Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18746 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 23/09/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 23/09/2016), n.18746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23167/2013 proposto da:

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, (OMISSIS) in persona del

Ministro in carica, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per

legge;

– ricorrenti –

contro

D.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI

63, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO TERRIGNO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BIAGIO RICCIO giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.E., M.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2530/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato M. TERRIGNO per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. D.E. e M.A., in proprio e in qualità di genitori esercenti la potestà sulla minore V., convennero in giudizio il ministero della pubblica istruzione nonchè il provveditorato agli studi di (OMISSIS) e la Direzione didattica della scuola materna di (OMISSIS) chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla minore in conseguenza dell’infortunio occorsole il (OMISSIS), durante l’orario scolastico, mentre giocava su un’altalena.

Si costituì il convenuto Ministero chiedendo il rigetto della domanda e assumendo che non poteva essere addebitata alcuna responsabilità all’insegnante attesa l’imprevedibilità del gesto compiuto dalla minore.

Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Afragola, accolse la domanda nei confronti del solo ministero che condannò al pagamento in favore degli attori della complessiva somma di Euro 7213 oltre interessi legali dalla data della sentenza e alle spese processuali.

2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 2530 del 6 luglio 2012.

3. Avverso tale decisione, propone ricorso in Cassazione il ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca sulla base di 2 motivi.

3.1 Resiste con controricorso D.V..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. e art. 2048 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Lamenta il ministero che la sentenza è errata laddove non tiene conto dell’esimente del caso fortuito e della causa non imputabile. Sostiene, infatti, che la corte territoriale inquadrando la fattispecie nel regime della responsabilità contrattuale avrebbe dovuto applicare il regime probatorio che presiede tale responsabilità ed il cui limite è rappresentato dalla inesigibilità della prestazione. Conseguentemente, il giudice del merito non ha fatto corretta applicazione del regime probatorio applicabile al caso di specie, secondo cui sul convenuto incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile secondo la giurisprudenza costante in tema di danno da auto-lesione.

Il motivo è infondato.

Il giudice del merito non è incorso in nessuna delle violazioni addebitategli. Infatti il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza che con logica e congrua motivazione ha sostenuto che (pag. 3-4 sentenza) le risultanze probatorie acquisite al processo non hanno consentito di ritenere raggiunta la prova liberatoria e cioè che l’evento è stato determinato da un fatto non imputabile all’amministrazione scolastica ed aggiunge atteso che neppure l’appellante ha fatto menzione di una specifica prova liberatoria che il primo giudice avrebbe omesso di valutare (…).. E ciò in linea con i principi che si sono delineati in materia (Cass. n. 20475/2015).

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2059 c.c.”.

Il ricorrente censura la sentenza della Corte d’Appello per ciò che concerne l’an ed il quantum del danno ed in particolare perchè ha erroneamente liquidato il danno morale non considerando che tale voce di danno rientra nella categoria generale del danno biologico non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate.

Anche tale motivo è infondato.

La natura unitaria del danno non patrimoniale, espressamente predicata dalle sezioni unite di questa Corte, deve essere intesa secondo tale insegnamento, come unitarietà rispetto alla lesione di qualsiasi interesse costituzionalmente rilevante non suscettibile di valutazione economica (Cass. S.U. n. 26.972/2008). Natura unitaria sta a significare che non v’è alcuna diversità nell’accertamento e nella liquidazione del danno causato dalla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, sia esso costituito dalla lesione alla reputazione, alla libertà religiosa o sessuale, piuttosto che a quella al rapporto parentale. Natura onnicomprensiva sta invece a significare che nella liquidazione di qualsiasi pregiudizio non patrimoniale, il giudice di merito deve tener conto di tutte le conseguenze che sono derivate dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitorie attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e di non oltrepassare una soglia minima di apprezzabilità, onde evitare risarcimenti cosiddetti bagattellari (Cass. n. 7766/2016, Cass. 4379/2016).

Nel caso di specie il giudice del merito ha valutato il quantum del risarcimento in modo congruo ed in linea con i principi di questa Corte.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.800,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della assistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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