Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18736 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 18736 Anno 2018
Presidente: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

sul ricorso 4135/2015 proposto da:
Flachaire Daniel, Mc Company S.A.M., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma,
Piazza di Pietra n.38/39, presso lo studio dell’avvocato Grippiotti
Giovanni Antonio, rappresentati e difesi dall’avvocato Lazzeretti
Gabriele, Roncaglia Pier Luigi, Gavuzzi Elisabetta, giusta procura
speciale alle liti del 9.1.2015 con firma autenticata dal Notaio Henry
Rey e munita di Apostille a firma di Nathalie Rico Segretario Principale

1

rtoi

Data pubblicazione: 13/07/2018

della Direzione dei Servizi Giudiziari dello Stato del Principato di
Monaco;
-ricorrente contro

individuale, elettivamente domiciliato in Roma, Viale Bruno Buozzi
n.51, presso lo studio dell’avvocato Cardi Marcello, rappresentato e
difeso dall’avvocato Favia Giuseppe, giusta procura a margine del
controricorso;
-controricorrente contro
Sport OK di Ottavio Adducchio;
– intimata –

avverso la sentenza n. 4655/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 19/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
08/06/2018 dal cons. I0FRIDA GIULIA.

FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, Sezione Specializzata in materia di
impresa, con sentenza n. 4655/2013, – pronunciata in un giudizio,
promosso da Daniel Flachaire e dalla Mc Company S.A.M.,
rispettivamente titolare e licenziataria esclusiva del marchio «,»,
oggetto di varie registrazioni internazionali estese all’Italia, del 1990
e del 1997, in particolare nella classe relativa ad articoli di
abbigliamento e costumi da bagno, nei confronti di Raffaele Carofialio,

Carofiglío Raffaele, in proprio e quale titolare dell’omonima ditta

in proprio ed in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale,
sita in Bari, e del rivenditore Sport Ok di Ottavio Adducchio, per
sentire accertare la contraffazione, da parte dei convenuti, dei marchi
di titolarità del Flachaire, nonché la concorrenza sleale posta in essere,
ai danni della licenziataria esclusiva, con conseguenti inibitoria

(che aveva accolto tutte le domande attrici, ad esclusione di quella di
nullità dell’altrui marchio, per sua tardività), accertato la
convalidazione del marchio italiano «Banana Moon n. 826904» di
titolarità del Carofiglio, registrato nel 2000, su domanda depositata
nel 1998, ai sensi dell’art.28 C.P.I., respingendo la richiesta, del
convenuto Carofiglio, di declaratoria di decadenza parziale dei marchi
internazionali, per mancato uso nel territorio italiano, nonché le /
domande avanzate dagli attori in primo grado, titolare e licenziataria
degli omonimi marchi internazionali, inclusa quella di nullità del
suddetto marchio italiano.
La Corte d’appello, in particolare, ha ritenuto: 1) dimostrato un usa

«anteriore e datato nel tempo» del segno – Banana Moon – da parte
del Carofiglio – come insegna del negozio di Bari e sui prodotti venduti
nella sola città di Bari, uso tollerato dal Flachaire e dalla S.A.M., e
quindi un preuso non circoscritto alla città di Bari, del segno, da parte
del medesimo (essendo stata costituita nel 1978 la ditta individuale
denominata «Banana Moon» ed essendo stato provato l’uso del segno
su una serie di articoli di abbigliamento, quali jeans, t-shirt ed
accessori); 2) che il comportamento del Carofiglio, volto alla
registrazione del suddetto marchio, nel 1998 (a seguito di una
pregressa domanda del 1983, non accolta per un mero errore di
procedura), non poteva ritenersi improntato a malafede, avendo lo
stesso, successivamente alla ricezione, nel luglio 1998, di una diffida,

risarcimento danni, – ha, in riforma della decisione di primo grado

da parte della licenziataria dei marchi interazionali, provveduto a
depositare di nuovo, nel settembre 1998, la domanda di registrazione
del marchio «Banana Moon», precedentemente depositato ma non
registrato (per mancato pagamento di oneri all’UIBM), in quanto il
Carofiglio era «fortemente convinto di potere vantare propri diritti

nel territorio nazionale dalla sua ditta, ritenendo di avere un diritto
antecedente a quello vantato dagli appellati»; 3) che vi era stata,
quindi, convalidazione del marchio italiano, per effetto della tolleranza
ultraquinquennale del Flachaire e della S.A.M., rispettivamente,’
titolare e licenziataria esclusiva dei marchi denominativi
internazionali, alla diffusione sul territorio nazionale dell’omonimo
marchio italiano, sulla base di una serie di elementi (l’intervallo
temporale tra la diffida inoltrata nel 1998, a seguito della registrazione
italiana, e la citazione del 2007; il fatto che il Carofiglio avesse
commercializzato «evidentemente» articoli di abbigliamento con detto
marchio, anche fuori dalla città di Bari, tanto da essere stato citato il
suo marchio nell’enciclopedia dei jeans, pubblicazione statunitense;
l’effettuazione di pubblicità del marchio del Carofiglio a livello
nazionale, anche attraverso un proprio domain name registrato nel
2003).
Avverso la suddetta sentenza, il Flachaire e la SA.M. propongono’
ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti del Carofiglio
(che resiste con controricorso) e della Sport OK di Ottavio Adducchio
(che non svolge difese). I ricorrenti hanno depositato memoria.
E’ stata poi depositata, oltre il termine di cui all’art.380 bis.1 c.p.c.,
istanza congiunta dei difensori delle parti costituite di rinvio,

«in

pendenza di trattative fra le parti per la definizione bonaria della
vertenza».
4

prioritari sul segno che contraddistingueva da tempo i prodotti venduti

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 ricorrenti lamentano: 1) con il primo ed il quarto motivo, la nullità
della sentenza, ex art.360 n 4 c.p.c., per violazione degli artt.132 n. 4
c.p.c. e 156, comma 2 c.p.c., per avere la Corte d’appello, anzitutto,
ritenuto dimostrato un preuso, da parte del Carofiglio, del segno

base di affermazioni apodittiche, non ancorate ai riscontri fattuali, che
semmai circoscrivevano detto uso del segno agli anni successivi al
2004 (e quindi a meno di cinque anni dall’inizio del giudizio), nonché
affermato, prima, che il solo «uso limitato alla città di Bari» era stato
tollerato dal titolare e dalla licenziataria dei marchi internazionali e,
poi, nei successivi passaggi, ritenuto dimostrata una tolleranza
dell’uso del segno come marchio su scala nazionale; 2) con il secondo
motivo, la violazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.28 C.P.I., avendo
la Corte d’appello ritenuto operante la convalida, malgrado la
registrazione in malafede del marchio italiano posteriore, avvenuta
subito dopo la diffida recapitatagli dagli attuali ricorrenti, nel luglio
1998 (in relazione tuttavia al solo uso del segno «come insegna») e
senza menzionare, poi, la suddetta registrazione nella risposta alla
diffida dell’ottobre dello stesso anno; 3) con il terzo motivo, sempre la
violazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.28 C.P.I., ma sotto il profilo
del mancato accertamento, da parte della stessa Corte distrettuale,
della sussistenza di un uso tollerato, in quanto conosciuto, dal titolare
della privativa anteriore, del marchio italiano, da parte del Carofiglio,
iniziato prima del maggio 2002 – ma in ogni caso successivo all’ottobre
2000, data di registrazione del marchio italiano – e proseguito nei
cinque anni successivi (essendo la citazione in giudizio del maggio
2007); 4)con il quinto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex
art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.183 c.p.c.., avendo la Corte d’appello
5

«Banana Moon», in ambito nazionale e non meramente locale, sulla

confermato, respingendo il relativo motivo di appello, la statuizione
del giudice di primo grado in ordine alla inammissibilità, per tardività,
della domanda di nullità del marchio italiano, proposta dagli attori nella
memoria ex art.183 V° comma c.p.c., dovendo la stessa invece
qualificarsi come

reconventio reconventionis

rispetto alla

risposta, dal convenuto Carofiglio; 5) con il sesto motivo, la violazione
e/o falsa applicazione, es art.360 n. 3 c.p.c. , degli artt.352, 359, 346
e 189 c.p.c., per non avere la Corte d’appello ritenuto rinunciate (con
conseguente formazione di giudicato) le domande dell’appellante
Carofiglio, non espressamente reiterate nel foglio di precisazione delle
specifiche conclusioni in appello, e, quindi, la richiesta di rigetto della
domanda di contraffazione.
2. La prima e la quarta censura sono infondate.
Non è anzitutto ravvisabile un vizio di intrinseca contraddittorietà della
decisione impugnata, avendo la Corte d’appello evidenziato che, prima
del 1998, il titolare e la licenziataria delle registrazioni internazionali
«Banana Moon» avevano tollerato, il comportamento da parte del
Carofiglio, il quale aveva fatto uso nella sola città di Bari del segno, ,
identico al proprio, apponendolo nella insegna, che distingueva la ditta
di vendita al dettaglio di capi di abbigliamento, mentre, dopo la diffida
inviata dagli stessi titolari del segno registrato al Carofiglio nel 1998,
essi, pur «diffusamente presenti nel mercato italiano», non avevano
reagito «alla continua immissione», nell’intero mercato nazionale, di
prodotti contraddistinti dal suddetto marchio, da parte dello stesso
Carofiglio, con la distribuzione degli articoli di abbigliamento in negozi
sparsi in tutta Italia, la pubblicità non circoscritta alla città di Bari, il
dominio Internet aperto nel 2003.

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convalidazione del marchio, eccepita, nella comparsa di costituzione e

Per la restante parte, la decisione non può ritenersi affetta da nullità
per motivazione meramente apparente, avendo la Corte distrettuale
vagliato complessivamente, ai fini dell’esame della eccepita
convalidazione del marchio posteriore registrato, le risultanze
istruttorie e sviluppato il ragionamento non certo sulla base di

3. Anche il secondo motivo non merita accoglimento, mentre risulta
fondato il terzo.
Entrambi i mezzi involgono la questione dell’operatività della
convalidazione del marchio posteriore, da esaminarsi alla luce
dell’art.28 del Codice della Proprietà Industriale, di cui al d.lgs.
30/2005, applicabile al presente giudizio, secondo cui: « 1. Il titolare

di un marchio d’impresa anteriore ai sensi dell’articolo 12 e il titolare
di un diritto di preuso che importi notorietà non puramente locale, i
quali abbiano, durante cinqbe anni consecutivi, tollerato, essendone a
conoscenza, l’uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile,
non possono domandare la dichiarazione di nullità del marchio
posteriore né opporsi all’uso dello stesso per i prodotti o servizi in
relazione ai quali il detto marchio é stato usato sulla base del proprio
marchio anteriore o del proprio preuso, salvo il caso in cui il marchio
posteriore sia stato domandato in mala fede. Il titolare del marchio
posteriore non può opporsi all’uso di quello anteriore o alla
continuazione del preuso. 2. La disciplina del Gomma 1 si applica anche
al caso di marchio registrato in violazione degli articoli 8 e 14, comma
1, lettera c)».
Questa Corte a S.U. nella sentenza n. 17927/2008 (cfr.
Cass.4048/2016), sia pure con riguardo all’art. 48 L.M., ha chiarito
che: 1) la convalidazione di un marchio registrato, così come prevista
dall’art. 48 del r.d. 21 giugno 1942 n. 929 (nel testo anteriore alle
7

affermazioni generiche o apodittiche.

modifiche apportate dal d.lgs. 4 dicembre 1992 n. 480), è consentita
soltanto ove il marchio registrato per secondo sia stato utilizzato
nell’ambito merceologico per il quale ha ottenuto la registrazione; 2)
l’istituto in questione non rappresenta né una perdita del diritto all’uso
del proprio marchio, né una forma di acquisto del diritto all’uso del

ma integra una ipotesi di decadenza dall’esercizio dell’azione di nullità
o contraffazione, cosicché tale decadenza può essere impedita dal solo
esercizio delle suddette azioni, mentre resta irrilevante a tal fine
l’eventuale invio di diffide stragiudiziali; 3) la cosiddetta
convalidazione del marchio successivo e confondibile, se usato in
buona fede per cinque anni senza contestazioni, trova applicazione non
soltanto nell’ipotesi di conflitto tra un marchio anteriore di fatto ed uno
successivo registrato, ma anche nell’ipotesi di conflitto tra due marchi
ambedue registrati, desumendosi ciò sia dalla lettera della legge
marchi, che faceva riferimento ai marchi «conosciuti», i quali non sono
soltanto quelli di fatto, sia dalla sua ratio, che era quella di evitare che
il pre-adottante potesse appropriarsi in mala fede dell’avviamento di
chi aveva utilizzato per secondo il marchio.
Nella motivazione di tale pronuncia, al fine di sostenere
l’interpretazione estensiva della pregressa disposizione normativa,
così da renderla riferibile anche al conflitto tra marchi registrati e non
solo tra marchio anteriore preusato di fatto e marchio posteriore
registrato (questione questa, oggi, superata dal chiaro disposto del
nuovo art.28 C.P.I., che individua il soggetto che subisce gli effetti
della convalidazione nel «titolare di un marchio d’impresa anteriore ai
sensi dell’art.12» e nel «titolare di un diritto di preuso che importi
notorietà non puramente locale»), le Sezioni Unite hanno precisato,
con riguardo al requisito soggettivo della buona fede del soggetto che’
8

marchio da parte di chi lo abbia adottato di fatto senza contestazione,

registra il marchio posteriore, che l’obiezione secondo la quale la
buona fede «non sarebbe mai configurabile a favore di quest’ultimo

per la sussistenza del regime di pubblicità legale (Cass. 2724/1960)
allorquando il marchio anteriore sia stato brevettato (e la notizia della
concessione del brevetto, perciò, pubblicata sul Bollettino dei brevetti

superabile, essendo, da un lato, parziale, in quanto «fondata sulla sola

ipotesi dei marchi eguali o identici, ed avendo trascurato quella, nella
realtà assai più frequente, di marchi solo simili, e comunque tutti i casi
di con fondibilità dei segni che si profili come riflesso della loro
somiglianza, in rapporto ai quali è sicuramente ipotizzabile la buona
fede (anche per le difficoltà di accedere prima della concessione del
brevetto a documenti diversi al verbale di deposito contenente soltanto
una descrizione sommaria del marchio, ed una indicazione delle classi
dei prodotti per cui il brevetto è richiesto)», e, dall’altro lato, non
decisiva ai fini dell’applicazione dell’art. 48,

«posto che lo stesso

include fra i suoi elementi costitutivi lo stato di ignoranza e qualifica
come fatto impeditivo uno stato di conoscenza (effettiva): perciò
inducendo il giudice ad indagare in relazione alle circostanze
contingenti del caso (fra le quali è da comprendere l’avvenuta
registrazione) circa l’esistenza in concreto della conoscenza e
dell’ignoranza anche in capo al richiedente la convalidazione».
Le Sezioni Unite hanno quindi richiamato quell’orientamento, risalente,
del giudice di legittimità che ha ritenuto «ammissibile la buona fede di

colui che abbia adottato un marchio eguale o simile ad altro marchio
registrato (Cass. 272/1945; 1260/1955)» , affermando che il limite
all’istituto, vale a dire il caso cui il marchio posteriore sia stato
domandato in malafede, implica «implicitamente una vasta gamma di

9

per invenzioni, modelli e marchi R.D. n. 929, ex art. 35)» risultava

fattispecie in cui la mancata consultazione del registro dei brevetti e
l’uso pubblico in buonafede di detto richiedente possano coesistere».
In una successiva pronuncia del 2013 (la n. 26948), questa Corte ha
precisato che «la convalidazioqe del marchio, che preclude al titolare

di far valere la propria opposizione al relativo uso da parte di terzi, è

tolleranza dell’utilizzo altrui per cinque anni e che vi sia stata la
successiva registrazione del marchio posteriore uguale o simile».
A sua volta, la Corte di Giustizia UE, nella sentenza del 22/09/2011,
nella causa C-482/09, sull’interpretazione dell’art. 9 della direttiva
89/104 sui marchi d’impresa (rubricato «preclusione per tolleranza»)
ha chiarito che le condizioni necessarie per far decorrere il termine
quinquennale in questione, che devono essere verificate dal giudice
nazionale, sono:

«in primo luogo, la registrazione del marchio

posteriore nello Stato membro interessato; in secondo luogo, la
circostanza che il deposito di tale marchio sia stato effettuato in buona
fede; in terzo luogo, l’uso del marchio posteriore da parte del suo
titolare nello Stato membro in cui è stato registrato e, in quarto luogo,
la circostanza che il titolare del marchio anteriore sia al corrente che
il marchio posteriore è stato registrato e viene usato dopo la sua
registrazione».
Orbene, ad integrare la mala fede del titolare del marchio posteriore,
non risulta decisiva la semplice conoscenza, sia pure non sulla base
della mera pubblicità legale, dell’esistenza del marchio anteriore altrui,
occorrendo tener conto, anche nell’ipotesi in cui i segni in conflitto
siano identici o uguali, delle specifiche circostanze di fatto in cui è,
stata operata la registrazione del marchio posteriore.

10

subordinata alla duplice condizione che vi sia stata una consapevole

La mala fede deve essere intesa come intenzione del secondo
registrante di approfittare dell’accreditamento presso il pubblico
conseguito dal marchio anteriore.
Nella specie, la Corte d’appello ha escluso che il Carofiglio, malgrado
la ricezione, nel luglio del 1998, di una diffida da parte della

fede, al momento della registrazione, nel settembre dello stesso anno,’
del marchio in oggetto, proprio tenendo conto dell’uso del segno fatto
in precedenza dal depositante., dal 1978, come insegna del proprio
negozio in Bari e nell’attività di vendita di capi di abbigliamento
contraddistinti dal marchio «Banana Moon», ed ha concluso nel senso
che tale condotta, complessivamente valutata, escludesse la mala
fede, non essendo la domanda di registrazione caratterizzata
dall’intenzione di pregiudicare il diritto altrui.
Quanto, invece, all’altra condizione, positiva, della convalidazione,
rappresentata dalla tolleranza quinquennale da parte del titolare del
marchio anteriore dell’altrui uso, continuativo, del marchio successivo
registrato, i ricorrenti, nel terzo motivo, denunciano che non sarebbe
stato provato, anzitutto, l’uso ininterrotto del marchio posteriore,’
nell’ambito merceologico per il quale era stata ottenuta la
registrazione, nel periodo successivo all’intervenuta registrazione (nel
2000) ma precedente la proposizione della citazione introduttiva del
giudizio (notificata nel maggio 2007), e la loro consapevolezza di detto
uso (atteso che nella diffida inoltrata nel 1998 essi avevano solo
contestato l’uso del marchio come insegna).
Ora, la Corte d’appello ha correttamente individuato l’arco temporale
del quinquennio di tolleranza rilevante, decorrente, come dies a quo,
dal momento successivo alla registrazione del marchio posteriore,
avvenuta nel 2000, in conformità all’insegnamento di questa Corte
11

licenziataria delle registrazioni internazionali anteriori, fosse in mala

secondo cui, agli effetti della convalidazione ai sensi dell’art. 48 della
Legge marchi, è irrilevante, per il decorso del quinquennio, un
eventuale uso di fatto anteriore alla registrazione del marchio
(Cass.24909/2008); nonché in considerazione dei convergenti
orientamenti eurounitari [in tema, di recente, l’ordinanza della Corte
Giustizia UE del 6/6/2013, nella causa C-381/12, ove, in relazione

marchio comunitario, poi sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009
del Consiglio, art.54 par.2, s; è confermata la statuizione del Tribunale
UE sulla individuazione del dies a quo del termine di «preclusione per
tolleranza» in quella in cui «il titolare del marchio anteriore ha avuto
conoscenza dell’uso del marchio comunitario posteriore» e sul fatto’
che «questa data non può che essere posteriore a quella della
registrazione di tale marchio, momento a partire dal quale è acquisito
il diritto su quest’ultimo»;

nell’ordinanza della Corte UE sono

richiamati i principi già espressi dalla stessa Corte nella sentenza del
22/09/2011, nella causa C-482/09)]; e, come momento finale della
tolleranza rilevante, quello della notifica, da parte del titolare e della
licenziataria dei marchi internazionali, dell’azione di nullità e
contraffazione, nel maggio 2007, non essendo sufficiente l’invio di
diffide stragiudiziali (Cass. S.U. 17927/2008).
La Corte distrettuale ha poi ritenuto che vi fosse stato sia l’uso
continuo del marchio in oggetto da parte del Carofiglio, nel detto arco
temporale (in particolare, dal maggio 2002 al maggio 2007), in un
ambito non meramente locale, esaminando la varia documentazione
(pubblicitaria, contabile, missive tra le parti) prodotta dalla parte, sia
una consapevole tolleranza da parte del sig. Flachaire e dalla Mc
Company S.A.M., dell’uso continuato, nel medesimo settore
merceologico ed in ambito non puramente locale, dell’altrui segno
12

all’art.53 par.2 del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, sul

nazionale, identico con riguardo all’accostamento delle parole

«Banana Moon», successivamente registrato, e perché questi avevano
dimostrato, con la diffida inoltrata nel luglio 1998, di conoscere
l’esistenza e l’operatività della ditta del Carofiglio e perché essi stessi,
erano «diffusamente presenti nel mercato italiano».

fondanti la convalidazione del marchio posteriore – che, come si è
sopra ribadito, preclude l’esercizio dell’azione di nullità per mancanza
di novità o contraffazione da parte del titolare della privativa anteriore,
per intervenuta decadenza, ed implica la liceità, per una sorta di
sanatoria, della continuazione dell’uso del segno posteriore, destinato
a convivere con quello anteriore – deve essere rigorosa, in relazione
dall’utilizzo quinquennale, continuato ed effettivo, e senza
contestazioni, del segno posteriore, in un ambito non meramente
locale (e quindi, nella specie, non ristretto alla città di Bari), stante la
natura eccezionale della disposizione, che è di stretta applicazione.
Nella decisione impugnata, tale accertamento rigoroso è mancato, in
particolare, nulla essendo stato detto in ordine all’uso del segno
posteriore negli anni 2003 (essendo menzionata, per tale anno, del
tutto genericamente, soltanto la gestione di un dominio Internet,
quale indice di una pubblicità del marchio a livello nazionale) e 2002,
mentre, per gli anni 2004 e 2005, si fa riferimento a «pubblicità più

recenti diffuse sul territorio nazionale», all’acquisto di «buste con
detto marchio», a fotografie «di un evento del 2005», a «cataloghi
anche se non esattamente databili e collocabili».
4. Il quinto motivo è, parimenti, fondato.
La Corte d’appello ha condiviso la valutazione di inammissibilità
dell’azione di nullità del marchio registrato dal Carofiglio, in quanto
non avanzata nell’atto introduttivo del giudizio (nel quale anzi gli attori’
13

Ora, la prova, a carico del titolare del secondo marchio, di tali elementi

avevano manifestato l’intenzione di non proporla) ma nella memoria
ex art.183 V° comma c.p.c.; i ricorrenti lamentano che in tal modo la
corte distrettuale non abbia tenuto conto del fatto che essi avevano
formulato la domanda di nullità quale reconventio reconventionis,
reagendo all’eccezione di convalidazione del proprio marchio

Questa Corte (Cass.3639/2009) ha già chiarito che:

«nel giudizio di

cognizione ordinario, che si instaura con la proposizione di una
domanda mediante atto di citazione, l’attore non può proporre’
domande diverse rispetto a quelle originariamente formulate nell’atto
di citazione, trovando peraltro tale principio una deroga nel caso in
cui, per effetto di una domanda riconvenzionale proposta dal
convenuto, l’attore venga a trovarsi, a sua volta, in una posizione
processuale di convenuto, così che al medesimo, rispetto alla nuova o
più ampia pretesa della controparte, non può essere negato il diritto
di difesa mediante la “reconventio reconventionis”».
Nella fattispecie, dopo la costituzione della convenuta, che aveva
invocato in capo a sé la titolarità dei marchi posteriori registrati ed
aveva sostenuto la validità dei medesimi, anche per effetto del
fenomeno della convalidazione, la società attrice aveva fatto valere la
nullità dei marchi opposti dalla convenuta, e questa Corte in detta
pronuncia ha chiarito che fosse «indubbio che un simile diritto era

sorto nel momento in cui …aveva invocato l’esistenza e la validità delle
registrazioni»,

con conseguente infondatezza dell’eccezione di

tardività della domanda di nullità del segno posteriore.
Nella specie, dunque, era tempestiva la domanda di nullità della
registrazione del marchio posteriore nazionale, formulata dal Flachaire
e dalla Mc Company S.A.M, nella prima memoria ex art.183 V° comma
c.p.c. del 14/03/2008, dopo la costituzione del Carofiglio, il quale
14

formulata dal Carofiglio con la comparsa di costituzione e risposta.

aveva sostenuto la validità del secondo segno, anche per effetto del,
fenomeno della convalidazione.
5. Il sesto motivo è, invece, infondato.
La Corte d’appello ha ritenuto, una volta valutato il contenuto
complessivo dell’atto di appello e della comparsa conclusionale, che,

conclusioni, con riferimento a tutte le domande presenti nell’atto
introduttivo del giudizio di secondo grado, non potevano ritenersi
implicitamente rinunciate quelle non reiterate, quali la richiesta di
rigetto della domanda di contraffazione.
Questa Corte, anche di recente (Cass.17582/2017; Cass.3593/2010),
ha ribadito il principio secondo cui «la mancata riproposizione, in sede

di precisazione delle conclusioni, di una domanda in precedenza,
formulata non autorizza alcuna presunzione di rinuncia in capo a colui
che ebbe originariamente a proporla, essendo, a tal fine, necessario
che, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della
parte, possa desumersi inequivocabilmente il venir meno
dell’interesse a coltivarla».

E, in altra pronuncia (Cass.15860/2014),

ha comunque dato rilievo al contegno complessivo della parte, al fine
di vincere la presunzione di abbandono della domanda non riproposta
in sede di conclusioni, affermando che «affinché una domanda possa

ritenersi abbandonata dalla parte, non è sufficiente che essa non
venga riproposta nella precisazione delle conclusioni, costituendo tale
omissione una mera presunzione di abbandono, dovendosi, invece,
necessariamente accertare se, dalla valutazione complessiva della
condotta processuale della parte, o dalla stretta connessione della ‘
domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate, emerga
una volontà inequivoca di insistere sulla domanda pretermessa».

l5

pur in difetto di specifica indicazione, nel foglio di precisazione delle

La sentenza impugnata risulta, sul punto, conforme a tali principi di

diritto.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del terzo e quinto
motivo del ricorso, respinti gli altri, va cassata la sentenza impugnata,
con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa

principi di diritto sopra enunciati.
Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del
presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il quinto motivo del ricorso, respinti i
restanti, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa, anche in
ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità,
alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso, in Roma, 1’8 giugno 2018.

Il Presidente

composizione, per un nuovo esame della res litigiosa in relazione ai

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