Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18740 del 01/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 01/07/2021), n.18704

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15429-2019 proposto da:

J.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PELLEGRINO CAVUOTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

FELIX SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4903/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/10/2018.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 6 aprile 2016 J.P. proponeva appello avverso la sentenza del 2 marzo 2016 con la quale il Tribunale di Benevento aveva accolto la domanda proposta originariamente da Equitalia Polis S.p.A. di accertamento dell’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., di un atto di compravendita immobiliare concluso il 21 ottobre 2005 tra l’appellante e la società Felix S.r.l.. Si costituiva l’appellata, nelle more divenuta Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del gravame, comunque, deducendone l’infondatezza. Si costituiva, altresì la società Felix aderendo alle domande formulate dall’appellante; con l’atto di appello Joele insisteva per l’eccezione di prescrizione del credito rilevando che l’effetto interruttivo avrebbe richiesto il perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario dell’atto di citazione, mentre nel caso di specie la prima notifica dell’atto introduttivo non si sarebbe validamente perfezionata. Chiedeva dichiararsi l’estinzione ai sensi dell’art. 307 c.p.c., non avendo la società attrice tempestivamente effettuato la notifica successiva all’assegnazione del termine. Nel merito, contestava l’affermazione del Tribunale che aveva ritenuto l’atto dispositivo successivo al sorgere del credito e riteneva congruo il prezzo di vendita. Infine, rilevava che il trasferimento era stato determinato dalla necessità di definire economicamente i rapporti con il coniuge separato, amministratore della società acquirente;

la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 30 ottobre 2018, rigettava l’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese nei confronti di Equitalia e compensando quelle nei rapporti tra l’appellante e la S.r.l. Felix;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Pasquale Joele. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate-riscossione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il ricorso si deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c., e dell’art. 2901 c.c.. La Corte territoriale non avrebbe motivato correttamente sulla sussistenza del requisito della scientia damni da parte dei convenuti, non valutando adeguatamente le risultanze dell’attività istruttoria espletata. Sotto altro profilo non si comprenderebbe per quale motivo i patti tra gli ex coniugi dovrebbero essere provati solo attraverso atti scritti e non anche con la prova testimoniale;

il ricorso difetta dell’indicazione dell’ipotesi tipica prevista dall’art. 360 c.p.c., cui il vizio dedotto si riferisce. A prescindere da ciò, la violazione l’art. 342 c.p.c., è dedotta senza osservare il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè per contestare la ritenuta inammissibilità del motivo di appello è necessario, oltre che trascrivere, allegare e localizzare all’interno del fascicolo di legittimità il motivo di impugnazione cui si riferisce la pronunzia ex art. 342 c.p.c., soprattutto trascrivere compiutamente la decisione di primo grado, rispetto alla quale la censura è stata ritenuta non specifica;

oltre a ciò, il motivo è inammissibile perchè non coglie nel segno e perchè reitera la mancata impugnazione di una autonoma argomentazione del giudice di appello. Sotto il primo profilo, il quarto motivo di appello è stato ritenuto inammissibile (pagina 5 della sentenza impugnata) per assenza di una parte argomentativa contenente le deduzioni contrapposte alla motivazione del Tribunale, dal punto di vista logico giuridico. In particolare, l’appellante avrebbe sostenuto la tesi (ribadita anche in questa sede) della possibilità di dimostrare anche con la prova costituenda i patti intercorsi tra i coniugi. La Corte territoriale ha evidenziato, però, che l’appellante non ha impugnato l’argomentazione autonoma del Tribunale secondo cui le testimonianze acquisite risultavano inidonee a dimostrare l’esistenza e l’esatto contenuto dei pretesi accordi, in quanto del tutto generiche. Tale profilo, non risulta adeguatamente contrastato, poichè il motivo di ricorso insiste sulla possibilità di dimostrare i patti tra coniugi, anche con strumenti diversi dalla prova scritta (pagina 5 del ricorso). Conseguentemente la censura non coglie nel segno; la questione è rilevante in questa sede ai sensi dell’art. 100 c.p.c., perchè, parte ricorrente, non contrasta una delle due autonome motivazioni (originariamente del Tribunale e) fatte proprie dalla Corte territoriale. Pertanto, anche nell’ipotesi di accoglimento, la decisione impugnata non potrebbe essere cassata, in quanto il ricorrente ha omesso di censurare l’autonoma argomentazione relativa alla inidoneità, comunque, del risultato della prova testimoniale;

le ulteriori censure non sono strutturate quali autonomi motivi di ricorso e, pertanto, sono inammissibili. In ogni caso, le doglianze relative alla scientia damni sono inammissibili in quanto si limitano a ribadire quanto già prospettato in sede di appello e non si confrontano con la decisione impugnata. Al contrario, la Corte territoriale ha correttamente richiamato l’orientamento costante della giurisprudenza riguardo alla necessità della semplice conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, con riferimento agli atti – come quello in esame – conclusi a titolo oneroso, per i quali è richiesta un’analoga consapevolezza in capo al terzo;

la Corte territoriale ha fatto propria la motivazione del Tribunale riguardo alla sussistenza di gravi elementi presuntivi specificamente individuati, tesi a dimostrare la sussistenza di tale presupposto, sia con riferimento alla posizione del debitore, che del coniuge, amministratore del terzo acquirente, rappresentato dalla società Felix S.r.l., costituita dopo la notifica delle cartelle esattoriali. Si tratta di profili che non sono contestati attraverso la specifica individuazione delle argomentazioni in base alle quali la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 2901 c.c., e la relativa giurisprudenza in materia;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 6000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2021

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