Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18733 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 18733 Anno 2018
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: CAMPESE EDUARDO

ORDINANZA
sui ricorsi n.r.g. 1959/2015 proposti da:
LA MARCA VINCENZA, cod. fisc. LMRVCN49D69A229N, rappresentata e
difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato
Roberto Cusumano, con il quale elettivamente domicilia in Roma, alla via
Livorno n. 6, presso lo studio dell’Avvocato Guido De Santis.
– ricorrente contro
CANALE SALVATORE LORENZO, cod. fisc. CNLSVT65C13A229A, quale
procuratore di LA MARCA CRISTOFORO (cod. fisc. LMRCST41A16A229I) e
LA MARCA MARIANO (cod. fisc. LMRMRN47P06A229P), giusta procura
generale alle liti conferita con atto per Notar Ruffino di Palermo, rep. n.
33486 e racc. n. 6775, rappresentato e difeso, giusta procura speciale
apposta in calce al ricorso per cassazione notificato il 12 gennaio 2015,
dagli Avvocati Biagio Bruno e Basilio Perugini, con i quali elettivamente
domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, al Viale Angelico n. 301.

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Data pubblicazione: 13/07/2018

- controricorrente e da
CANALE SALVATORE LORENZO, cod. fisc. CNLSVT65C13A229A, quale
procuratore di LA MARCA CRISTOFORO (cod. fisc. LMRCST41A16A229I) e
LA MARCA MARIANO (cod. fisc. LMRMRN47P06A229P), giusta procura
generale alle liti conferita con atto per Notar Ruffino di Palermo, rep. n.
33486 e racc. n. 6775, rappresentato e difeso, giusta procura speciale
con i quali elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma,
al Viale Angelico n. 301.
– ricorrente contro
LA MARCA VINCENZA, cod. fisc. LMRVCN49D69A229N.
– intimata –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO di PALERMO depositata il
29/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/05/2018 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Cristoforo e Mariano La Marca citarono in giudizio, davanti al
Tribunale di Termini Imerese, la sorella Vincenza La Marca, chiedendo
accertarsi la durata trentennale di un contratto di associazione in
partecipazione con lei stipulato il 30 luglio 1984 per la gestione di una
farmacia, nonché dichiararsi illegittimo il suo recesso da tale contratto ed
accertarsi il suo obbligo di rendere il conto della gestione, con conseguente
condanna al pagamento degli utili loro dovuti ed al risarcimento dei danni.
1.1. L’adito tribunale, con sentenza del 17 luglio 2003, sancì
l’inesistenza del diritto di recesso e l’obbligo della convenuta di rendere il
conto della gestione per gli anni dal 1981 al 1995, condannandola al
pagamento di C 102.980,62, in favore di Cristoforo La Marca, e di C
2
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apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati Biagio Bruno e Basilio Perugini,

98.581,73 a Mariano La Marca, oltre interessi per gli anni compresi tra il
1990 ed il 1995, e rigettando la domanda risarcitoria.
2. Provvedendo, con sentenza non definitiva del 17 ottobre/10 dicembre
2008, sul gravame principale di Vincenza La Marca e su quello incidentale di
Cristoforo e Mariano La Marca, la Corte di appello di Palermo confermò
l’inesistenza del diritto di recesso della prima ed il suo diritto allo stipendio

c.t.u. nominato in quella sede per l’esecuzione di ulteriori conteggi e per
l’elaborazione di due progetti alternativi degli utili distribuiti agli associati
negli anni 1981, 1982 e 1983.
2.1. Contro questa decisione, Vincenza La Marca propose ricorso in
Cassazione, ed altrettanto fece, in via incidentale, Salvatore Lorenzo
Canale, in qualità di procuratore generale dei fratelli Cristoforo e Mariano La
Marca, ma la Suprema Corte respinse entrambe le impugnazioni
compensandone le spese.
2.2. Con sentenza definitiva del 15/29 novembre 2013, la corte
palermitana decise la causa “residua” innanzi ad essa, e, in parziale riforma
delle statuizioni di primo grado, ridusse gli importi dovuti a Cristoforo e
Mariano La Marca, rispettivamente, ad C 75.918,30 e ad C 76.460,20,
rideterminando le modalità di calcolo dei dovuti interessi per le annualità
decorrenti dal 31 dicembre 1990 al 31 dicembre 1995, e rigettò tutte le
altre doglianze, compensando interamente tra le parti le spese del grado.
3. Avverso tale decisione hanno proposto autonomi ricorsi, già riuniti,
ciascuno con quattro motivi, Vincenza La Marca e Salvatore Lorenzo Canale,
nella indicata qualità, quest’ultimo depositando anche memoria ex art. 380bis.1 cod. proc. civ..
3.1. La prima prospetta:
I) «Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato
oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c.», invocando l’errore in cui sarebbe incorsa la corte territoriale
laddove, nel quantificare gli importi da lei dovuti ai fratelli Mariano e
Cristoforo La Marca a titolo di utili, non aveva detratto gli ulteriori acconti
3
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di direttore di farmacia, e dispose, con separata ordinanza, il richiamo del

dai medesimi già percepiti (rispettivamente C 10.751,60 ed C 24.770,31) e
riscontrati dal c.t.u. a seguito dell’ordinanza del 22 aprile 2010.
II) «Violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3»,
perché la medesima corte non aveva tenuto in alcun conto le risultanze del
supplemento di perizia disposta il 22 aprile 2010, ed i fatti da essa
desumibili, nemmeno giustificando una siffatta condotta.
«Violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., in relazione

all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.», in quanto Vincenza La Marca aveva
chiesto, seppure in via subordinata, di ritenere e dichiarare che ai fratelli
Cristoforo e Mariano La Marca non spettassero gli utili ricavati dalla farmacia
prima della stipula del contratto di associazione in partecipazione, sicchè si
era così formulata una precisa domanda di ripetizione di indebito sulla quale
il giudice di appello non si era pronunciato.
IV)

«Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e

pronunciato,

in

relazione all’omessa

pronuncia sulla

richiesta di

accertamento dell’esistenza dell’indebito oggettivo e sulla richiesta di
condanna alla relativa restituzione attraverso la compensazione parziale con
gli utili da distribuire agli associati, pronuncia indispensabile alla soluzione
del caso concreto, ex art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c.». Si lamenta che la corte palermitana aveva omesso di
pronunciarsi sulla domanda dianzi riportata, formulata nell’atto di appello e
nella comparsa conclusionale depositata il 30 aprile 2013.
3.2. Il secondo denuncia:
I) «Violazione e falsa applicazione degli artt. 184 e 345 c.p.c., nelle
rispettive stesure vigenti ratione temporis, per avere la Corte d’Appello
considerato, ai fini della quantificazione degli utili spettanti a Mariano e
Cristoforo La Marca per gli anni dal 1984 al 1995, gli esborsi, che sarebbero
stati effettuati da Vincenza La Marca, risultanti dalla documentazione da
questa tardivamente prodotta in giudizio, e, perciò, inammissibile (art. 360,
comma 1, n. 3 c.p.c.)».
II) «Nullità della sentenza per omessa motivazione (art. 360, comma 1,
n. 4, c.p.c.) ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
4

III)

stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.),
per avere la Corte d’Appello considerato, ai fini della quantificazione degli
utili spettanti a Mariano e Cristoforo La Marca per gli anni dal 1984 al 1995,
i presunti esborsi che sarebbero stati effettuati da Vincenza La Marca
risultanti dalla documentazione tardivamente prodotta in sede di
prosecuzione delle operazioni peritali, senza esaminare la questione

alcuna motivazione in merito alla decisione sul punto».
III)

«Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360,

comma 1, n. 3, c.p.c.), omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.), e nullità
della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria (art. 360,
comma 1, n. 4, c.p.c.), per non avere la Corte d’Appello incluso tra gli utili
riconosciuti ai fratelli La Marca quelli relativi agli anni 1981-1983». Ci si
duole del fatto che la decisione impugnata, pur avendo riconosciuto
l’esistenza, in astratto, del diritto di Cristoforo e Mariano La Marca a
percepire la quota di un terzo ciascuno degli utili maturatisi tra il 1981 ed il
1983, non ne aveva, tuttavia, inspiegabilmente tenuto conto.
IV)

«Nullità della sentenza per insufficiente ed obbiettivamente

incomprensibile motivazione (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.) e vizio di
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione
tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.), per la parte in cui la Corte
d’Appello ha proceduto alla riquantificazione degli interessi spettanti ai
fratelli La Marca sugli utili della farmacia loro riconosciuti». Si rappresenta
che la corte distrettuale non avrebbe fornito adeguata spiegazione circa il
ragionamento logico dalla stessa seguito per la determinazione degli
importi, risultando, sul punto, la motivazione palesemente oscura e di non
facile comprensione, non riuscendosi ad intendere come si sia addivenuti
all’individuazione delle somme ivi indicate.
4. I primi due motivi del ricorso della La Marca possono esaminarsi
congiuntamente alle prime due censure formulate dal Canale, nella indicata
qualità, nel suo ricorso, stante l’evidente connessione logica tra essi
5

dell’ammissibilità ed utilizzabilità di tale produzione documentale, né fornire

esistente. Alla stregua delle argomentazioni di seguito esposte, devono
ritenersi fondati i suddetti motivi della La Marca ed inammissibili le indicate
censure del Canale.
4.1. In particolare, queste ultime lamentano, sostanzialmente, la
inutilizzabilità, ai fini della quantificazione degli utili spettanti a Mariano e
Cristoforo La Marca per gli anni dal 1984 al 1995, della documentazione,

giustificativa degli esborsi da lei effettuati in favore dei fratelli.
4.1.1. Sulla possibilità di utilizzare tale documentazione, però, deve
intendersi ormai formato il giudicato, per effetto della decisione di questa
Corte n. 12535 del 2012, reiettiva delle impugnazioni, principale ed
incidentale, proposte dalle odierne parti in causa contro la sentenza non
definitiva resa dalla Corte di appello di Palermo il 17 ottobre/10 dicembre
2008.
4.1.2. In detta occasione, infatti, venne dichiarato inammissibile, per
difetto di autosufficienza, il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui il
Canale, nella medesima qualità odierna, denunciò la violazione degli artt.
184 e 345 cod. proc. civ., sostenendo che, ai fini della quantificazione
dell’utile lordo della farmacia, la corte palermitana aveva recepito i calcoli
del c.t.u. nominato nel corso del giudizio di secondo grado, il quale aveva
tenuto conto della documentazione tardivamente prodotta da Vincenza La
Marca nel corso del giudizio di primo grado e dichiarata inammissibile per
tale motivo dal tribunale.
4.1.3. – Premesso che l’art. 345 cod. proc. civ., comma 3 (nel testo,
applicabile ratione temporis, anteriore alla riforma apportatagli dal d.l. n. 54
del 2012, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 134 del 2012),
nell’escludere l’ammissibilità di nuove prove in grado di appello, ivi compresi
i documenti, fa salva l’ipotesi in cui il collegio li ritenga indispensabili ai fini
della decisione ovvero la parte dimostri di non aver potuto proporli o
produrli in primo grado per causa ad essa non imputabile, si osservò che il
Canale, «nel contestare l’avvenuta ammissione dei documenti prodotti dalla
ricorrente in appello, si è limitato a ribadire la tardività della loro produzione
6
0,0A

che si assume essere stata tardivamente depositata dalla La Marca,

in primo grado, astenendosi dall’indicarne il contenuto e dal precisare le
ragioni che hanno indotto la Corte d’Appello a riesaminare la valutazione
compiuta dal Tribunale in ordine all’imputabilità del ritardo o ad affermare
l’idoneità della prova a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti
controversi. Tale articolazione della censura non risponde al requisito
prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, applicabile anche al
(cfr.

Cass.. Sez. 3, 8

gennaio 2010, n. 76; 11 ottobre 2005, n. 19756), il quale esige che
nell’atto siano riportati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi
utili perché il Giudice di legittimità possa avere una completa cognizione
dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle
posizioni in esso assunte dalle parti, così da acquisire un quadro degli
elementi fondamentali in cui si collocano la decisione censurata e le
doglianze prospettate, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del
processo (cfr. Cass., Sez. lav., 5 febbraio 2009 n. 2831; 12 giugno 2008, n.
15808; Cass., Sez. 3, 24 luglio 2007, n. 16315)».
4.2. Le suddette censure del Canale, dunque, mirano inammissibilmente
a rimettere in discussione la utilizzabilità di quella documentazione.
4.3. Quanto fin qui detto rende, allora, fondati i primi due motivi di
ricorso della La Marca, posto che, dalla lettura della sentenza oggi
impugnata (cfr. pag. 5-6: «…dagli accertamenti compiuti dalla CTU Sartorio
con la sua relazione suppletiva del 2009 sugli ulteriori “esborsi” come sopra
indicati effettuati da Vincenza La Marca a favore dei fratelli, risulta
l’esistenza di ulteriori acconti per complessive £. 78.310.000 a favore di
Cristoforo La Marca e per complessive E. 67.242.000 a favore di Mariano La
Marca»), emerge chiaramente come la corte territoriale, nel quantificare gli
importi da detta appellante dovuti ai fratelli Cristoforo e Mariano La Marca a
titolo di utili, ha detratto i soli acconti dai medesimi già percepiti e
riscontrati dal c.t.u., ivi nominato, nel suo supplemento di relazione seguito
all’ordinanza del 17 ottobre 2008, ma non anche quelli, ulteriori
(rispettivamente C 10.751,60 ed C 24.770,31), dallo stesso c.t.u. accertati

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controricorso contenente un ricorso incidentale

nella successiva integrazione della sua relazione depositata il 7 ottobre
2010, seguita all’ordinanza del 22 aprile 2010.
4.3.1. In merito a tale omissione – che innegabilmente investe un fatto
decisivo (ai fini dell’esatto accertamento degli importi dovuti agli associati in
forza dei criteri stabiliti nelle precedenti sentenze rese nel corso di questo
processo) e controverso tra le parti – nessuna giustificazione è stata,

5. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso di Vincenza La Marca,
scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connessi, sono invece
inammissibili.
5.1. Invero, la domanda del cui omesso esame si duole la menzionata
ricorrente non risulta dalla medesima essere stata proposta, – come
verificato da questa Corte mediante l’accesso agli atti, consentitole in
ragione della natura di error in procedendo del vizio denunciato – con la
comparsa di costituzione e risposta, recante domanda riconvenzionale,
depositata in primo grado, ma, per la prima volta, solo con la comparsa
conclusionale depositata in prime cure, e poi ribadita nella successiva
citazione di appello contro la sentenza del Tribunale di Termini Imerese del
9 luglio 2003.
5.1.1. E’ dunque sufficiente ricordare, da un lato, che la comparsa
conclusionale assolve unicamente una funzione illustrativa delle domande e
delle eccezioni ritualmente introdotte nel giudizio e sulle quali si sia
instaurato il contraddittorio delle parti, non potendo di regola contenere
domande o eccezioni nuove (cfr. Cass. n. 315 del 2012, e le altre ivi
richiamate); dall’altro, che il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice
di appello non è configurabile in relazione ad una domanda nuova, giacché
la proposizione di una domanda inammissibile non determina l’insorgere di
alcun potere-dovere del giudice adito di pronunciarsi su di essa (cfr. Cass.
n. 7951 del 2010).
6. Il terzo motivo del ricorso del Canale, nella indicata qualità, è
fondato.

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peraltro, fornita dalla corte distrettuale.

6.1. La corte palermitana, infatti, ha riconosciuto (cfr., amplius, pag. 67 della sentenza impugnata) l’esistenza, in astratto, del diritto di Cristoforo
e Mariano La Marca a percepire la quota di un terzo ciascuno degli utili
maturatisi tra il 1981 ed il 1983 (anteriormente, cioè, alla stipulazione, tra i
fratelli La Marca, del contratto di associazione in partecipazione per la
gestione della farmacia de qua): e ciò ha fatto rigettando il motivo di

invece, l’esclusione.
6.2. La sentenza impugnata, pur avendo accertato l’esistenza di una
volontà condivisa di Cristoforo, Mariano e Vincenza La Marca di considerare
detti utili di “spettanza comune” (peraltro quantificando esattamente l’utile
netto – E. 234.305.787 – di esercizio della farmacia relativo al suddetto
periodo, e gli acconti già percepiti da Cristoforo [£. 42.000.000] e Mariano
La Marca [E. 40.000.000] sempre per tale periodo), non ha poi provveduto
ad attribuire a questi ultimi la quota parte di detti utili ad essi ancora
dovuta, e ciò malgrado l’esistenza – verificata da questa Corte mediante
l’accesso agli atti, consentitole attesa la natura di error in procedendo del
vizio denunciato – di una specifica domanda avanzata da parte loro con la
citazione in prime cure (ed ivi accolta) da parte loro.
6.2.1. La corte distrettuale, invece, non condannando Vincenza La
Marca a corrispondere ai fratelli gli utili spettanti ai fratelli per il menzionato
periodo, ha omesso di pronunciarsi su parte della domanda da essi
originariamente formulata, né potendosi ritenere ostativa ad una statuizione
sul punto da parte sua la circostanza, addotta dal Giudice di secondo grado
(cfr. pag. 7) che sia l’utile lordo della farmacia che gli stipendi di Vincenza
La Marca erano stati determinati solo per gli anni 1984-1995, e che, quindi,
«per il triennio 1981-1983 avrebbe dovuto essere fatto un calcolo a parte,
che non è stato invece fatto».
6.2.2. Invero, pur volendo sottacersi che quella corte disponeva già,
alla stregua degli atti processuali acquisiti in primo ed in secondo grado, di
tutti gli elementi per procedere autonomamente alla determinazione di
dette somme (ovvero l’utile prodotto dall’azienda, gli stipendi spettanti al
9

.2,v0U,

appello al riguardo spiegato da Vincenza La Marca che ne aveva chiesto,

direttore di farmacia e gli acconti corrisposti agli associati in relazione a
detto periodo), deve, invece, evidenziarsi che detta quantificazione era
stata specificatamente effettuata dal c.t.u. Sartorio nella sua Relazione
suppletiva depositata il 23.6.2009, – e riprodotta, in parte qua, nel ricorso
del Canale – e ciò proprio in quanto oggetto di specifico incarico conferito
dalla medesima corte.

e del terzo motivo del ricorso del Canale, nella indicata qualità, permette,
infine, di ritenere assorbito il quarto motivo prospettato da quest’ultimo,
posto che dovrà procedersi ad un nuovo calcolo degli interessi dovuti dalla
prima sulle somme che lei dovrà corrispondere, e da riquantificarsi alla
stregua dei motivi accolti, rispettivamente, a Cristoforo ed a Mariano La
Marca.
8. In definitiva, vanno accolti i primi due motivi del ricorso di Vincenza
La Marca, dichiarandosene inammissibili il terzo ed il quarto, ed il terzo
motivo del ricorso del Canale, nella indicata qualità, dichiarandosene
inammissibili i primi due ed assorbito il quarto. La sentenza impugnata deve
essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello
di Palermo, in diversa composizione, per il nuovo corrispondente esame e
per la statuizione in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità.
P. Q. M.
Accoglie i primi due motivi del ricorso di Vincenza La Marca,
dichiarandone inammissibili il terzo ed il quarto, ed il terzo motivo del
ricorso del Canale, nella indicata qualità, dichiarandone inammissibili i primi
due ed assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai
motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Palermo, in diversa
composizione, per il nuovo corrispondente esame e per la statuizione in
ordine alle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima seziqQe civile

7. L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso di Vincenza La Marca

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