Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18742 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. III, 12/07/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 12/07/2019), n.18742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29706-2017 proposto da:

SACE BT SPA, in persona del suo rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 76, presso

lo studio dell’avvocato ANTONELLA FAIETA, rappresentata e difesa

dall’avvocato VITTORIO SABATINI;

– ricorrente –

contro

ANAS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata ex lege in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE DI SANTE;

– controricorrente –

e contro

R.M., IMPRESA S. ING S. SPA IN LIQUIDAZIONE,

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimati –

Nonchè da:

R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN SABA

7, presso lo studio dell’avvocato SERGIO MAGLIO, rappresentata e

difesa dall’avvocato GENNARO LETTIERI;

– ricorrente incidentale –

contro

ANAS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata ex lege in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE DI SANTE;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

SACE BT SPA, IMPRESA S. ING. S. SPA IN LIQUIDAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 817/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 11/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per l’accoglimento motivi 1-3-4

ricorso principale, accoglimento incidentale che è sovrapponibile

al motivo 3, rigetto nel resto del ricorso principale;

udito l’Avvocato SABATINI VITTORIO;

udito l’Avvocato DI SANTE PASQUALE;

udito l’Avvocato BASTIANELLI PAOLA per delega;

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Sace BT Spa ricorre, affidandosi a cinque motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila che – riformando parzialmente la pronuncia del Tribunale di Teramo che aveva condannato l’A.T.I. Impresa S. Ing. S. Spa e la compagnia di assicurazione Sace B.T. in solido, al risarcimento in favore di R.M. dei danni subiti sull’immobile di sua proprietà a causa dei lavori edili appaltati dall’ANAS per la realizzazione di una variante stradale – ha escluso la legittimazione passiva dell’ATI, affermando quella della società Impresa S. Ing. S. Spa (da ora S.), ed ha riconosciuto la franchigia dedotta dalla compagnia di assicurazione.

1.1. La Corte territoriale, per ciò che interessa in questa sede, ha tuttavia rigettato sia l’appello principale che quello incidentale proposti per l’affermazione della concorrente responsabilità dell’ANAS, in qualità di committente e/o custode del tratto di viabilità sul quale i lavori erano stati eseguiti.

2. Gli intimati hanno resistito con controricorso: la Recchia ha proposto altresì ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo e memoria, rispetto al quale anche l’ANAS si è difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (come rettificato in memoria) la falsa applicazione degli artt. 180 e 183 c.p.c. nel testo previgente, con vizio di sussunzione e violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c. per mancanza assoluta di motivazione in ordine all’eccezione di inoperatività della polizza assicurativa a primo rischio, ritenuta erroneamente tardiva: assume che non rappresentando un’eccezione in senso proprio, ma una mera difesa, doveva ritenersi proponibile senza il limite delle preclusioni, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale che si era riferita, incorrendo in un secondo errore, al termine di cui all’art. 180 c.p.c. vecchio testo, non più vigente in quanto sostituito dall’art. 183 c.p.c..

1.2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1917 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ex art. 360 c.p.c., n. 4: lamenta la mancanza di motivazione in relazione alla eccepita carenza di legittimazione della S. Spa, intervenuta volontariamente a chiamare in garanzia la SACE BT. Assume che l’art. 1917 c.c. prevede che l’assicurazione copre ciò che l’assicurato deve pagare (e non quello che si offre di pagare) e che ciò escluderebbe la copertura di una condanna intervenuta a seguito di intervento volontario.

1.3. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 2049 e 2051 c.c. e dell’art. 112c.p.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Lamenta la mancanza assoluta di motivazione sulla censura riguardante la responsabilità dell’ANAS, ente appaltante, che era stata ingiustamente esclusa.

1.4. Con il quarto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1294 e 1917 c.c.: contesta che la franchigia riconosciuta fosse stata riferita soltanto ai rapporti fra la società e la compagnia e non anche nei confronti della R. (cfr. pag. 12 secondo cpv sentenza).

1.5. Con il quinto motivo, deduce, infine, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1915 c.c. e art. 1910 c.c., commi 1 e 2, nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 132, n. 4, per mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta assenza di prova della condotta dolosa della impresa appaltatrice che non aveva comunicato nè il danno nè l’esistenza delle altre polizze assicurative che dovevano garantire il rischio; e per non aver ottemperato all’obbligo di salvataggio, nell’ottica di riduzione del danno, visto che non era stato assunto alcun provvedimento dopo la manifestazione delle prime forme di danneggiamento.

2. Il primo motivo è fondato ed assorbe il quarto e, parzialmente, il quinto.

2.1. Tralasciando il rilievo riferito all’improprio richiamo della Corte territoriale all’art. 180 c.p.c. (che appare un mero refuso) risultando evidente che l’affermazione della Corte si riferisse all’art. 183 c.p.c., la censura ridonda sull’eccezione di inoperatività della polizza nella quale, secondo la incontestata prospettazione del ricorrente, l’attivazione della garanzia era stata prevista soltanto “a secondo rischio”.

2.2. Al riguardo, questa Corte ha affermato con orientamento al quale il Collegio intende dare seguito che “in tema di assicurazione della responsabilità civile, la cosiddetta eccezione di inoperatività della polizza assicurativa non costituisce un’eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, una mera argomentazione giuridica, volta a contestare il fondamento della domanda con l’assumere l’estraneità dell’evento ai rischi contemplati nel contratto. Essa, pertanto, non può costituire oggetto di abbandono o di tacita rinuncia, neanche ove non sia riproposta nelle conclusioni definitive specificamente formulate, con la conseguenza che, pure in tale ipotesi, permane il potere dovere del giudice di pronunciarsi sulla operatività della polizza già contestata” (cfr. Cass. Cass. 1967/2000; Cass. 15228/2014); ed è stato altresì precisato, sulla scorta dei medesimi presupposti logici che “il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati “ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto” (cfr. Cass. SUU 10531/2013; Cass. 4548/2014; Cass. 27998/2018).

2.3. Tanto premesso in ordine alla natura dell’eccezione in esame, vale la pena osservare che spetta, tuttavia, a chi invoca l’inoperatività della polizza dimostrare che l’assicurato ne aveva già stipulato un’altra, in quanto ciò rappresenta nello stesso tempo il fatto costitutivo dell’eccezione ed il fatto impeditivo per l’accoglimento della domanda.

2.4. Nel caso in esame il ricorrente dà conto della specifica allegazione espressamente articolata (cfr. pag. 9 ricorso) in relazione alla quale la S., oltre a non aver contestato alcunchè, ha addirittura chiamato in causa le altre compagnie con le quali erano state stipulate le polizze a primo rischio (e cioè la RAS Ass.ni Spa e la UNIPOL Ass.ni Spa), mostrando quindi, di aver accettato il contraddittorio sulla questione sollevata.

2.5. La censura, pertanto, deve essere accolta: a ciò consegue anche il logico assorbimento del quarto motivo, riguardante l’applicazione della franchigia, il cui esame è subordinato alla decisione della questione oggetto della prima censura; e del quinto, limitatamente alla parte in cui si lamenta l’assenza di motivazione in ordine all’esclusione del dolo per la mancata comunicazione dell’esistenza di altre imprese assicurative che garantivano “il primo rischio”.

3. Il secondo motivo, invece, è infondato.

3.1. Questa Corte ha avuto modo di affermare che “qualora il terzo spieghi volontariamente intervento litisconsortile assumendo esser lui – e non il convenuto – il soggetto nei cui confronti si rivolge la pretesa dell’attore, la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, nei confronti del quale il giudice può, pertanto, assumere le consequenziali statuizioni” (Cass. 19754/2008; Cass. 743/2012): da ciò si evince che anche la chiamata di terzo rientri fra i poteri dell’interveniente il quale, essendo parte a tutti gli effetti, può anche citare in causa i soggetti che ritiene siano tenuti a garantirlo.

3.2. Al riguardo, l’argomento letterale individuato nella formulazione dell’art. 1917 c.c. (“l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare ad un terzo”) risulta debole e non significativo, visto che sulla scorta dei presupposti sopra richiamati una eventuale condanna a carico del terzo intervenuto lo pone nella medesima condizione del convenuto.

4. Il terzo motivo del ricorso principale, sovrapponibile alla censura prospettata in quello incidentale, deve dichiararsi inammissibile.

4.1. Con la censura in esame si ritiene che la sentenza sia viziata da violazione di legge nella parte in cui esclude la responsabilità dell’ANAS, ente appaltante, nonostante che avesse nominato un direttore dei lavori incaricato, per suo conto, della vigilanza nella esecuzione delle opere; assume al riguardo che la causa del danno doveva essere ricondotta non solo alla carenza di progettazione – in relazione alla quale era da configurarsi la responsabilità della S. – ma anche nella esecuzione della palificazione sulla quale il direttore dei lavori doveva esercitare il suo controllo.

4.2. Tanto premesso, la censura prospetta questioni di merito postulando una rivalutazione delle emergenze istruttorie che i giudici d’appello mostrano di aver esaminato, articolando una motivazione congrua e logica, con la quale risulta che siano stati applicati i principi affermati da questa Corte in materia.

E’ stato infatti ritenuto che “nell’appalto di opere pubbliche, l’appaltatore conserva, anche se in limiti più ristretti rispetto agli appaltatori di opere private (obbligatorietà della nomina del direttore dei lavori, continua ingerenza dell’amministrazione appaltante), ecc.), margini di autonomia, perciò, di regola, è da considerarsi unico responsabile dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori. Sussiste, tuttavia, la responsabilità concorrente e solidale dell’amministrazione committente solo qualora il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite dall’amministrazione committente, mentre una responsabilità esclusiva di quest’ultima resta configurabile solo allorquando essa abbia rigidamente vincolato l’attività dell’appaltatore, così da neutralizzare completamente la sua libertà di decisione. (cfr. Cass. 11356/2002; Cass. 14905/2002; Cass. 519/2003; Cass. 19132/2011).

4.3. Tali principi sono stati seguiti da specifici chiarimenti con i quali è stato affermato che non è esclusa la responsabilità dell’ente appaltante “laddove questi progetti l’opera ed eserciti ampi poteri di indirizzo e sorveglianza nella relativa esecuzione, e la convenzione stipulata con il concessionario-appaltatore preveda che l’attività di progettazione sia controllata e vigilata dal committente e che a quest’ultimo facciano capo ampi poteri di verifica e di redazione degli elaborati progettuali, con condivisione, quindi, dell’errore progettuale che sia posto alla base del danno procurato nella esecuzione dell’opera commissionata” (cfr. Cass. 17697/2011; Cass. 25408/2016).

4.4. Tutte le pronunce sopra riportate, complementari fra loro nel messaggio ermeneutico che intendono veicolare, affidano al giudice di merito la valutazione rigorosamente motivata del grado di autonomia con cui l’appaltatore svolge la propria opera e la correlativa misura di indirizzo e sorveglianza esercitata dall’appaltante.

4.5. Nel caso in esame, la Corte territoriale mostra di aver esaminato le emergenze istruttorie, portate soprattutto dagli accertamenti peritali svolti, proprio al fine di individuare il grado di ingerenza del committente e, specularmente, il livello di autonomia con il quale erano state progettate ed eseguite le opere dalle quali era derivato il danno alla R., giungendo alla motivata conclusione che la responsabilità dell’ANAS doveva essere esclusa.

4.6. La Corte territoriale, infatti, proprio su tale specifica questione, valorizzando l’interruzione del nesso causale riscontrata dalla CTU (cfr. pag. 9 della sentenza nella quale si sottolinea l’autonomia decisionale dell’impresa appaltatrice in relazione alle cause del cedimento della “paratia di micropali tirantata”, ascrivibile alla carente progettazione costruttiva ed all’esecuzione delle opere di contenimento) ha affermato che la responsabilità del committente doveva essere esclusa, in quanto egli non aveva avuto alcuna ingerenza, nè poteri di sorveglianza sul cantiere (cfr. pag. 9 e 10 della motivazione).

Pertanto, la censura proposta che è stata prospettata come violazione di legge maschera, in realtà, una richiesta di nuova valutazione di merito del grado di autonomia della società appaltatrice che, in presenza di un percorso argomentativo congruo e logico come quello sviluppato nella sentenza impugnata, è preclusa a questa Corte (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018)

5. Infine, il quinto motivo, per la parte non assorbita dall’accoglimento della prima censura (cfr. argomentazione al punto 2.5.), è inammissibile.

5.1. La doglianza, infatti, viene ricondotta alla violazione e falsa applicazione dell’art. 1915 c.c., comma 1 e art. 1910 c.c., comma 2 nonchè al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in ordine alla mancanza assoluta di motivi sull’assenza di prova della condotta dolosa dell’impresa assicurata, in relazione “all’obbligo di salvataggio”.

Il ricorrente, con ciò, mostra di non aver colto la ratio decidendi della motivazione (cfr. pag. 11, ultimo cpv) che, sia pur sinteticamente, ma in termini che si pongono al di sopra della sufficienza costituzionale, ha affermato che l’inosservanza dell'”obbligo di salvataggio” non determina automaticamente l’inoperatività della polizza, richiedendosi una condotta dell’assicurato consapevole di tale obbligo e la cosciente volontà di non osservarlo (così come previsto dall’art. 1915 c.c.), della cui dimostrazione è onerato l’assicuratore, in ragione del fatto che il dolo rappresenta un elemento costitutivo della relativa eccezione; e concludendo nel constatare che tale onere non era stato assolto. Tanto premesso, entrambi i profili prospettati richiedono una rivisitazione di merito della questione, non consentita in questa sede per quanto già argomentato in relazione al terzo motivo sopra esaminato in relazione al quale anche l’unico motivo di ricorso incidentale, ad esso sovrapponibile, rimane assorbito.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in relazione al motivo accolto (ed a quelli da esso logicamente assorbiti), con rinvio alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, per il riesame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte,

accoglie il primo motivo di ricorso principale, dichiara assorbito il quarto e parzialmente il quinto; rigetta il secondo motivo e dichiara inammissibili gli altri ed assorbito il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di l’Aquila in diversa composizione per il riesame della controversia e per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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