Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18746 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 18746 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DI PAOLANTONIO ANNALISA

ORDINANZA

sul ricorso 11804-2013 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA C.F. 8018440587, in persona
del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI
PORTOGHESI 12;
– ricorrente contro
2018
1217

SANFRATELLO SERGIO C.F. SNFSRG59D12Z352K, domiciliato
in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato VINCENZO RICCARDI, giusta delega in
atti;

Data pubblicazione: 13/07/2018

- controricorrente e ricorrente incidentale

avverso la sentenza n. 1614/2012 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/05/2012 R.G.N.

4252/2010.

R.G.11804/2013

RILEVATO CHE
1. la Corte di Appello di Napoli ha respinto l’appello principale proposto dal Ministero della
Giustizia avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva riconosciuto il
diritto di Sergio Sanfratello a beneficiare della previsione di cui all’art. 1 della legge n.
336/1970 ed aveva condannato il Ministero alla corresponsione delle differenze
retributive, da quantificare in separato giudizio;
2. la Corte territoriale ha evidenziato che la giurisprudenza di legittimità invocata

applicano solo ai soggetti rimasti coinvolti in modo diretto ed immediato negli effetti del
trattato di pace, si è formata in relazione a fattispecie diverse da quella oggetto di causa,
giacché per i connazionali rimpatriati dalla Tunisia l’equiparazione è stata espressamente
prevista dalla legge n. 1306/1960 e condizionata al possesso del relativo attestato
rilasciato dalle autorità consolari, prodotto dal Sanfratello, il quale aveva depositato la
dichiarazione del Consolato Generale d’Italia in Tunisi che certificava il rientro, avvenuto
nel giugno 1962, in conseguenza degli avvenimenti indicati nella richiamata legge n.
1306/1960;
3.

il giudice di appello ha ritenuto inammissibile l’impugnazione incidentale del

Sanfratello, volta ad ottenere anche la diversa maggiorazione prevista dall’art. 2 della
legge n. 336/1970 ai fini della pensione e dell’indennità di buonuscita, ed ha rilevato che
correttamente il Tribunale aveva limitato la pronuncia al beneficio previsto dall’art. 1,
atteso che il ricorso di primo grado si riferiva solo a quest’ultimo;
4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia sulla
base di due motivi, ai quali ha opposto difese Sergio Sanfratello, che ha notificato ricorso
incidentale affidato a quattro censure;
5. il ricorrente incidentale ha tardivamente depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod.
proc. civ..

CONSIDERATO CHE

1. il primo motivo del ricorso principale denuncia ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
violazione e falsa applicazione dell’art.

1 della legge 24 maggio 1970 n. 336, perché la

norma è applicabile solo a coloro che sono stati coinvolti in maniera immediata e diretta
negli effetti del trattato di pace del 1947 e non è estensibile ai profughi rimpatriati in
epoca più recente in conseguenza dei nuovi assetti politici emersi in vari Stati dalla fine
del conflitto ad oggi;
2. con la seconda censura il Ministero si duole della violazione dell’art. 3 della legge n.
1306/1960, secondo il quale «i benefici di cui alla presente legge avranno termine con la

dall’appellante principale, secondo la quale i benefici previsti dalla legge n. 336/1970 si

cessazione delle analoghe provvidenze stabilite dalle vigenti disposizioni in materia di
assistenza in favore dei profughi » e rileva che nel 1962, anno in cui il Sanfratello rientrò
in Italia con la propria famiglia, la richiamata legge n. 1306/1960 aveva ormai esaurito i
suoi effetti;
3. il primo motivo del ricorso incidentale, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc.
civ., addebita alla sentenza impugnata la violazione della legge n. 336/1970 perché i
benefici previsti rispettivamente dagli artt. 1 e 2 della legge sono cumulabili ed erano
stati entrambi richiesti con l’originario atto introduttivo;
4. con la seconda censura il Sanfratello si duole della violazione dell’art. 113 cod. proc.

inammissibilità dell’appello, il mancato espresso richiamo nel ricorso introduttivo di primo
grado all’art. 2 della legge n. 336/1970, giacché la prestazione era stata richiesta e
spettava al giudice qualificare la fattispecie ed individuare la norma relativa;
5. il terzo motivo del ricorso incidentale denuncia ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. «difetto
assoluto di motivazione per manifesta illogicità e/o contraddittorietà manifesta circa un
punto decisivo della controversia» e ribadisce che la prestazione prevista dall’art. 2 della
richiamata legge n. 336/1970 era stata richiesta nelle conclusioni di cui ai punti 2 e 3 del
ricorso di primo grado, reiterate in grado di appello;
6. con la quarta critica il ricorrente incidentale addebita alla sentenza impugnata la
violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. perché non poteva
essere disposta la compensazione delle spese in considerazione della soccombenza del
Ministero;
7.

è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa del

controricorrente in relazione alla asserita mancanza o insufficienza della esposizione dei
fatti di causa;
8. le Sezioni Unite di questa Corte hanno evidenziato che la “esposizione sommaria dei
fatti di causa” non richiede né la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto
degli atti processuali né che “si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la
vicenda processuale s’è articolata”, essendo sufficiente una sintesi della vicenda
“funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza
impugnata” ( così in motivazione Cass. S.U. 11.4.2012 n. 5698);
9. le stesse Sezioni Unite hanno anche significativamente aggiunto che “il ricorso non può
dirsi inammissibile quand’anche difetti una parte formalmente dedicata all’esposizione
sommaria del fatto, se l’esposizione dei motivi sia di per sé autosufficiente e consenta di
cogliere gli aspetti funzionalmente utili della vicenda sottostante al ricorso stesso”;
10. nel caso di specie, poiché il ricorso è incentrato sull’erronea interpretazione della
legge n. 336/1970, le indicazioni contenute nello “svolgimento del processo” risultano
sufficienti al raggiungimento dello scopo;

9

Ab

civ. e rileva che la Corte territoriale non poteva valorizzare, ai fini della dichiarazione di

11. le censure hanno la necessaria attinenza al decisum e sviluppano argomenti che, pur
nella loro sinteticità, mediante il richiamo a precedenti di questa Corte, valgono a
confutare le ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, sicché non sussiste
l’eccepito difetto di specificità dell’impugnazione
12. il primo motivo del ricorso principale è fondato perché la sentenza impugnata ha
errato nell’interpretazione dell’art. 1 della legge n. 336/1970, con il quale il legislatore ha
previsto che «i dipendenti civili di ruolo e non di ruolo dello Stato, compresi quelli delle
Amministrazioni ed aziende con ordinamento autonomo, il personale direttivo e docente
della scuola di ogni ordine e grado ed i magistrati dell’ordine giudiziario ed

guerra, orfani, vedove di guerre, o per causa di guerra, profughi per l’applicazione del
trattato di pace e categorie equiparate, possono chiedere una soia volta nella carriera di
appartenenza la valutazione di due anni o, se più favorevole, il computo delle campagne
di guerra e del periodo trascorso in prigionia, in internamento, per ricovero in luoghi di
cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti
combattenti o in prigionia di guerra o internamento, ai fini dell’attribuzione degli aumenti
periodici e del conferimento della successiva classe di stipendio, paga o retribuzione»;
13. questa Corte ha da tempo affermato che il beneficio è riservato ai «profughi per
l’applicazione del trattato di pace», ossia non a tutti i profughi, ma soltanto a coloro che
sono stati coinvolti in maniera immediata e diretta negli effetti del trattato di pace, e da
ciò ha tratto la conseguenza che le «categorie equiparate» sono solo quelle che abbiano
ottenuto la parificazione, non già ai profughi indistintamente, bensì in modo specifico a
coloro che sono stati pregiudicati direttamente o indirettamente dalle conseguenze del
secondo conflitto mondiale (cfr. fra le tante Cass. n. 5335/2014, Cass. n. 2641/2012,
Cass. n. 25979/2010, Cass. 28717/2011, Cass. n. 3749/1998, Cass. n. 1321/1985, Cass.
n. 5873/1984, Cass. n. 3761/1982, Cass. n. 1921/1980;
14. l’art. 1 della legge n. 1306/1960, che la Corte territoriale ha richiamato a fondamento
della decisione, prevede che « ai connazionali rimpatriati dall’Egitto in conseguenza degli
avvenimenti ivi verificatisi nell’ottobre 1956 ed a quelli temporaneamente assenti
dall’Egitto cui gli avvenimenti stessi hanno reso impossibile il ritorno, nonché a quelli
rimpatriati dalla Tunisia dal gennaio 1959, per la situazione determinatasi nei loro
confronti a seguito dei provvedimenti di carattere generale entrati in vigore in quel Paese
e sempre che siano in possesso del relativo attestato rilasciato dalle autorità consolari,
sono estese tutte le provvidenze spettanti ai profughi secondo le leggi 4 marzo 1952, n.
137, e successive.»;
15. si tratta, quindi, di un’equiparazione che non presenta i requisiti richiesti dall’art. 1
della legge n. 336/1970, come interpretato da questa Corte, perché ai connazionali
rimpatriati dalla Tunisia sono state genericamente estese le provvidenze spettanti ai

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amministrativo, ex combattenti, partigiani, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di

profughi e non è stata disposta una specifica equiparazione ai «profughi per l’applicazione
del trattato di pace», ai quali solo è stato riservato il beneficio che qui viene in rilievo;
16. va sottolineato al riguardo che la legge n. 137/1952, alla quale rinvia la legge n.
1306/1960, attribuisce la qualità di profugo agli appartenenti ad una pluralità di
categorie, per le quali lo stato di bisogno non necessariamente è sorto in conseguenza
dell’applicazione del Trattato di pace, essendo considerati profughi anche i residenti nel
territorio nazionale costretti a lasciare la propria abitazione, in quanto distrutta o
dichiarata inagibile ( art. 1 n. 4 e art. 2, comma 4), nonché i cittadini italiani rientrati
dall’estero a causa del conflitto bellico ( art. 1 n. 3 e art. 2 comma 3);

la distinzione contenuta nella precedente legislazione tra profughi di guerra e per il
trattato di pace, da un lato, e connazionali rimpatriati, ossia profughi di più recente data,
dall’altro…. La distinzione conserva, tuttavia, la sua rilevanza per le provvidenze anteriori
alla legge e, in particolare, per quelle previste dalla legge a favore degli ex combattenti…
in questi casi, infatti, è sembrato che se la comunanza dei pericoli ha giustificato
l’estensione delle provvidenze previste per gli ex combattenti anche ai profughi di guerra
ingiustificato sarebbe invece estendere le stesse provvidenze a soggetti colpiti da
sventure degne certamente di attenta considerazione legislativa, ma tuttavia molte
diverse per tempo e per natura dagli eventi bellici» ( Cass. n. 3749/1998);
18. da detti principi, ai quali va data continuità perché condivisi dal Collegio, discende la
fondatezza del primo motivo del ricorso principale, che assorbe la seconda censura ed il
ricorso incidentale;
19. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, cod.
proc. civ., con il rigetto dell’originaria domanda;
20.

la complessità del quadro normativo e l’assenza di precedenti di questa Corte

riguardanti la categoria di profughi che qui viene in rilievo ( tutte le pronunce citate si
riferiscono ai profughi libici) giustificano l’integrale compensazione delle spese di
entrambi i gradi del giudizio di merito;
21. vanno, però, poste a carico del controricorrente le spese del giudizio di legittimità,
liquidate come da dispositivo;
22. la fondatezza del ricorso principale e il dichiarato assorbimento del ricorso incidentale
rendono inapplicabile alla fattispecie l’art. 13 c. 1 quater del d.P.R. n. 115/2002.

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo motivo e il
ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta
l’originaria domanda. Compensa integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi del
giudizio di merito e condanna Sergio Sanfratello al pagamento delle spese del giudizio di

4

17. questa Corte ha anche evidenziato che solo con la legge n. 763/1981 «viene a cadere

legittimità, liquidate in C 4.000,00 per competenze professionali, oltre spese prenotate a
debito.
Così deciso nella Adunanza camerale del 21 marzo 2018

Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa D

Il Presidente

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