Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18726 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. II, 10/09/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 10/09/2020), n.18726

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20190/2019 proposto da:

J.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO, 9,

presso lo studio dell’avvocato EDOARDO SPIGHETTI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SILVANA GUGLIELMO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cron. 1355/2019 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositato il 29/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere SERGIO GORJAN.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

J.H. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avverso la decisione della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Crotone che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione poichè non credibile il racconto delle ragioni fattuali poste alla base della sua istanza d’asilo e comunque non ricorrenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

L’adito Tribunale di Catanzaro ebbe a rigettare il ricorso poichè effettivamente non appariva credibile il racconto del richiedente asilo quando asseriva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè, per difendersi da un aggressione da parte del fratello della ragazza che frequentava e che era rimasta incinta contro il volere della sua famiglia d’origine, ebbe a cagionare delle lesioni al suo aggressore sicchè era ricercato dalla Polizia.

Il Collegio calabrese, poi, ritenne che non concorrevano i requisiti di legge per la protezione internazionale e nemmeno per quella umanitaria specie con relazione all’attuale situazione socio-politica interna del Gambia.

Lo J. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Collegio calabrese articolato su cinque motivi.

Il Ministero degli Interni resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da J.H. s’appalesa privo di fondamento e va rigettato. Con il primo motivo di ricorso l’impugnante deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis e portate nella direttiva U.E. in materia, poichè il Tribunale non provvide ad ascoltarlo in udienza anche al fine di chiarire le sue dichiarazioni rese in sede amministrativa ritenute contraddittorie.

La censura appare priva di fondamento posto che non risulta contestata la precisazione,presente in decreto, che vi fu fissazione d’udienza avanti il Giudice delegato e che il ricorrente non presenziò detta udienza, bensì comparve solo il suo difensore.

Difatti, a prescindere dalla ricostruzione logico-giuridica della disposizione legislativa in tema portata nella L. n. 46 del 2017, ciò che risulta dirimente nella specie appare essere che il Tribunale osservò la disposizione legislativa poichè in – pacifico – difetto di videoregistrazione venne fissata l’udienza per la comparizione delle parti ed in detta udienza non comparve personalmente il richiedente asilo, che così nemmeno potè essere ascoltato, siccome in questa sede lamenta.

Dunque nemmeno in astratto può configurarsi la dedotta violazione di legge poichè l’udienza per la comparizione delle parti fu fissata e fu il soggetto che lamenta la violazione del suo diritto a scegliere di non parteciparvi.

Con la seconda ragione di doglianza lo J. deduce violazione del disposto D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 2, in materia di protezione sussidiaria poichè il Tribunale non ebbe a valutare, senza nemmeno azionare i suoi poteri officiosi d’informazione, le conseguenze penali correlate alla vicenda personale riferita dal richiedente asilo a giustificazione della suo allontanamento dal Gambia.

La censura articolata appare affetta da genericità posto che non si confronta con la ragione effettiva di rigetto della domanda di protezione posta in rilievo dal Tribunale, ossia la non credibilità del racconto fatto dallo J..

Un tanto esclude che concorra l’obbligo di cooperazione istruttoria al fine di accertare la fondatezza del racconto del richiedente asilo – Cass. sez. 1 n. 16925/18, Cass. sez. 1 n. 15794/19 -.

Con il terzo mezzo impugnazione il ricorrente lamenta violazione della L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 9, poichè il Collegio calabrese non ebbe ad azionare i suoi doveri officiosi di assumere informazioni circa la situazione socio-politica aggiornata del Paese di provenienza del richiedente asilo.

L’argomento critico s’appalesa siccome inammissibile poichè si compendia in apodittica affermazione di mancato rispetto delle regole legali in materia, secondo l’insegnamento di questa Suprema Corte, che viceversa il Collegio calabrese ha osservato puntualmente indicando la fonte – documentazione proveniente da organismi internazionali – dalla quale ha tratto la sua conclusione della non concorrenza nella zona in del Gambia,in cui viveva il ricorrente, di una situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa,unica questione esaminabile una volta ritenuto non credibile il racconto del richiedente asilo.

Con la quarta ragione di doglianza lo J. rileva violazione della norma D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, poichè il Tribunale ebbe a valutare malamente la situazione socio-politica esistente in Gambia siccome desumibile dalla documentazione confezionata da Organismi internazionali.

La censura viene portata con relazione a tutte le ipotesi normate dall’art. 14 D.Lgs. citato, ma come dianzi illustrato, in presenza di statuizione sulla non credibilità del racconto del richiedente protezione circa le ragioni del suo allontanamento dal Gambia vengono meno anche le questioni correlate alle situazioni previste dalle lettere a) b) detto articolo, posto che nemmeno può configurarsi questione circa una persecuzione di tipo giudiziario in relazione alle condotte violente asserite.

Con relazione all’attuale situazione socio-politica del Gambia, il Collegio catanzarese ha puntualmente esaminata la questione con specifica indicazione delle fonti di conoscenza utilizzate all’uopo, sicchè l’argomento critico svolto dal ricorrente si compendia nella mera prospettazione di ricostruzione alternativa, con inammissibile richiesta a questa Corte di legittimità di una valutazione circa il merito della controversia.

Con la quinta doglianza il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, D.P.R. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 2 Cost. ed artt. 3 e 8 CEDU poichè i Giudici calabresi in tema di protezione umanitaria non ebbero ad esaminare la sua domanda in relazione alla prospettata violazione dei suoi diritti fondamentali in caso di rimpatrio in Paese non sicuro e non in grado di assicurare detti diritti.

La svolta censura s’appalesa siccome generica poichè l’argomento critico sviluppato appare fondato su astratta elaborazione dei tratti fondamentali dell’istituto senza un effettivo confronto con quanto al riguardo illustrato dal Tribunale circa la specifica posizione dello J..

Difatti il Collegio di prime cure ha puntualmente messo in risalto come il richiedente asilo non ebbe a dedurre nè specifica situazione di vulnerabilità nè elementi fondanti una effettiva integrazione nel tessuto sociale italiano – anzi nemmeno è in grado d’esprimersi in italiano – sicchè l’astratta analisi dell’istituto non supera l’accertata carenza dei requisiti di legge prescritti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Al rigetto del ricorso segue,ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusone delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione resistente, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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