Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18735 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/07/2019, (ud. 20/03/2019, dep. 11/07/2019), n.18735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25202-2017 proposto da:

SCHIRO’ SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 106, presso

lo studio dell’Avvocato FRANCESCO FALVO D’URSO, rappresentata e

difesa dall’avvocato LIBORIO GAMBINO;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE ENASARCO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, SALITA SAN NICOLA DA

TOLENTINO 1/B, presso lo studio dell’avvocato PIETRO BERTANI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO DIPIETROMARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1533/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’11/05/2017:

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO

LUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata l’11.5.2017, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da Schirò s.r.l. avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Roma le aveva ingiunto di pagare alla Fondazione ENASARCO contributi omessi in danno di taluni procacciatori di affari ritenuti invece agenti;

che avverso tale pronuncia Schirò s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che la Fondazione ENASARCO ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo) motivo, la ricorrente denuncia nullità della sentenza ex artt. 112 e 116 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 6, per carenza assoluta di motivazione e comunque omessa e/o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, nonchè per aver omesso ogni motivazione, esame e valutazione delle risultanze istruttorie testimoniali;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1321,1322,1372 e 1742 c.c., degli artt. 119 e 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, nonchè omessa e/o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per aver ritenuto che i collaboratori in questione fossero agenti di commercio e non procacciatori di affari come da contratto stipulato inter partes;

che la sentenza in esame, dopo aver premesso che “al di là dello schema formalmente adottato dalle parti, rilevano le effettive modalità di svolgimento dei rapporti in questione”, ha desunto “dalla documentazione in atti” che i presunti procacciatori “emettevano fatture unicamente nei confronti” dell’odierna ricorrente, che “le provvigioni erano corrisposte con cadenza mensile in misura costante”, che ciascuno dei collaboratori “percepiva mediamente provvigioni annue per almeno Euro 5.000,00” e, da ultimo, che “il rapporto si è svolto in modo continuativo per oltre cinque anni”, concludendo nel senso che “l’entità dei compensi e la continuità delle prestazioni” rappresentassero parametri idonei a configurare nella specie “la figura dell’agente”;

che risulta, pertanto, palese come, nonostante il riferimento alle disposizioni di legge sostanziale e processuale richiamate nella rubrica di entrambi i motivi, la finalità dell’odierna impugnazione sia quella di censurare la motivazione posta a supporto del giudizio di fatto espresso al riguardo dai giudici di merito, deducendone variamente l’insufficienza in rapporto al complessivo materiale probatorio acquisito al processo;

che codesta finalità rende i motivi manifestamente inammissibili, sia perchè, in termini generali, l’insufficienza della motivazione non è più motivo di ricorso per cassazione (così espressamente Cass. S.U. n. 8053 del 2014, a seguito della novella apportata all’art. 360 c.p.c., n. 5 dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con L. n. 134 del 2012), sia perchè, nello specifico caso in esame, avendo la sentenza impugnata confermato il giudizio di fatto già compiuto dal giudice di prime cure, il ricorso per cassazione è ammissibile solo per i vizi di cui all’art. 360 cit., nn. 1-4 (art. 348-ter c.p.c., u.c.);

che non dissimilmente va osservato a proposito del vizio ex art. 111 Cost., essendosi chiarito che un vizio in tal senso può sussistere solo allorchè la motivazione della sentenza manchi del tutto o sia intrinsecamente così contraddittoria da non poter essere considerata come valida giustificazione del decisum, ferma restando l’inammissibilità del ricorso ad un raffronto tra la motivazione stessa e le risultanze processuali (così ancora Cass. S.U. n. 8053 del 2014, cit.);

che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a duello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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