Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1873 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1873 Anno 2014
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 12644-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3636

ITALPERLATI SRL;
– intimato –

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.
15/03/2006;

n.

di LATINA,

11/2006

della

depositata il

Data pubblicazione: 29/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

12/12/2013

dal

Consigliere

Dott.

FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

,

12644-07

Svolgimento del processo
Con avviso di accertamento ritualmente notificato
l’agenzia delle entrate, ufficio di Cassino, ritenendo
inattendibile la contabilità, recuperava a tassazione, ai
fini dell’Irpeg e dell’Ilor, il maggior reddito d’impresa

della Italperlati s.r.l. relativo all’anno d’imposta 1996.
La rettifica aveva trovato fondamento in rilievi contenuti
in un verbale di constatazione della guardia di finanza,
concernenti l’omessa contabilizzazione di ricavi.
La società proponeva opposizione, eccependo, tra le altre
cose,

l’illegittimità dell’avviso di rettifica per

violazione dell’art. 12, 7° co., della 1. n. 212-00.
L’adita commissione tributaria provinciale accoglieva
parzialmente il ricorso, determinando in minor misura il
reddito accertato.
La commissione tributaria regionale del Lazio, invece,
annullava l’avviso di accertamento, evidenziando che lo
stesso era stato notificato il 13 luglio 2001, a fronte
della chiusura delle operazioni di constatazione di cui al
verbale 18 giugno 2001; sicché non era stato rispettato il
termine dilatorio di 60 giorni di cui all’art. 12, 7° co.,
della 1. n. 212 del 2000.
Il termine – a dire della commissione – dovevasi ritenere
posto a tutela del contraddittorio col contribuente, e
nessuna ragione di urgenza era stata illustrata
nell’accertamento al fine di derogarvi. Né una ragione di
tal genere poteva dirsi esistente nel caso specifico, in

1

quanto l’accertamento era stato notificato nel luglio
2001, a fronte della maturazione a dicembre dello stesso
anno del termine decadenziale dell’azione amministrativa.
La commissione regionale reputava inoltre che l’atto
tributario era nullo per vizio della motivazione, nella
parte in cui aveva recepito in modo acritico e pedissequo

le risultanze del verbale della guardia di finanza, e che
non era stata allegata l’autorizzazione all’accesso e
all’utilizzo di dati relativi a indagini bancarie.
Per la cassazione della sentenza d’appello, l’agenzia
delle entrate ha proposto ricorso affidato a cinque
motivi.
La società non ha svolto difese.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo, deducendo violazione dell’art. 112
c.p.c., la ricorrente lamenta che la sentenza abbia omesso
di pronunciarsi sull’eccezione relativa all’autenticità
della firma apposta dal legale rappresentante della
società in calce all’atto d’appello.
Col secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 12, 7 0
co., della 1. n. 212 del 2000, la ricorrente lamenta che
la commissione abbia erroneamente interpretato la norma
indicata, avendo ritenuto perentoria la previsione del
termine di 60 giorni in contrasto col principio di
tassatività dei termini di decadenza e in mancanza di una
espressa previsione al riguardo, e non avendo considerato
che eventuali contestazioni di merito e di legittimità del
verbale di constatazione e dell’avviso di accertamento

2

potevano esser fatte valere ricorrendo ai rimedi giuridici
dell’autotutela e del ricorso in sede giurisdizionale,
all’uopo predisposti.
Col terzo motivo,

la ricorrente deduce l’omessa

motivazione sul punto decisivo della sussistenza del vizio
di motivazione dell’avviso di accertamento.

Col quarto mezzo, denunzia la violazione dell’art. 32 del
d.p.r. n. 600 del 1973 quanto alla rilevanza probatoria
delle risultanze dei conti correnti bancari in uso al
contribuente.
Infine, col quinto motivo, la ricorrente eccepisce la
violazione dell’art. 7 della 1. n. 212 del 2000, la
mancata allegazione dell’autorizzazione all’utilizzo dei
conti correnti bancari non avendo determinato una
effettiva compromissione del diritto di difesa.
II. – Osserva la corte che il primo motivo è
inammissibile.
Anche prescindendo dal marcato difetto di autosufficienza,
posto che non risulta dall’impugnata sentenza l’avvenuta
formulazione dell’eccezione sopra detta, cui la doglianza
è legata, giova dire che trattavasi di una eccezione
processuale di inammissibilità dell’appello.
La doglianza è quindi mal posta, giacché il vizio di
omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato
esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di
merito, non anche ove sia mancato l’esame di eccezioni
pregiudiziali di rito.

3

La sentenza che si assuma avere erroneamente rigettato
un’eccezione di inammissibilità dell’appello non è
censurabile in sede di legittimità per violazione
dell’art. 112 c.p.c. (v. Cass. n. 1701-09; n. 3667-06).
III. – Il ricorso è da disattendere con riferimento alla
seconda censura, il cui esame di rivela decisivo e

assorbente.
Le sezioni unite di questa corte, risolvendo il contrasto
insorto nella sezione tributaria in ordine alla questione
della validità o meno dell’avviso di accertamento emesso
prima della scadenza del termine di 60 giorni dal rilascio
di copia del verbale di constatazione, previsto dall’art.
12, 7 0 co— della 1. n.
principio

secondo il

212 del 2000,

quale la

hanno reso il

norma deve

essere

del

termine

interpretata nel senso che l’inosservanza

dilatorio “determina di per sé, salvo che ricorrano
specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità del’atto
impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è
posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio
procedimentale, il quale costituisce primaria espressione
dei principi, di derivazione costituzionale, di
collaborazione e buona fede tra amministrazione e
contribuente ed è diretto al migliore e più efficace
esercizio della potestà impositiva”. In questo senso, il
vizio invalidante “non consiste nella mera omessa
enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno
determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva
assenza di detto requisito (esonerativo dell’osservanza

4

del

termine),

la cui

ricorrenza,

nella concreta

fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere
provata dall’ufficio” (sez. un. n. 18184-13).
Non si trattava, dunque, si affermare la natura perentoria
o meno del termine detto, ma di verificare se fossero
state dall’amministrazione dedotte, finanche solo nel

giudizio di merito, e provate, concrete ragioni di urgenza
tali da legittimare l’emissione dell’atto ante tempo.
E’ decisivo notare che ciò non risulta dalla sentenza, la
quale ha escluso l’esistenza (in fatto) di specifiche
ragioni di urgenza; e

sullo specifico profilo, la

ricorrente non ha mosso censura.
Per quanto allora suscettibile di correzione (ai sensi
dell’art. 384, ult. co ., c.p.c.) nella parte in cui ha
affermato che la ricorrenza di eventuali condizioni di
urgenza avrebbero dovuto essere adeguatamente illustrata
nella motivazione dell’avviso di rettifica, la sentenza
rimane intangibile in relazione all’accertamento di fatto
circa la non ricorrenza delle suddette condizioni
esonerative.
IV. – Il rigetto della doglianza al riguardo prospettata
dall’amministrazione ricorrente assorbe ogni ulteriore
questione.
L’annullamento dell’atto tributario resta invero sorretto
dalla mentovata specifica ratio decidendi.
Allo scrutinio degli altri motivi la ricorrente non ha
interesse.
p.q.m.

5

re,I DA
SENSI

N.

La Corte rigetta il ricorso.

TPUBUT4RIA

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

sezione civile, addì 12 dicembre 2013.

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