilità della elencazione contenuta nell’ultima parte della L. n. 392 del 1978, art. 35, ricorrano nel caso di specie le condizioni per il riconoscimento dell’indennità.

4.1. Premesso che il bene tutelato dalle disposizioni degli artt. 34 e 35, L. cit. è costituito dall’avviamento creato dal conduttore a mezzo dello svolgimento della propria attività nell’immobile locatogli, l’indennità è volta a ripristinare l’equilibrio economico e sociale normalmente turbato per effetto della cessazione della locazione, così da compensare il conduttore della utilità perduta e da evitare che il locatore si avvantaggi dell’incremento di valore acquisito dall’immobile per effetto dell’attività svoltavi dal conduttore (cfr. Corte Cost. n. 264/1992);con tale strumento, che svolge un’evidente “funzione calmieratrice del mercato locatizio” (Cass. n. 14461/2005), il legislatore ha inteso tutelare la “conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese il cui avviamento sia strettamente collegato all’ubicazione dell’immobile”, e ciò sia disincentivando le richieste di cessazione della locazione da parte del locatore, sia facilitando, grazie alla corresponsione dell’indennità, la ripresa in altra sede dell’attività, nel caso in cui si addivenga al rilascio (cfr. Corte Cost. n. 30071983).

4.2. Queste essendo le fnalità dell’istituto, il legislatore – pur senza richiedere, caso per caso, la dimostrazione che alla cessazione della locazione sia conseguito un concreto pregiudizio (cfr. ex multis, Cass. n. 14461/2005) – ha inteso collegare l’indennità alla sussistenza di un effettivo avviamento che possa, almeno astrattamente e secondo l’id quod plerumque accidit, subire pregiudizio a seguito della cessazione della locazione e del trasferimento del conduttore.

Su questa premessa, ha pertanto escluso che l’indennità sia dovuta in caso di “attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori”, nonchè in relazione “all’esercizio di attività professionali” e di “attività di carattere transitorio” e, altresì, per i rapporti di locazione relativi “agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici”.

Tutte le ipotesi considerate si connotano per il fatto che non sia neppure astrattamente ipotizzabile un pregiudizio all’avviamento in conseguenza della cessazione della locazione.

E infatti:

– il pregiudizio non ricorre evidentemente nel caso in cui difetti, in radice, quel contatto diretto col pubblico degli utenti e dei consumatori che costituisce elemento indefettibile di ogni avviamento;

– neppure è ipotizzabile alcun pregiudizio laddove l’avviamento esista o possa esistere (come nel caso delle attività professionali e delle attività di carattere transitorio), ma non sia configurabile un turbamento dell’attività a seguito della cessazione della locazione (nel caso del rapporto professionale che, essendo caratterizzato da uno spiccato intuitus personae, non risente, di norma, del trasferimento della sede del professionista) oppure non si ponga la necessità di tutelare la conservazione dell’impresa in un determinato immobile (nel caso di attività che nascono come transitorie);

– quanto all’ultima categoria, il legislatore ha evidentemente escluso a priori che l’afflusso degli utenti e consumatori in una delle strutture elencate (stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, arte di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici) possa generare un avviamento “proprio” degli immobili ad esse “complementari o interni”, ossia dipendente dalla capacità attrattiva dell’attività in essi svolta e dalla operosità del conduttore; e ciò in base della condivisibile considerazione che l’accesso ad uno dei locali complementari o interni avviene -di norma- per puro caso e per il fatto che l’utente si trovi a transitare o ad alloggiare nella struttura principale (si pensi al bar di un aeroporto o di un’area di servizio o al negozio interno ad un albergo o ad un villaggio turistico), alla quale è dunque riferibile, in modo esclusivo, la capacità di richiamo della clientela; in tali situazioni, qualunque avviamento relativo all’immobile complementare o interno sarebbe dunque meramente parassitario -in quanto costituente “un riflesso della peculiare collocazione dell’immobile in un complesso più ampio i cui utenti garantiscono di per sè un flusso stabile di domanda” (Corte Cost. n. 264/1992- e non idoneo a giustificare il riconoscimento dell’indennità.

4.3. Ciò premesso e considerato che la L. n. 392 del 1978, art. 35, non contempla l’ipotesi del negozio interno o complementare ad un centro commerciale, ritiene il Collegio che la valutazione circa la spettanza o meno dell’indennità debba compiersi non per effetto dell’applicazione analogica della norma (cui osta, ex art. 14 preleggi, la “natura di norma derogatoria della regola generale” ad essa riconosciuta da Corte Cost. cit.), quanto piuttosto sulla base di un accertamento che, alla luce della evidenziata ratio degli artt. 34 e 35, verifichi se il locale complementare o interno al Centro sia idoneo a produrre un avviamento “proprio”, quale effetto diretto dell’attività in essa svolta dal conduttore.

Va considerato, al riguardo, che:

– tenuto conto delle dimensioni molto ampie e della proposta commerciale estremamente diversificata (anche maggiore di quella offerta da una qualunque strada deputata agli acquisti nei centri cittadini), i centri commerciali assumono una funzione attrattiva di clientela che costituisce – a ben vedere – il risultato del richiamo operato dalle singole attività che vi hanno sede, in una sorta di sinergia reciproca;

– in una situazione siffatta, non è – di norma – possibile distinguere un avviamento “proprio” del centro che non sia anche “proprio” di ciascuna attività in esso svolta (semprechè -ovviamente – la stessa comporti contatti col pubblico degli utenti e dei consumatori e non abbia natura professionale o carattere transitorio), dal che consegue che anche in relazione ai contratti di locazione relativi ad immobili interni o complementari a centri commerciali deve essere riconosciuta l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale laddove ricorrano le condizioni di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 34;

– nè può valere ad escludere l’avviamento dei singoli negozi interni o complementari la circostanza che le modalità di afflusso della clientela siano regolate dal Centro (quanto all’individuazione dei giorni e dell’orario di apertura o quanto alla gestione delle operazioni materiali di apertura dei cancelli e di controllo degli accessi) giacchè ciò che rileva è la capacità di attrazione della clientela, che dipende – come per ogni “zona commerciale” – dal complesso delle attività che vi sono insediate;

– con specifico riferimento all’attività di lavanderia (esercitata – nel caso – dalla controricorrente), non pare possibile ipotizzare un contatto puramente casuale con la clientela del Centro, se solo si considera che il cliente vi si rivolge appositamente, portando con sè gli indumenti o quant’altro intenda far lavare; la lavanderia ha dunque una clientela propria, ancorchè condivisa con altri esercizi del Centro, che la sceglie e che continua a sceglierla se, per effetto dell’attività prestata, si sia creato quel rapporto di fiducia e di gradimento commerciale che induce il cliente a continuare ad utilizzarla e che integra, per l’appunto, l’avviamento.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

6. In considerazione della novità della soluzione adottata rispetto al precedente di legittimità invocato dalla ricorrente, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

7. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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