Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18743 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 18743 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: LEONE MARGHERITA MARIA

ORDINANZA

‘124i3 – 201j prepu2tt_ Ho
DELIZIE ALIMENTARI DI BENEDETTI GHERARDO & C. S.N.C.
C.F. 02175480421, in persona del legale
rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA ESCHILO 37, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI BIAGINI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FERNANDO PROSPERI
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2018
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contro

FREDDO GISELLA, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,
rappresentata e difesa dagli Avvocati IACOPO CASINI

Data pubblicazione: 13/07/2018

ROPA, MARCO GINESI giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro
I.N.P.S. C.E.

in persona del legale

80078750587,

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato

dell’avvocato ANTONINO SGROI, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati EMANUELE DE ROSE,
CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO giusta delega in
calce alla copia del ricorso notificato;

resistente con procura

avverso la sentenza n. 273/2013 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 02/04/2013 R.G.N. 414/2010.

in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio

RG. n. 14263/2013

RILEVATO
Che la Corte di appello di Ancona con la sentenza n. 273/2013 aveva
confermato la sentenza con la quale il Tribunale locale, con sentenza non
definitiva, aveva dichiarato che Freddo Gisella aveva prestato attività
lavorativa alle dipendenze della Delizie Alimentari di Benedetti Gherardo &

quaranta ore settimanali dalla data di assunzione ( 31.12.2000) e
conseguente diritto alla corresponsione delle differenze retributive,
ferie,permessi, 13″ mensilità e TFR e regolarizzazione contributiva ;
2)-

che con successiva sentenza definitiva lo stesso Tribunale aveva

condannato la Delizie Alimentari a pagare, per le differenze maturate, la
complessiva somma di E. 26.558,24 oltre al pagamento dei contributi in
favore dell’Inps;
3)-

che la Corte territoriale aveva confermato la decisione rilevando che

l’eccezione di prescrizione non trovava fondamento, poiche’ la stessa
iniziava a decorrere solo dalla cessazione del rapporto di lavoro, trattandosi
di dipendente priva di tutela reale e di rapporto privo di stabilità;
4)- che l’orario di lavoro svolto era risultato accertato da quanto dichiarato
dai testi escussi e che le contestazioni della società, a riguardo risultavano
generiche e non utili a contrastare le risultanze testimoniali;
5) – che la società proponeva ricorso avverso la sentenza, affidandolo a due
motivi cui ha resistito Freddo Gisella con controricorso;
6)- che l’Inps rimaneva intimato;
CONSIDERATO
6)-

che con il primo motivo la società lamenta la violazione e falsa

applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione alla
prescrizione del diritto al riconoscimento delle differenze retributive e
contributive ( art. 2948 n. 4 e 5 c.c.) decorrente nel corso del rapporto di
lavoro;
7)- che secondo consolidato orientamento di questa Corte la mera “stabilità
obbligatoria” – costituita dalla possibilità di una sentenza che, ritenendo
illegittimo il licenziamento, importi per l’imprenditore soltanto l’obbligo di

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C. snc, con mansioni di V livello del CCNL Commercio-Servizi , con orario di

RG. n. 14263/2013

riassunzione in alternativa a quello del risarcimento in favore del lavoratore
– non è parificabile alla (più ampia ed incisiva) tutela “reale” accordata
dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970 e, pertanto, non vale a far decorrere
la prescrizione quinquennale dei crediti del lavoratore anche in pendenza del
rapporto di lavoro;
8)- chel’onere di provare la sussistenza del requisito occupazionale , ai fini

datore di lavoro che tale decorrenza eccepisca, dovendosi ritenere, alla luce
della tutela ex art. 36 Cost., che la sospensione in costanza di rapporto
costituisca la regola e l’immediata decorrenza l’eccezione ( Cass. n.
7640/2012 ; conf. Cass. n.22172/2017);
9)- che alla luce dei principi enunciati non risultano acquisite in giudizio le
condizioni richieste a sostegno della eccezione e dunque alcuna violazione
denunciata, per altro, non sufficientemente specificata, e’ evincibile, con
conseguente rigetto della censura;
10)-

che con il secondo motivo la ricorrente denuncia la omessa ,

insufficiente , contraddittoria motivazione in ordine a fatti controversi e
decisivi per il giudizio, ( ex art. 360 n. 5 c.p.c.), in relazione all’orario di
lavoro osservato dalla lavoratrice , nonche’ l’omessa ed erronea valutazione
delle risultanze processuali con uso distorto del prudente apprezzamento ex
art. 116 c.p.c. ed ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c.in
ordine al requisito della specificità dei motivi di impugnazione;
11)- che, partendo da tale ultimo profilo della censura, se ne deve rilevare
la inammissibilità in quanto non riportati nel ricorso i motivi di gravame
ritenuti affetti dal vizio denunciato, in violazione del principio di
autosufficienza del ricorso;
12)- che gli ulteriori punti del motivo proposto sono sostanzialmente diretti
a censurare la valutazione del Giudice del merito sul materiale probatorio
con sostanziale richiesta di nuovo esame, non consentito nella sede di
legittimità. Come già in molte occasioni affermato “l’esame dei documenti
esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti
e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei
testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le

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della decorrenza del termine in costanza di rapporto di lavoro grava sul

RG. n. 14263/2013

varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la
motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del
merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di
prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare
le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni
singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo

non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la
decisione adottata ( ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016).
La valutazione richiesta non puo’ neppure trovare sponda sul versante
dell’esame della motivazione e della sua denunciata carenza e
contraddittorietà, in quanto le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza
n. 8053/2014 hanno chiarito che “La riformulazione dell’art. 360, primo
comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012,
n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla
luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione
al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si
tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto
attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo
della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze
processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi
sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel
“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza
del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”. L’assenza di precise
indicazioni inerenti una delle ipotesi sopra enunciate rende quindi
inammissibile la censura
13)- che deve infine rilevarsi che, come riferito dalla stessa ricorrente a pq.
6 del ricorso, le parti, nel corso del giudizio di merito, hanno raggiunto un
accordo sulla determinazione delle somme da corrispondere alla lavoratrice,
cosi’ evidenziando la concorde volontà di definire in tal modo la controversia
in evidente contrasto con gli attuali motivi di censura.

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ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene

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Le ragioni esposte rendono infondato il ricorso.
Alcuna disposizione sulle spese nei confronti dell’Inps, rimasta intimato.

P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità, in favore delLcontro_ricorrente,liquidate in
complessivi E.4.000,00 per compensi ed E. 200,00 per esborsi spese
forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Cosi’ deciso in Roma in camera di consiglio in data 22.2.2018

Il Presidente

IL CANC

Maria P

IERE

oia

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