Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18728 del 05/09/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18728 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

equa riparazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

sentenza con motivazione
semplificata

LONGO Concetta (LNG CCT 36P59 L063V), CARDACIOTTO
Pasqualina (CRD PQL 59A63 L063S), CARDACIOTTO Agostino
(CRI) GTN 61A15 L0630) e CARDACIOTTO Maria Carmela (CRI) MCR
65D69 L063M), tutti nella qualità di eredi di Cardaciotto
Giuseppe, rappresentati e difesi, per procura speciale a
margine del ricorso, dall’Avv. Antonino Pellicanà, ed
elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo
in Roma, Piazzale delle Belle Arti n. 8;
ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

Data pubblicazione: 05/09/2014

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– controricorrente avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25 giugno 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Alberto Giusti;
udito l’Avv. Antonino Pellicanà.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 23 maggio 2012
presso la Corte d’appello di Catanzaro, Longo Concetta e
gli altri istanti indicati in epigrafe, in qualità di
eredi di Cardaciotto Giuseppe, hanno chiesto la condanna
del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo
per la irragionevole durata di un giudizio instaurato dal
loro dante causa dinanzi al Pretore di Palmi, in funzione
di giudice del lavoro, nell’aprile 1997, proseguito in
appello dinanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria e
definito con sentenza della Corte di Cassazione pubblicata
in data 9 dicembre 2011, essendo la morte del

de cuius

sopraggiunta nel corso del giudizio, nel novembre 2007;
che l’adita Corte d’appello ha rigettato la domanda di
equa riparazione sul rilievo che la modestia e l’esiguità
della posta in gioco – inferiore ad euro 500 – e la
carenza di interesse in considerazione dell’ottenimento

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dell’e febbraio 2013.

delle somme rivendicate, facevano escludere la sussistenza
della dedotta sofferenza derivante dalla eccessiva durata
del processo;
che

Longo

Concetta,

Cardaciotto

Pasqualina,

proposto ricorso per la cassazione di questo decreto,
affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso
l’amministrazione intimata;
che in prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno
depositato una memoria illustrativa.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
di una motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo mezzo (illegittimità – vizio assoluto
di motivazione) i ricorrenti si dolgono del mancato
riconoscimento dell’equo indennizzo, sostenendo che le
ragioni addotte dalla Corte d’appello, e segnatamente
quella relativa alla minima entità della posta in gioco,
sarebbero del tutto erronee in considerazione della non
adeguata valutazione dell’importanza della controversia e
della non corretta individuazione dell’oggetto del
giudizio presupposto (non il diritto all’iscrizione negli
elenchi agricoli e all’indennità di disoccupazione, bensì

il

diritto all’adeguamento dell’indennità di

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Cardaciotto Agostino e Cardaciotto Maria Carmela hanno

disoccupazione agricola) e del valore dello stesso (non
inferiore a 500 euro, bensì superiore ad euro 2.000);
che con il secondo mezzo gli istanti lamentano
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 l. n. 89 del

l’asserita modestia della posta in gioco non sarebbe
comunque idonea a far escludere la sussistenza del danno
non patrimoniale cagionato dall’irragionevole durata del
processo;
che con il terzo motivo, che denuncia difetto assoluto
di motivazione e disparità di trattamento, si censura che
la parte motiva del gravato decreto sia contraddittoria
rispetto a fattispecie analoghe giudicate dalla stessa
Corte di appello di Catanzaro;
che i motivi,

che possono essere trattati

congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono
fondati, nei termini e nei limiti di seguito precisati;
che è consolidato principio di questa Corte che, in
caso di violazione del termine di durata ragionevole del
processo, il diritto all’equa riparazione di cui all’art.
2 della legge n. 89 del 2001 spetti a tutti i protagonisti
della vicenda processuale, costituendo l’angoscia e il
patema d’animo per l’eccessiva protrazione del processo i
riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in
ordine alle posizioni in esso coinvolte;

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2001 nonché carenza assoluta di motivazione sostenendo che

che, in altri termini, il danno non patrimoniale è da
ritenere conseguenza normale, ancorché non automatica e
necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole
durata del processo, purché non ricorrano elementi tali
vulnus cagionato dal

ritardo nella definizione del giudizio non abbia
sensibilmente inciso sulla sfera del ricorrente;
che il modesto valore della posta in gioco non può
costituire utile ragione per escludere la spettanza
dell’equo indennizzo nei casi in cui dall’apprezzamento
concreto della fattispecie (causa previdenziale),
effettuato anche alla stregua della situazione socioeconomica dell’istante, emerga, come nella specie, un
effettivo interesse alla decisione (Cass. n. 23519 del
2011; Cass. n. 22435 del 2009), giacché l’esigua entità
della pretesa patrimoniale azionata può unicamente
incidere in sede di valutazione equitativa del pregiudizio
concreto subito dal cittadino a causa del ritardo del
servizio giustizia, legittimando lo scostamento, in senso
peggiorativo, dai parametri indennitari fissati dalla
Corte europea dei diritti dell’uomo;
che alla stregua di tali considerazioni il ricorso
deve quindi essere accolto, con conseguente annullamento
del decreto impugnato;

che consentano di sostenere che il

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi
dell’art. 384, secondo coma, cod. proc. civ.;
che il processo presupposto si è pacificamente

data del decesso di Giuseppe Cardaciotto), sicché,
detratti sei anni di ragionevole durata in base ai criteri
standard,

esso ha avuto la durata irragionevole di circa

quattro anni e sei mesi;
che, nella specie, il diritto all’equa riparazione per
il danno non patrimoniale va pertanto equitativamente
determinato nella somma di euro 2.250 (pari ad euro 500
per ogni anno di ritardo, stante l’entità ridotta del
pregiudizio per effetto della modesta entità della posta
in gioco), da dividersi tra i ricorrenti in proporzione
alla propria quota ereditaria;
che le spese processuali, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte
impugnato e,

accoglie

il ricorso;

cassa

il decreto

decidendo la causa nel merito, condanna il

Ministero della giustizia al pagamento, in favore dei
ricorrenti, della somma complessiva di euro 2.250, da
dividersi in proporzione alla propria quota ereditaria,
condannando l’Amministrazione altresì al rimborso delle

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protratto per dieci anni e sei mesi (computati fino alla

spese del giudizio di merito, che determina in complessivi
euro 700, di cui euro 600 per compensi, oltre agli
accessori di legge; pone a carico del Ministero le spese
del giudizio di cassazione, liquidate in euro 600, di cui

Dispone la distrazione delle spese processuali, di merito
e di legittimità, in favore dell’Avv. Antonino Pellicanà,
dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il

euro 500 per compensi, oltre ad accessori di legge.

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