Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18716 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 10/09/2020), n.18716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35656-2018 proposto da:

ORSINI IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA PATRIZI 13,

presso lo studio dell’avvocato GEMMA ANDREA, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4288/16/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

Orsini immobiliare srl ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per estimi catastali di immobile sito in Roma microzona 1 centro storico, con rettifica della classe e della rendita, ha accolto l’appello dell’Ufficio, in riforma della sentenza di primo grado. La CTR, per quanto ancora rileva, ha ritenuto ininfluente la rettifica della rendita catastale a breve distanza temporale dall’adeguamento effettuato tramite DOCFA, ritenendo correttamente effettuato il riclassamento in base alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 sulla base delle caratteristiche della microzona, per fatto notorio di grande pregio, per cui “l’ubicazione dell’immobile, la sua collocazione nel centro storico e il notevole (quanto notorio) incremento di valore “; per contro il contribuente non ha prodotto “elementi e fatti idonei a mettere il Collegio in grado di percepire l’eventuale iniquità o inesattezza del classamento”.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Vanno preliminarmente esaminati, per ragioni logiche, il secondo e terzo motivo del ricorso, che vanno entrambi dichiarati inammissibli.

2. Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 ex art. 360 c.p.c., n. 4 per motivazione perplessa, avendo la CTR ribadito le argomentazioni della sentenza di primo grado pervenendo a soluzione antitetica.

Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, in mancanza della trascrizione della sentenza di primo grado la cui motivazione si assume sia stata riprodotta – in relazione all’astratta legittimità dell’avviso di accertamento- pur ritenendola erronea. In ogni caso è infondato, emergendo con chiarezza dalla lettura del provvedimento impugnato l’esposizione dei fatti di causa e le ragioni della decisione, in sè coerenti e logiche.

3. Col terzo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere il giudice di appello tenuto conto della perizia tecnica e delle circostanze significative addotte per inficiare il nuovo classa mento.

4. Anche questo motivo è inammissibile, in quanto sottopone al vaglio della Corte un riesame del fatto precluso in sede di legittimità, non conformandosi, peraltro, allo schema normativo del nuovo vizio “motivazionale”, quale risultante dalle modifiche introdotte con il decreto L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134. Ed infatti, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 – il vizio in esame deve intendersi quale riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. n. 28069/2018). Il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso”. (Cass. sez. un. 22/9/2014 n. 19881, Cass. sez. un. 7/4/2014 n. 8053).

Nel caso di specie, la ricorrente, censurando anomalie motivazionali, sottopone al vaglio della Corte un accertamento di fatto, inammissibile in sede di legittimità, giacchè la censura sottende una diversa valutazione dei presupposti per l’azione di sgravio, mettendo in discussione l’accertamento dei fatti così come compiuto dal giudice di seconde cure, mascherando la richiesta di un ulteriore grado di merito, preclusa in questa sede.

5. Col primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 329 e 346 c.p.c. e art. 2909 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la CTR rilevato che l’Ufficio non aveva impugnato un capo autonomo della sentenza di primo grado.

Questo motivo è fondato.

La CTP aveva accolto nel merito il ricorso del contribuente per non avere l’Ufficio dimostrato che a partire dall’anno 2009 (anno in cui è stata validata la domanda di variazione e assegnazione della classe richiesta) la zona in cui è ubicato l’immobile sia stata interessata da interventi talmente significativi da consentire la elevazione della classe attribuita; e “tale prova non è stata fornita”.

Contro la sentenza di primo grado l’Ufficio ha interposto appello dell’Ufficio unicamente proposto per violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1 comma 335, senza contestare la ratio autonoma della sentenza di primo grado relativa alla mancata prova della pretesa contenuta nell’atto impositivo.

Va sul punto ribadito che l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (cfr., ex plurimis, Sez. un. 7931 del 2013; le sentenze nn. 389 e 13070 del 2007, 3386 e 22753 del 2011, 2108 del 2012; n. 4296/2016; Ord. n. 16314 del 18/06/2019).

6. Conclusivamente va accolto il primo motivo del ricorso e dichiarati inammissibili i restanti. La sentenza impugnata va cassata con riferimento al motivo accolto, con rinvio alla CTR del Lazio, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso; dichiara inammissibili i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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