Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18725 del 01/07/2021

Cassazione civile sez. I, 01/07/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 01/07/2021), n.18725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20468/2020 R.G. proposto da:

O.E. (o E.O.), rappresentato e difeso dall’Avv. Rita

Labbro Francia, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 612/20,

depositata il 30 giugno 2020;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 aprile

2021 dal Consigliere Guido Mercolino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 30 giugno 2020, la Corte d’appello di Lecce ha rigettato il gravame interposto da O.E. (o E.O.), cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza emessa il 24 luglio 2018 dal Tribunale di Lecce, che aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria o di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta dall’appellante.

Premesso che a sostegno della domanda l’appellante aveva riferito di essersi allontanato dal Paese di origine per timore di essere ucciso da uno zio, che dopo avergli concesso l’uso di un terreno ne aveva preteso la restituzione, facendo uccidere sua sorella che aveva tentato di accedervi, la Corte ha escluso la credibilità del racconto, rilevando comunque che la vicenda narrata non era riconducibile alle fattispecie di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), avendo carattere privato e personale, e non essendo stata dedotta l’impossibilità di ottenere tutela dalle autorità statali. Ha escluso inoltre la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 14, lett. c), rilevando che dalle informazioni fornite da fonti internazionali non emergeva l’esistenza in Nigeria di una situazione di violenza indiscriminata, soprattutto in riferimento all’area di provenienza dell’appellante, nella quale si registravano solo atti di violenza legati a conflitti tra le comunità locali ed il Governo e le compagnie petrolifere, che non comportavano un rischio specifico per l’appellante. Ha escluso infine la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, rilevando che il ricorrente non aveva allegato alcun profilo di vulnerabilità personale, e dando atto del mancato avvio di un percorso d’integrazione nel territorio italiano.

2. Avverso la predetta sentenza l’Osakue ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo. Il Ministero dell’interno ha resistito mediante il deposito di un atto di costituzione, ai fini della partecipazione alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Ministero dell’interno, avvenuta mediante il deposito di un atto finalizzato esclusivamente alla partecipazione alla discussione orale, anzichè mediante controricorso: nel procedimento in camera di consiglio dinanzi alla Corte di cassazione, il concorso delle parti alla fase decisoria deve infatti realizzarsi in forma scritta, attraverso il deposito di memorie, il quale postula che l’intimato si costituisca mediante controricorso tempestivamente notificato e depositato (cfr. 25/10/2018, n. 27124; Cass., Sez. V, 5/10/2018, n. 24422; Cass., Sez. III, 20/10/2017, n. 24835);

2. Con l’unico motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata e la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3, e art. 35 bis, comma 9, osservando che la Corte d’appello ha omesso di procedere ad una valutazione individuale, obiettiva ed imparziale della vicenda personale da lui allegata, non avendo tenuto conto della situazione di pericolo cui egli resterebbe esposto in caso di rimpatrio, avendo richiamato informazioni desunte da fonti non aggiornate e non avendo esercitato i propri poteri officiosi d’indagine ed acquisizione documentale per accertare la situazione di violenza indiscriminata in atto nel suo Paese di origine.

2.1. Il motivo è infondato.

In tema di protezione internazionale, questa Corte ha avuto infatti modo di affermare che le dichiarazioni rese dallo straniero, se non suffragate da prove, devono essere sottoposte, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ad un controllo di credibilità, avente ad oggetto da un lato la coerenza interna ed esterna delle stesse, ovverosia la congruenza intrinseca del racconto e la sua concordanza con le informazioni generali e specifiche di cui si dispone, dall’altro la plausibilità della vicenda narrata, che deve risultare attendibile e convincente sul piano razionale, non comportando tale verifica un aggravamento della posizione del richiedente, il quale beneficia anzi di un’attenuazione dell’onere della prova, ricollegabile al dovere del giudice di acquisire d’ufficio il necessario materiale probatorio ed al potere di ritenere provate circostanze che non lo sono affatto, ferma restando, per l’appunto, la necessità che i fatti narrati superino il predetto vaglio di logicità (cfr. Cass., Sez. I, 7/08/2019, n. 21142; Cass., Sez. VI, 31/07/2019, n. 20580).

Tale controllo deve ritenersi nella specie correttamente effettuato, avendo la Corte territoriale proceduto ad un attento scrutinio delle dichiarazioni rese dal ricorrente nel corso del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ed avendo ritenuto condivisibile il giudizio d’implausibilità da quest’ultima espresso in ordine alla vicenda personale allegata a sostegno della domanda, reputata comunque inidonea a giustificare il prospettato timore di rimanere esposto, in caso di rimpatrio, al rischio di un danno grave, inteso nel senso di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), in quanto riflettente un contrasto di natura meramente privata e personale, e non accompagnata dall’allegazione dell’impossibilità di ottenere un’adeguata protezione dalle autorità statali.

L’apprezzamento in tal modo compiuto integra un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oppure per difetto del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, in relazione all’inesistenza materiale, mera apparenza, perplessità o grave contraddittorietà della motivazione (cfr. Cass., Sez. I, 2/07/2020, n. 13578; 11/03/2020, n. 6897; Cass., Sez. III, 19/06/2020, n. 11925). Il primo vizio nella specie non è stato neppure prospettato, essendosi il ricorrente limitato a far valere l’inosservanza dei criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, che risultano invece puntualmente rispettati, mentre il secondo risulta soltanto genericamente dedotto, attraverso l’osservazione che le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata riproducono senza significative variazioni quelle contenute in altri provvedimenti relativi a giudizi analoghi: com’è noto, infatti, l’obbligo di motivazione può essere adempiuto anche mediante l’impiego di riflessioni o schemi decisionali già adottati in riferimento a casi simili o per la risoluzione di identiche questioni, la cui utilizzazione non comporta di per sè la mera apparenza della motivazione, a condizione che il percorso argomen-tativo seguito consenta di cogliere le caratteristiche specifiche della fattispecie presa in esame e le ragioni dell’applicazione dei principi richiamati (cfr. Cass., Sez. V, 31/01/2019, n. 2861; Cass., Sez. VI, 3/07/2018, n. 17403; Cass., Sez. lav., 6/09/2016, n. 17640); qualora pertanto, come nella specie, il provvedimento impugnato contenga una puntuale ricostruzione dei fatti ed una chiara enunciazione della regula juris ritenuta applicabile, incombe alla parte che intenda far valere il difetto di motivazione l’onere di spiegare le ragioni per cui la prima deve ritenersi inadeguata e la seconda non pertinente.

Il giudizio negativo in ordine alla credibilità soggettiva del richiedente, espresso in conformità dei criteri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, risulta di per sè sufficiente a dispensare il giudice dal compimento di approfondimenti officiosi in ordine alla situazione del Paese di origine, ai fini dell’esclusione della configurabilità delle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non trovando applicazione in tal caso il dovere di cooperazione istruttoria previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, il quale non opera laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (cfr. tra le altre, Cass., Sez. II, 11/08/2020, n. 16925; Cass., Sez. I, 12/06/2019, n. 15794; Cass., Sez. VI, 27/06/2018, n. 16925). La ritenuta inattendibilità della vicenda personale risulta invece irrilevante ai fini dell’accertamento della fattispecie di cui alla lett. c) dell’art. 14 cit., che, in quanto correlata alla provenienza del richiedente dall’area interessata dal conflitto armato da cui deriva la situazione di violenza indiscriminata che costituisce fonte della minaccia grave e individuale alla vita o alla persona prospettata a sostegno della domanda, può essere ritenuta insussistente soltanto nel caso in cui i dubbi sollevati in ordine alla credibilità delle dichiarazioni da lui rese riguardino proprio questo profilo (cfr. Cass., Sez. I, 6/07/2020, n. 13940; 24/05/2019, n. 14283). Nella specie, tuttavia, la configurabilità della predetta situazione è stata correttamente esclusa in virtù del richiamo d’informazioni fornite da fonti internazionali autorevoli ed aggiornate, puntualmente indicate in motivazione, dalle quali la sentenza impugnata ha desunto che il conflitto di carattere etnico-religioso in atto in Nigeria risulta circoscritto all’area nordorien-tale del Paese, dove opera l’organizzazione terroristica di matrice islamica denominata (OMISSIS), e non si estende alla zona meridionale, comprendente l’Edo State, dal quale proviene il ricorrente, interessata esclusivamente da scontri tra le comunità locali ed il Governo e le compagnie petrolifere, ai quali il ricorrente risulta estraneo. Tale apprezzamento non risulta validamente censurato dal ricorrente, il quale, nel lamentare l’inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, in relazione all’insufficiente aggiornamento delle fonti informative utilizzate, non è in grado d’indicare fonti diverse o più aggiornate dalle quali avrebbe potuto desumersi che nella sua regione di origine esiste una situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto armato: la parte che intenda denunciare in sede di legittimità la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, da parte del giudice di merito, il quale abbia rigettato la domanda sulla base d’informazioni ritenute non specifiche o non aggiornate, è infatti tenuta ad allegare l’esistenza di fonti diverse, più pertinenti ed attendibili, nonchè ad indicarne gli estremi ed a riassumerne (o trascriverne) il contenuto, al fine di evidenziare che, se il giudice ne avesse tenuto conto, l’esito della lite sarebbe stato diverso, non potendo altrimenti la Corte apprezzare l’astratta rilevanza del vizio dedotto (cfr. Cass., Sez. I, 20/10/2020, n. 22769; 9/10/2020, n. 21932).

3. Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo all’irrituale costituzione dello intimato.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2021

 

 

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