Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18745 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/07/2017, (ud. 22/11/2016, dep.28/07/2017),  n. 18745

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6822-2012 proposto da:

M.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO DE ANGELIS, che

lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA, in

persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

e contro

UNITA’ DI RICERCA PER LA VALORIZZAZIONE QUALITATIVA DEI CEREALI,

MA.BE., M.R.;

– Intimati –

avverso la sentenza n. 1282/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 27/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato ROBERTO DE ANGELIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27/9/2011 la Corte d’Appello di Torino – Sezione specializzata agraria -, quale giudice del rinvio disposto da Cass. n. 8725 del 2010, in parziale accoglimento del gravame interposto dal C.R.A. Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (subentrato all’Istituto sperimentale per la cerealicoltura) e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Novara -Sezione specializzata agraria – 19/11/2001, ha rideterminato in diminuzione l’ammontare liquidato dal giudice di prime cure in favore del sig. M.L. a titolo di indennità per miglioramenti apportati al fondo agricolo dal medesimo già condotto in affitto, riconoscendo dovuta quella per la costruzione del pozzo artesiano ed esclusa viceversa quella per i dedotti lavori di spianamento. Con condanna del medesimo alla restituzione ex art. 336 c.p.c., comma 1, di quanto in eccedenza ricevuto a tale titolo in esecuzione della sentenza di 1 grado.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il M. propone ora ricorso per cassazione affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso il C.R.A. Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (subentrato all’Istituto sperimentale per la cerealicoltura).

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 418 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo il ricorrente denunzia violazione della L. n. 203 del 1982, art. 17 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è per plurimi profili inammissibile.

Va anzitutto osservato che i motivi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, al “ricorso 14.10.1998 (doc. n. 4, fascicoli atti e documenti di primo grado)”, al “contratto di affittanza agraria ad oggetto il fondo rustico “(OMISSIS)””, alla “convenzione ai sensi della L. n. 203 del 1992, art. 45 in data 26.09.01 (doc. n. 6)”, all'”azione esecutiva presso terzi”, all'”ingiunzione di pagamento pronunciata dal tribunale di Roma”, alla proposta “opposizione, come risulta dalla copia dell’atto (doc. n. 8)”, all’atto di riassunzione del giudizio, alla “domanda restitutoria formulata dalla difesa dell’Istituto”, alle “contestazioni della scrivente difesa”, all'”atto di costituzione” di controparte, ai “miglioramenti… realizzati”, all'”autorizzazione preventiva di cui alla “lettera 24 Agosto 1972 (doc. n. 12 del fascicolo di primo grado dell’Istituto), alla CTU), limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua il ricorrente non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

E’ al riguardo appena il caso di osservare che (anche) ai fini della censura della sentenza emessa dal giudice del rinvio i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo (v., da ultimo, Cass., 17/2/2017, n. 4288).

I requisiti di formazione del ricorso rilevano infatti ai fini della relativa giuridica esistenza e conseguente ammissibilità, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza del merito che in caso di mancanza dei medesimi rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso.

Vale al riguardo richiamare pronunzie di legittimità ove risulta in particolare sottolineato che tale principio (valido oltre che per il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche per il vizio di violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) di autosufficienza del ricorso per cassazione, normativamente recepito all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, va invero sempre osservato, e pertanto anche in ipotesi di non contestazione ad opera della controparte, quando cioè si reputi che una data circostanza debba ritenersi sottratta al thema decidendum in quanto non contestata (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221); come pure nell’ipotesi in cui la S.C. sia (anche) “giudice del fatto”.

Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità il requisito prescritto all’art. 366 c.p.c., n. 3 deve essere infatti dal ricorrente comunque rispettato nella redazione del ricorso per cassazione (come ripetutamente affermato in particolare con riferimento all’ipotesi dell’error in procedendo ex art. 112 c.p.c.: cfr. Cass., Sez. Un., 14/5/2010, n. 11730; Cass., 17/1/2007, n. 978), giacchè pur divenendo la Corte di legittimità giudice anche del fatto (processuale), con potere-dovere di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali, preliminare ad ogni altra questione si prospetta invero quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicchè esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione la Corte Suprema di Cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (v. Cass., 23/1/2006, n. 1221, e, conformemente, Cass., 13/3/2007, n. 5836; Cass., 17/1/2012, n. 539, Cass., 20/7/2012, n. 12664, nonchè, da ultimo, Cass., 24/3/2016, n. 5934 e Cass., 17/2/2017, n. 4288).

A parte il rilievo che come questa Corte – superando il più risalente diverso orientamento (in ordine al quale v. Cass. n. 3499 del 1983, n. 2027 del 1985, n. 12857 del 1992, n. 8652 del 1993, n. 9965 del 2001, n. 2777 del 2003, n. 10335 del 2005. Con riferimento alle controversie agrarie, v. in particolare Cass., 16/11/2007, n. 23815) – ha da tempo avuto modo di porre in rilievo, qualora la domanda riconvenzionale, nelle cause soggette al rito del lavoro -quali le controversie in tema di rapporti agrari- sia stata Il tempestivamente proposta dal convenuto in sede di costituzione, a norma dell’art. 416 c.p.c., l’eventuale inosservanza del disposto dell’art. 418 c.p.c., circa la fissazione di una nuova udienza per la discussione anche di tale domanda riconvenzionale e la notificazione all’attore del relativo provvedimento, resta irrilevante se l’attore stesso, all’udienza già fissata per la trattazione del suo ricorso, abbia accettato il contraddittorio, chiedendo il rigetto delle pretese avversarie (v. Cass., 1/8/2007, n. 16955; Cass., 19/4/1995, n. 4347; Cass., 2/12/1992, n. 12857; Cass., 4/12/1987, n. 9021; Cass., 9/7/1982, n. 4091), deve per altro verso osservarsi che non è nella specie invero ravvisabile la proposizione di alcuna domanda riconvenzionale da parte dell’odierno controricorrente C.R.A. Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (subentrato all’Istituto sperimentale per la cerealicoltura).

Pur essendo stato nella specie il giudizio avanti al giudice del rinvio riassunto dall’odierno ricorrente M., parte appellante in tale sede è infatti rimasto pur sempre il suindicato C.R.A., e la restituzione in suo favore di quanto versato in più in esecuzione della sentenza di primo grado è stata nell’impugnata sentenza disposta in accoglimento del 3 motivo d’appello.

Orbene, risponde a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la richiesta di restituzione di somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado consegue ex art. 336 c.p.c. alla richiesta di modifica della decisione impugnata, sicchè non costituisce domanda nuova, ed è ammissibile in appello (v. Cass., 26/11/2016, n. 1324; Cass., 8/7/2010, n. 16152; Cass., 30/4/2009, n. 1014. E già Cass., 8/8/2002, n. 12011).

A tale stregua, pur dovendo essere a pena di decadenza formulata con l’atto di appello (se, a tale momento, la sentenza sia stata già eseguita, mentre deve essere proposta nel corso del giudizio qualora l’esecuzione sia avvenuta dopo la proposizione dell’impugnazione), operando il giudice di appello come giudice di primo grado, atteso che tale domanda ovviamente non può essere stata proposta precedentemente (v. Cass., 11/06/2008, n. 15461), relativamente ad essa non trova invero applicazione l’art. 418 c.p.c. nella parte relativa alla richiesta di fissazione di una nuova udienza per la discussione.

Non può infine sottacersi che le censure del ricorrente tendono in realtà a un’inammissibile rivalutazione del fatto, il cui accertamento è rimesso al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità in presenza di motivazione come nella specie congrua ed immune da vizi logici e giuridici (v. Cass., 25/1/2012, n. 1028; Cass., 23/2/2006, n. 4009. E già Cass., 20/12/1967, n. 2982).

Emerge dunque evidente come, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente C.R.A. Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, seguono la soccombenza.

Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.

Trattandosi nel caso di ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006 (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) relativamente a giudizio instaurato in primo grado anteriormente all’entrata in vigore della L n. 69 del 2009, e trovando nel caso applicazione non già l’art. 96 c.p.c., comma 3 bensì l’art. 385 c.p.c., comma 4 (giacchè la relativa abrogazione disposta dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 20, è ex 58, comma 1 medesima Legge efficace soltanto per i ricorsi per cassazione proposti dopo l’entrata in vigore di detta legge, contro provvedimenti pronunciati nell’ambito di giudizi introdotti in primo grado dopo di essa: cfr. Cass., 17/2/2017, n. 4288; Cass. n. 5599 del 2014; successivamente, Cass. n. 4930 del 2015; Cass. n. 15030 del 2015; Cass. n. 2684 del 2016), ricorrendone i presupposti (stante l’esistenza di plurime ragioni di inammissibilità deponenti per la colpa grave nella proposizione del ricorso) va ai sensi del suindicato art. 385 c.p.c., comma 4 disposta la condanna del ricorrente al pagamento di ulteriore somma – che si stima equo fissare nella misura di 2/3 dell’importo liquidato come in dispositivo a titolo di onorari del giudizio di cassazione – in favore del controricorrente C.R.A. Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 15.200,00, di cui Euro 15.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore del controricorrente C.R.A. Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura. Condanna il ricorrente al pagamento in favore di quest’ultimo dell’ulteriore somma di Euro 10.000,00 ex art. 385 c.p.c., comma 4.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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