Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18729 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. II, 10/09/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 10/09/2020), n.18729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20370/2019 proposto da:

I.P.F., rappresentato e difeso dall’avvocato

VITTORIO SANNONER;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONAOLE DI FOGGIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2109/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 14/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.P.F., cittadino (OMISSIS) provenienti dall’Edo State, chiese al Tribunale di Bari la protezione internazionale, nelle forme del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria, deducendo di essere di religione cristiana e di essere stato perseguitato dagli adepti di una setta cultista.

1.1. All’esito dei giudizi di merito, la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 14.12.2018, confermò la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso, fondando la decisione sulla valutazione di inattendibilità del racconto in relazione alla persecuzione subita e, quanto alla protezione sussidiaria ed umanitaria, per l’assenza di una situazione di conflitto armato nella Regione dell’Edo State.

2. la cassazione della citata sentenza, ha proposto ricorso I.P.F. sulla base di tre motivi.

2.1. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte di merito valutato la credibilità del richiedente la protezione internazionale secondo il principio dell’onere probatorio attenuato e tenendo conto delle condizioni del paese d’origine, rilevabile dalle fonti internazionali, dalle quali si evincerebbe una situazione di grave violazione dei diritti umani oltre che di un conflitto indiscriminato anche nel sud della Nigeria.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. La corte di merito ha ritenuto inverosimile la dichiarazione del ricorrente di essere stato perseguitato da una setta cultista in ragione della sua fede religiosa, poichè ha escluso che nel sud della Nigeria vi fossero fenomeni di persecuzione ai danni dei cristiani e che si consumassero atti di terrorismo islamista.

1.3. Il ricorrente contesta la valutazione di inattendibilità, sostenendo, in modo apodittico, la logicità e coerenza delle dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale, contrapponendo la propria valutazione a quella svolta dal giudice di merito, con apprezzamento sottratta al sindacato di legittimità (Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, n. 21142).

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 e art. 14, lett. c), perchè il giudice di merito non avrebbe riconosciuto che anche nel Delta del Niger vi sarebbe una situazione di conflitto generalizzato.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.3. Nel caso di un Paese molto vasto e differenziato, come la Nigeria, deve escludersi la sussistenza dei presupposti della protezione sussidiaria qualora nella suddetta regione non sussista una situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato (Cassazione civile sez. I, 22/01/2020, n. 1376).

2.4. Il giudice d’appello ha accertato che nella Regione dell’Edo State non sussisteva una situazione di violenza generalizzata sulla base dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; Cass. n. 13858 del 2018), secondo cui sussiste il danno grave (v. 26 Considerando della direttiva n. 2011/95/UE) solo se gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati raggiungano un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia.

2.5. Nella specie, la corte di merito ha accertato che gli attentati terroristici da parte di (OMISSIS) interessano il Nord della Nigeria mentre gli atti di pirateria, gli attentati alle multinazionali e le altre forme di violenza – che, comunque, riguardano il Delta del Niger e non l’Edo State da cui proviene il ricorrente – non sono equiparabili ad un conflitto armato.

2.6. Il riferimento al sito (OMISSIS) curato dal Ministero degli Affari esteri, richiamato in ricorso, è inidoneo a provare la situazione di violenza generalizzata, perchè diretto a fornire informazioni sulla sicurezza dei Paesi stranieri ai cittadini italiani durante i loro spostamenti all’estero.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per aver il Giudice di merito rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, senza, tuttavia, valutare la situazione del Paese di origine del richiedente.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 – applicabile ratione temporis, in conformità a quanto disposto da Cass., Sez. Un. 29459 del 13/11/2019, essendo stata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno proposta prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 – rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale.

3.3. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 – 01) alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione.

3.4. La Corte territoriale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha puntualmente valutato entrambe le condizioni menzionate, ritenendo che non sussistesse nè la vulnerabilità, in relazione all’area di provenienza del ricorrente, nè la prova dell’inserimento nel nostro Paese.

4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

4.1. Non deve provvedersi in ordine alle spese in quanto il Ministero non ha svolto attività difensiva.

4.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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