Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18741 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. II, 10/09/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 10/09/2020), n.18741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20350/2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Torino, Corso Brunelleschi

n. 129, presso lo studio presso lo studio dell’avvocato VALENTINA

SASSANO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 29/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/01/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Torino, con decreto pubblicato il 29 maggio 2019, respingeva il ricorso proposto da M.A., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale, per quel che qui interessa, procedeva alla fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. a), in quanto non era disponibile la videoregistrazione, conformemente alla giurisprudenza di legittimità. Con riguardo all’istanza di audizione del richiedente il Collegio riteneva, sulla scorta della documentazione depositata agli atti e alla luce degli elementi già acquisiti, che la stessa non fosse indispensabile, non essendo necessario richiedere alcun chiarimento alle parti ed in particolare al richiedente.

Il Tribunale rigettava nel merito il ricorso, ritenendo che nella specie mancasse una prova idonea e sufficiente a far ritenere sussistente il pericolo di persecuzione del ricorrente il cui racconto doveva ritenersi inattendibile. Non sussistevano pertanto i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, nè sussistevano elementi per accogliere la domanda di protezione sussidiaria, non essendo ravvisabile il rischio di subire un danno grave in caso di rimpatrio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Nell’area in cui era nato e vissuto il richiedente, il Punjab pakistano al momento della pronuncia non sussistevano, secondo le più accreditate fonti internazionali, scenari attivi di conflitto armato e anzi l’area ospitava anche rifugiati dall’Afghanistan.

Quanto alla domanda di riconoscimento della protezione umanitaria la domanda di rilascio del permesso di soggiorno del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, l’inattendibilità del richiedente non consentiva di riconoscere neanche tale forma di protezione, essendo necessaria l’individuazione dei motivi umanitari per procedere alla comparazione tra le condizioni soggettive che l’avevano spinto alla partenza e la situazione attuale del richiedente.

3. M.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di un solo motivo di ricorso.

4. Il ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’unico motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. a), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

A parere del ricorrente la norma citata garantisce l’audizione giudiziaria obbligatoria con videoregistrazione non essendo sufficiente la lettura del verbale con la fissazione dell’udienza di comparizione.

In ogni caso il tribunale di Torino avrebbe comunque dovuto fissare l’udienza per l’audizione del ricorrente non essendo disponibile la suddetta videoregistrazione ed essendo indispensabile che l’autorità ascolti personalmente il richiedente per accettarne sia la credibilità sia la coerenza intrinseca ed estrinseca del racconto e per valutare l’opportunità di assumere d’ufficio mezzi di prova.

1.1 L’unico motivo di ricorso è infondato.

Nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero (Sez. 1, Sent. n. 5973 del 2019).

Come correttamente osservato dal giudice di prima istanza, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, si limita a prevedere che nel caso di mancata acquisizione della videoregistrazione dell’audizione in sede amministrativa, il giudice deve fissare, come in concreto è avvenuto, l’udienza. Nè rileva che il Tribunale non abbia ricevuto dalla Commissione copia della videoregistrazione e del verbale della sua trascrizione. L’istante neppure assume che tale videoregistrazione abbia avuto luogo.

Il ricorrente da un lato non afferma di essere stato presente all’udienza e dall’altro non spiega per quale ragione, avendo riguardo agli invocati parametri costituzionali, un colloquio non videoregistrato, ma comunque oggetto di verbalizzazione, imponga al tribunale di rinnovare l’audizione dell’interessato. Nè si vede come la lesione del diritto di difesa del richiedente asilo avanti all’organo giurisdizionale possa in definitiva dipendere dalla modalità di registrazione dell’audizione di quel soggetto. E’ da evidenziare, piuttosto, come il tema della rinnovazione dell’interrogatorio avanti al giudice del merito vada affrontato avendo riguardo alla normativa Eurounitaria, alla luce della quale va interpretata quella nazionale che ne costituisce recepimento. Deve peraltro escludersi che in base a tale referente normativo il tribunale sia sempre tenuto a procedere all’audizione del richiedente. Secondo quanto precisato da Corte giust. UE 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko, “la necessità che il giudice investito del ricorso ex art. 46 della direttiva 2013/32 proceda all’audizione del richiedente deve essere valutata alla luce del suo obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc contemplato all’art. 46, paragrafo 3, di tale direttiva, ai fini della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti e degli interessi del richiedente. Tale giudice può decidere di non procedere all’audizione del richiedente nell’ambito del ricorso dinanzi ad esso pendente solo nel caso in cui ritenga di poter effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale con il richiedente in occasione del procedimento di primo grado”, perchè in tal caso ciò si giustifica in funzione dell’interesse a una sollecita definizione del giudizio, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo. Laddove invece il giudice – prosegue la Corte – “consideri che sia necessaria un’audizione del richiedente onde poter procedere al prescritto esame completo ed ex nunc, siffatta audizione, disposta da detto giudice, costituisce una formalità cui esso non può rinunciare”. La Corte di giustizia ha quindi definito la questione pregiudiziale stabilendo che “La direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, e in particolare i suoi artt. 12, 14, 31 e 46, letti alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, deve essere interpretata nel senso che non osta a che il giudice nazionale, investito di un ricorso avverso la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata, respinga detto ricorso senza procedere all’audizione del richiedente qualora le circostanze di fatto non lascino alcun dubbio sulla fondatezza di tale decisione, a condizione che, da una parte, in occasione della procedura di primo grado sia stata data facoltà al richiedente di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di protezione internazionale, conformemente all’art. 14 di detta direttiva, e che il verbale o la trascrizione di tale colloquio, qualora quest’ultimo sia avvenuto, sia stato reso disponibile unitamente al fascicolo, in conformità dell’art. 17, paragrafo 2, della direttiva medesima, e, dall’altra parte, che il giudice adito con il ricorso possa disporre tale audizione ove lo ritenga necessario ai fini dell’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto contemplato all’art. 46, paragrafo 3, di tale direttiva”.

2. Il ricorso è rigettato.

3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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