Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18714 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 23/09/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 23/09/2016), n.18714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTOPNIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17152-2011 proposto da:

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI, C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.C., C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAESTRO

GAETANO CAPOCCI 14, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO PERELLI,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

A.S. C.F. MDASNT55S55H501R, + ALTRI OMESSI

– intimati –

Nonchè da:

A.S. C.f. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI C.f. (OMISSIS), + ALTRI

OMESSI

– intimati –

Nonchè da:

CA.MA. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato

FILIPPO LATTANZI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FRANCESCO CARDARELLI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI C.F. (OMISSIS), + ALTRI

OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 10311/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/04/2011, R.G. N. 7040/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito l’Avvocato CARLO IZZO;

udito l’Avvocato ANTONIO PERELLI;

udito l’Avvocato CLAUDIO PASSARI;

udito l’Avvocato FRANCESCO SAVERIO CANTELLA per delega FRANCESCO

CARDARELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo

del ricorso, in via subordinata per l’accoglimento del 3 e 4 motivo

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ca.Ca. ed altri numerosi litisconsorti, tutti dipendenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, inquadrati nell’Area C, posizione economica C3 e C3 super (ex 9^ qualifica funzionale) del C.C.N.L. comparto Ministeri, agivano per il riconoscimento della equiparazione del trattamento stipendiale a quello percepito dal personale del ruolo ad esaurimento, confluito nella medesima area C, assumendo la nullità, per violazione dell’art. 36 Cost. e del principio di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 delle clausole della contrattazione collettiva che avevano fatto permanere nel tempo la differenza retributiva tra le due categorie di lavoratori.

2. La domanda, respinta in primo grado, veniva parzialmente accolta dalla Corte di appello di Roma, che riconosceva, a far tempo dalle date indicate in ricorso, Il diritto degli appellanti ad un trattamento stipendiale – in relazione al D.L. n. n. 9 del 1986, art. 2, comma 4, conv. in L. n. 78 del 1983 – pari al 90% di quello fissato per il Direttore di Divisione del ruolo ad esaurimento per gli appellanti inquadrati in C3 e sempre al 90% di quello fissato per l’Ispettore Generale del ruolo ad esaurimento per gli appellanti inquadrati in C3S, nonchè il diritto ai successivi incrementi stipendiali pari a quelli riconosciuti al personale del ruolo ad esaurimento secondo la distinzione anzidetta e, per l’effetto, condannava il Ministero dell’appellato in via generica a corrispondere agli appellanti le differenze retributive tra gli importi come sopra attribuiti e quelli percepiti per gli stessi titoli, oltre accessori; dichiarava nulla la domanda diretta ad ottenere la condanna del quantum.

2.1. A fondamento del decisum, la Corte di merito riteneva che il legislatore, con la previsione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, avesse inteso mantenere solo in via provvisoria il trattamento differenziato riconosciuto ad personam al personale del ruolo ad esaurimento in ragione della particolare posizione derivante da tale qualifica, connotata da funzioni dl responsabilità di superiore livello, come riconosciuto anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 228/1997 e che, dunque, l’obiettiva peculiarità della qualifica ad esaurimento non consentisse di invocare il principio di parità di trattamento, che presuppone l’assoluta identità delle situazioni raffrontate; che la differenza di retribuzione, giustificata nei limiti stabiliti dal D.L. 28 gennaio 1986, n. 9, art. 2, comma 4, (norma che aveva riconosciuto al personale un trattamento economico “non superiore al 90% del trattamento iniziale del direttore di divisione del ruolo ad esaurimento”), non poteva operare anche per i successivi incrementi contrattuali, stante la necessità che la differenziazione fosse contenuta nel tempo; che, di conseguenza, gli incrementi dovevano essere riconosciuti per intero in relazione ai periodi indicati rispettivamente per ciascun ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio; che la domanda di condanna al pagamento del quantum era nulla per difetto assoluto di indicazioni circa i parametri di riferimento posti a base della richiesta di liquidazione.

3. Avverso tale sentenza il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti propone ricorso principale con quattro motivi. I lavoratori difesi dall’avv. Carlo Izzo resistono con controricorso. Resiste con controricorso proposto separatamente P.M.. I lavoratori difesi dall’avv. Claudio Fassari resistono e propongono, a loro volta, ricorso incidentale lamentando l’erroneo riconoscimento della equiparazione nella misura del 90% anzichè in misura integrale. Del pari propone ricorso incidentale separato Ca.Ma. con tre motivi. Hanno depositato tre separate memorie ex art. 378 c.p.c. l’avv. Izzo per i lavoratori dallo stesso difesi, nonchè la Ca. e il P..

4. A seguito delle conclusioni rassegnate dal P.G., che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale proposto dall’Amministrazione, il difensore di P.M. ha depositato note di replica ex art. 379 c.p.c., u.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i primi due motivi del ricorso principale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti denuncia errores in procedendo e, precisamente, nullità e/o inesistenza della sentenza ex art. 161 c.p.c. e nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art.101 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 435 c.p.c., per difetto di valida notifica del ricorso in appello (primo motivo); nullità della sentenza e/o nullità del procedimento per violazione dell’art. 278 c.p.c., per avere la Corte di appello emesso una sentenza di condanna generica, in difetto di una istanza di parte diretta a limitare in tal senso l’originaria domanda di condanna nel quantum (secondo motivo).

2. Con il terzo e il quarto motivo si censura nel merito la sentenza per contraddittorietà della motivazione e per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24, comma 4, nonchè del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45. La Corte di appello, dopo avere ampiamente argomentato circa i caratteri peculiari dei dipendenti appartenenti al c.d. ruolo ad esaurimento, tali da giustificare anche la diversità di trattamento economico, aveva poi contraddittoriamente ritenuto che fosse stato violato il principio di parità dl trattamento tra dipendenti appartenenti alla medesima area economica; altrettanto contraddittorio era il passaggio in cui era stato richiamato, a fondamento del decisum, il D.L. 28 gennaio 1986, n. 9, art. 2, comma 4, conv. in L. n. 78 del 1986, norma che, istituendo la 9^ qualifica funzionale, aveva riconosciuto il diritto dei dipendenti che vi erano inseriti – e dunque degli stessi ricorrenti – ad un trattamento economico “non superiore al 90% del trattamento iniziale del direttore di divisione del ruolo ad esaurimento”. Quanto al denunciato error in iudicando, il Ministero ha richiamato la sentenza di questa Corte n. 11982/2010, che aveva escluso la sussistenza di una illegittima discriminazione nel riconoscimento, in sede di contrattazione collettiva, di un trattamento di maggior favore ai dipendenti ministeriali del soppresso ruolo ad esaurimento rispetto agli altri dipendenti appartenenti alla qualifica C3 all’interno della quale i primi erano del pari confluiti.

3. Con ricorso incidentale, A.S. ed altri (ricorrenti difesi dall’avv. Claudio Fassari) denunciano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2, 45 e 71 degli artt. 13 e 39 CCNL 1998/2001, del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 43. La Corte di appello, pur ritenendo in linea teorica il diritto all’equiparazione per essere i funzionari ex ruolo ad esaurimento ed ex 9^ qualifica inseriti nella medesima area C e nella medesima posizione, aveva ritenuto giustificata, anche se in via temporanea, la disciplina dettata dalla L. n. 9 del 1996, art. 2, comma 4, mentre sulla base del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, commi 2 e 3, – che attribuisce ai contratti collettivi di lavoro la potestà normativa di regolamentazione dei rapporti di lavoro presso le P.A. avrebbe dovuto considerare l’abrogazione implicita di norme di legge preesistenti o sopravvenute incompatibili con le norme contrattuali; queste ultime, correttamente interpretate alla luce del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 avrebbero dovuto riconoscere la totale equiparazione retributiva dei ricorrenti incidentali al personale del soppresso ruolo ad esaurimento ed erano quindi nulle le disposizioni contrattuali che avevano mantenuto la differenziazione dl trattamento economico tra le due categorie di dipendenti.

4. Ca.Ma., con il primo motivo del ricorso incidentale, denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2, e art. 69, comma 3, violazione degli artt. 3, 36 e 97 Cost., violazione e falsa applicazione del D.L. 28 gennaio 1986, n. 9, art. 2, comma 4, conv. in L. n. 78 del 1986. Sostiene l’erroneità della sentenza nella parte in cui non riconosce la perfetta equiparazione stipendiale con riferimento al trattamento economico di base stabilendo che, in virtù del D.L. n. 9 del 1986, art. 2, comma 4, per il personale appartenente alla 9^ qualifica funzionale, esso debba essere pari al 90% di quello spettante al ruolo ad esaurimento. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. 27 dicembre 1989, n. 413, art. 1 conv. in L. 28 febbraio 1990, n. 37, lamentando l’erroneità della pronuncia nella parte in cui ha riconosciuto l’equiparazione del trattamento solo al 90% anzichè al 92%, in considerazione della successiva modifica del testo originario del D.L. n. 9 del 1986, art. 2, comma 4, ad opera del D.L. n. 413 del 1989, art. 1, comma 3, conv. in L. n. 37 del 1990 (“a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le parole “90 per cento” di cui al D.L. 28 gennaio 1986, n. 9, art. 2, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1986, n. 78, sono sostituite dalle seguenti: “92 per cento”). Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 414 c.p.c., si duole della declaratoria di nullità della domanda diretta ad ottenere la condanna del Ministero al pagamento del quantum.

5. Osserva questa Corte, quanto al primo motivo del ricorso principale, che il relativo esame, pur a fronte del suo carattere pregiudiziale, ma anche in considerazione della mancanza del fascicolo d’ufficio (la cui acquisizione sarebbe strumentale all’esame del denunciato error in procedendo), viene pretermesso in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – in forza del quale deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale (Cass., Sezioni Unite, n. 9936 del 2014). Il principio della “ragione più liquida”, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass. Sezione Lavoro, n. 12002 del 2014).

5.1. In particolare, ritiene il Collegio che, potendo la controversia essere definita nel merito con l’accoglimento del terzo e del quarto motivo del ricorso principale (per i motivi che verranno di seguito esposti), l’esame della censura che prospetta un vizio di nullità della notifica del ricorso in appello – e conseguente difetto di valida instaurazione del contraddittorio – resta assorbito nella questione di più agevole soluzione. Analoga considerazione vale per il secondo motivo, parimenti vertente su error in procedendo, con cui ci si duole della nullità della sentenza che, a fronte di una domanda di condanna specifica, aveva provveduto, in assenza di istanza di parte, alla scissione del giudizio sull’ an debeatur da quello sul quantum.

6. Il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, da esaminare congiuntamente, sono fondati.

7. La questione sottoposta all’esame dl questo Collegio è identica ad altre già reiteratamente esaminate e decise da questa Corte, con costante orientamento (cfr., ex plurimis, Cass. n. 1982/2010, n. 22437/2011, n. 9313/2013; 5276/2013, n. 19616/2014, n. 21264/2014, n. 21260/2014, n. 25057/2014, n. 18096/2014, n. 13386/2015, n. 13600/2015, n. 13707/2015, n. 14442/2015).

8. Le qualifiche ad esaurimento provengono dal riordino dei ruoli organici delle carriere direttive delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (a seguito della istituzione della dirigenza), effettuato dal D.P.R. n. 748 del 1972, il cui art. 60, stabiliva che “Le qualifiche di ispettore generale e di direttore di divisione o equiparate sono conservate ad esaurimento entro i limiti di una autonoma nuova dotazione organica…” (comma 3). Il successivo art. 61, stabiliva poi il trattamento economico delle qualifiche ad esaurimento, rapportando lo stipendio annuo lordo dell’ex ispettore generale e dell’ex direttore di divisione o equiparate “a quattro quinti di quello spettante rispettivamente al dirigente superiore ed al primo dirigente con pari anzianità di qualifica” (successivamente elevandolo, rispettivamente al 95% e all’85% dello stipendio spettante al primo dirigente di pari anzianità, con il D.L. 6 giugno 1981, n. 283, art. 12, convertito nella L. n. 432 del 1981, e poi incrementandolo del 15%, con il D.L. n. 413 del 1989, art. 1, comma 2), oltre a determinate indennità, proventi e compensi in precedenza spettanti.

8.1. La nona qualifica funzionale venne invece istituita dal D.L. n. 9 del 1986, art. 2, convertito nella L. n. 78 del 1986, che stabilì il relativo trattamento economico iniziale in misura non superiore al 90% (92% a norma del D.L. n. 413 del 1989, art. 1, comma 4) di quello del direttore di divisione del ruolo ad esaurimento, mentre le relative mansioni vennero successivamente determinate, con la procedura contrattuale prevista dalla L. n. 93 del 1983, dal D.P.R. n. 266 del 1987.

8.2. Con la cd. prima privatizzazione del pubblico impiego, il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4, ha previsto che il personale delle qualifiche ad esaurimento, i cui ruoli venivano contestualmente soppressi dalla data di entrata in vigore del decreto, conservava la qualifica apicale non dirigenziale. A tale personale era possibile attribuire sia funzioni vicarie del dirigente (la cd. reggenza) sia funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza, non riservati al dirigente, con un trattamento economico definito nel primo contratto collettivo di comparto di cui all’art. 45.

8.3. Questa disciplina speciale per i funzionari apicali è stata confermata successivamente fino al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, che ha ribadito che detto personale conserva la qualifica ad personam e che ad esso possono essere attribuite sia funzioni vicarie del dirigente, sia funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente. Altresì è ribadito che il relativo trattamento economico, che tenga conto delle più elevate mansioni svolte a carattere direttivo, è definito tramite il relativo contratto collettivo.

8.4. Successivamente e in coerenza con questa direttiva di fondo, la contrattazione collettiva ha inquadrato i dipendenti dei due gruppi nella medesima area C, ma mantenendo, nelle successive tornate contrattuali, a partire da quella relativa al quadriennio normativo 1998/2001, biennio economico 1998/1999, un trattamento economico differenziato, attraverso l’attribuzione alle qualifiche dell’ex ruolo ad esaurimento di un incremento retributivo superiore a quello degli altri appartenenti alla qualifica C3, trattamento differenziato che trova quindi la propria legittimazione nel citato D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4, e comunque la propria giustificazione nella considerazione del diverso percorso professionale dei due gruppi di dipendenti, oltre che nel carattere necessariamente temporaneo della sopravvivenza della categoria e della qualifica. La distinzione in termini stipendiali prevista dalla contrattazione collettiva fra il personale appartenente a ruoli ad esaurimento di ispettore generale o di direttore di divisione e gli altri dipendenti della ex 9^ qualifica funzionale, tutti ormai inseriti nell’area contrattuale C, lungi dal determinare una violazione di legge, costituisce attuazione della norma transitoria contenuta nel citato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3. E dunque, la doverosa interpretazione sistematica impedisce l’invocata estensione del trattamento stipendiale corrispondente a tali qualifiche sopravvissute ad personam, (da ultimo, per il consolidato insegnamento di legittimità: Cass. 5 settembre 2015, n. 18096 e n. 18084; Cass. 10 luglio 2015, n. 14442; Cass 30 giugno 2015, n. 13386).

9. La peculiarità della posizione dei funzionari delle qualifiche ad esaurimento era stata riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 228/97, osservando che i funzionari delle qualifiche ad esaurimento avevano conseguito un trattamento economico rapportato in ragione di una percentuale rispetto allo stipendio delle qualifiche dirigenziali (D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 61) ed avevano continuato ad essere abilitati a reggere uffici di livello dirigenziale (primo dirigente e successive trasformazioni) con la pienezza di poteri (L. 24 aprile 1980, n. 146, art. 17, comma 2; del D.L. 30 settembre 1982, n. 688, art. 7, u.c., convertito, con modificazioni, In L. 27 novembre 1982, n. 873). Il Giudice delle leggi aveva osservato che “completamente diversa sia per provenienza, sia per livello economico e per status giuridico, è la nona qualifica funzionale, che è stata istituita con il D.L. 28 gennaio 1986, n. 9, convertito in L. 24 marzo 1986, n. 78. I funzionari che vi sono stati inquadrati hanno avuto riconosciuta l’abilitazione a divenire reggenti di uffici dirigenziali (ancorchè senza distinzioni in relazione alla mutata normativa organizzativa e alla carenza dirigenziale sopravvenuta) solo con il D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266…” (cfr. sent. C. cost. cit.).

10. La diversità di origine e di formazione delle due figure professionali porta a comprendere le ragioni per cui il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4, prima, e il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, dopo, abbiano previsto che il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui al D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, artt. 60 e 61 (e successive modificazioni ed integrazioni), i cui ruoli sono stati soppressi a far data dal 21.2.93, conservasse le qualifiche medesime ad personam: ciò significa che tali qualifiche costituiscono una consapevole eccezione legislativa rispetto all’assetto ordinario. Pertanto, la distinzione in termini stipendiali fra il personale appartenente a ruolo ad esaurimento e gli altri dipendenti della ex 9^ qualifica funzionale, tutti ormai inseriti nell’area contrattuale “C” dai CCNL di comparto, lungi dal determinare una violazione di legge da parte della contrattazione collettiva, costituisce, anzi, attuazione della norma transitoria contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3.

11. Neppure si configura una violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 secondo il quale le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale: esso, operando nell’ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vietando trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni compiute in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive, come tali, della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, che operano su un piano tendenzialmente paritario e sufficientemente Istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l’applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete (Cass. n. 10105 del 2013; nello stesso senso: Cass. n. 25057, n.1037 e n. 472 del 2014; Cass. n. 22437 e n. 9313 del 2011; Cass. n. 11982 del 2010).

12. Anche nella giurisprudenza precedente era stato affermato (cfr. Cass. n. 5726, n. 6027 e n. 12336 del 2009, Cass. n. 16504 e n. 16676 del 2008), che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, non vieta ogni trattamento differenziato nei confronti delle singole categorie di lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni normative, restando escluse dal sindacato del giudice le scelte compiute in sede di contrattazione collettiva. In altre parole, il principio di parità di trattamento nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico, sancito dal cit. art. 45, vieta trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli previsti dal contratto collettivo, ma non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate In quella sede. A fortiori non sarebbe ipotizzabile nel caso di specie un contrasto della pattuizione collettiva con il (meno esteso) principio di non discriminazione, inidoneo a vietare ogni trattamento differenziato nei confronti delle singole categorie di lavoratori, rilevando sotto tale profilo solo le specifiche previsioni normative contenute nell’ordinamento.

13. Tali principi forniscono risposta anche ai rilievi dei controricorrenti, secondo cui, una volta trascorso il periodo di operatività di una legislazione di trapasso ordinamentale nell’inquadramento nei ruoli ministeriali, dovrebbe ritenersi venuta meno ogni giustificazione del trattamento differenziato, invece mantenuto dalla contrattazione collettiva, come può evincersi dalle tabelle allegate ai CCNL del 1999, del 2001 e del 2003. Come si è detto, le qualifiche conservate ad personam costituiscono una consapevole eccezione legislativa rispetto all’assetto ordinario, eccezione prevista dallo stesso testo (il D.Lgs. n. 165 del 2001) cui appartiene anche la norma (art. 45) che i lavoratori assumono essere stata violata o falsamente applicata. La doverosa interpretazione sistematica impedisce l’invocata estensione del trattamento stipendiale corrispondente a tali qualifiche, pena lo svuotamento dello stesso portato precettivo dell’art. 69, comma 3 cit., in un capovolgimento del normale rapporto tra norme transitorie e disposizioni a regime che comporterebbe un sostanziale (e inedito) allineamento (in termini di conseguenze sul piano retributivo) delle seconde alle prime (Cass. n. 22437 del 2011).

14. In sede di memoria ex art. 378 c.p.c. la difesa dei lavoratori ha richiamato, tra l’altro, C.Cost. n. 230/2014 a sostegno dell’assunto della necessaria temporaneità del trattamento retributivo differenziato degli ex r.a.e.. Il rilievo non ha fondamento. Premesso che il caso esaminato con la richiamata pronuncia riguarda una particolare fattispecie in cui si discuteva della legittimità di una disciplina temporanea “finalizzata a privilegiare una modalità concorsuale semplificata ed idonea a consentire in tempi brevi lo svolgimento di tutte le procedure ancora da espletare ed il successivo riallineamento delle stesse…”, giova rilevare che nella stessa sentenza la Corte Costituzionale ha richiamato il proprio costante indirizzo, secondo cui non contrasta con il principio di eguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, giacchè “il succedersi nel tempo di fatti ed atti può di per sè rendere legittima l’applicazione di una disciplina rispetto ad altra”. E si è visto in precedenza come le due categorie di personale siano state caratterizzate da percorsi professionali diversi, tali da giustificare un trattamento speciale per i funzionari del soppresso ruolo ad esaurimento, la cui posizione apicale e l’appannaggio delle funzioni vicarie li aveva sostanzialmente collocati In una posizione più prossima alla dirigenza rispetto al restante personale della carriera direttiva.

15. La difesa del controricorrente P. ha richiamato, in sede di memoria ex art. 378 c.p.c. e di note di replica ex art. 379 c.p.c., u.c., le sentenze della Corte di Giustizia Schmitzer dell’11 novembre 2014 nella causa C-530/13, Unland del 19 aprile 2016 nella causa C-20/13, Specht del 19 giugno 2014 nelle cause riunite da C-501/12 a C-506/12 – C-540 e C-541-12 e da ultimo Dansk Industri del 19 aprile 2016 nella causa C-441/14, tutte relative al principio generale di non discriminazione in ragione dell’età di cui alla direttiva 2000/78/CE, ora sancito dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Rileva la difesa che, in presenza di una “risposta chiara” spetti al giudice di ultima istanza disapplicare la normativa interna rilevante in causa contrastante con il diritto dell’unione o, in caso dubbio, proporre quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia.

16. Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 2000/78 “mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento”. L’art. 2 di detta direttiva stabilisce quanto segue: “1. Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’art. 1. Ai fini del paragrafo 1: a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’art. 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga; (…)”. l’art. 6 della medesima direttiva così recita: “1. Fatto salvo l’art. 2, par. 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare: a) la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi; b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione; (…)”.

17. Il principio di non discriminazione in base all’età deve essere considerato un principio generale del diritto dell’Unione (V., sentenza 22 novembre 2005, causa C-144/04, Mangold); ad esso la Direttiva 2000/78 dà espressione concreta; la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la quale secondo l’art. 6, n. 1, TUE ha lo stesso valore giuridico dei trattati, all’art. 21, n. 1 vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, (…) sull’età (in tal senso V. sentenza 19 gennaio 2010, causa C-555/07 Kucuckdeveci, cit. punto 22). L’art. 6, comma 1, n. 1, della predetta Direttiva 2000/78 enuncia che una disparità di trattamento in base all’età non costituisce discriminazione laddove essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari (così sentenza 19 gennaio 2010, causa C-555/07 Kucuckdevecl clt. punto 33). Secondo la Corte di giustizia, l’art. 6, n. 1, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che offre la possibilità agli Stati membri di prevedere, nell’ambito del diritto nazionale, talune forme di disparità di trattamento fondate sull’età qualora siano “oggettivamente e ragionevolmente” giustificate da una finalità legittima, e purchè i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

18. Tanto premesso, occorre rilevare che la diversità di trattamento retributivo riservato ai funzionari del soppresso ruolo ad esaurimento non trova ragione nell’età nè in via diretta, nè in via indiretta.

19. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, prevede che “il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui al D.P.R. 30 giugno 1972. n. 748, artt. 60 e 61 e successive modificazioni ed integrazioni, e quello di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 15 i cui ruoli sono contestualmente soppressi dalla data del 21 febbraio 1993, conserva le qualifiche ad personam. A tale personale sono attribuite funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonchè compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente. Il trattamento economico è definito tramite il relativo contratto collettivo”. Da tale previsione normativa nessun riferimento è dato rinvenire all’età anagrafica dei funzionari r.a.e. Neppure può escludersi che, in concreto, lavoratori della 9^ qualifica funzionale inquadrati in posizione economica C3 possano avere un’età pari o superiore a quella degli appartenenti al soppresso ruolo ad esaurimento.

20. L’ipotesi di specie è del tutto diversa da quelle che hanno formato oggetto delle pronunce della Corte di Giustizia menzionate a sostegno dell’eccezione, nelle quali la diversità di trattamento traeva origine da un diverso inquadramento, a parità di mansioni, unicamente basato sulla diversa e più giovane età dei lavoratori cui il legislatore nazionale aveva attribuito, per tale motivo, una retribuzione Inferiore.

21. Nel caso che interessa, la scelta operata dal legislatore di accordare un particolare trattamento alle qualifiche ad esaurimento si basa sul riconoscimento di un maggiore profilo attitudinale derivante dalla esperienza precedente e dalla qualifica rivestita e tiene conto delle differenze di esperienze professionali e di livelli giuridici e retributivi (cfr. C. Cost. n. 228 del 1997). Per le stesse ragioni, appare manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, sollevata in relazione all’art. 3 Cost., art. 4 Cost., art. 35 Cost., comma 1, art. 36, comma 1, e art. 97 Cost. nella parte in cui la anzidetta disciplina transitoria non riconosce la temporaneità del trattamento retributivo differenziato.

22. Infine, del tutto ininfluente (anche ratione temporis) nella vicenda oggetto del presente giudizio è lo ius superveniens richiamato in sede di memoria del P. (pag. 41 e segg.), costituito dall’art. 1, commi 458 (legge di stabilità per il 2014), con cui è stato abrogato l’art. 202 T.U. n. 3 del 1957 riguardante l’assegno ad personam riconosciuto ai pubblici dipendenti nei passaggi di carriera presso la stessa o altra amministrazione.

23. Vanno quindi enunciati i seguenti principi di diritto:

D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2, non vieta ogni trattamento differenziato nei confronti delle singole categorie di lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni normative, restando escluse dal sindacato del giudice le scelte compiute in sede di contrattazione collettiva;

– la distinzione in termini stipendiali fra il personale appartenente a ruolo ad esaurimento e gli altri dipendenti della ex 9A qualifica funzionale, tutti ormai inseriti nell’area contrattuale “C, non determina una violazione di legge da parte della contrattazione collettiva, ma costituisce attuazione della norma transitoria contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, in virtù della quale il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui al D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, artt. 60e 61 (e successive modificazioni ed integrazioni) e quello di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 15, i cui ruoli sono contestualmente soppressi a far data dal 21.2.93, conserva le qualifiche medesime ad personam;

– la sopravvivenza di qualifiche ad personam costituisce una consapevole eccezione legislativa rispetto all’assetto ordinario, eccezione prevista dallo stesso D.Lgs. n. 165 del 2001 che contempla, all’art. 45, il principio della parità di trattamento, per cui l’interpretazione sistematica di tali norme impedisce l’estensione del trattamento stipendiale corrispondente alle predette qualifiche, non potendo trarsi dalla disposizione transitoria la regola attraverso la quale interpretare la disposizione a regime;

– la disposizione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, trova giustificazione nel diverso percorso professionale del ruolo soppresso ed a esaurimento, per cui non si pone in contrasto nè con precetti costituzionali (art. 3, 36 e 97 Cost.), nè con la direttiva 2000/78/CE, che all’art. 6 contempla il principio generale di non discriminazione in ragione dell’età, poichè la finalità che giustifica l’anzidetta previsione della legislazione italiana prescinde del tutto dall’età anagrafica dei lavoratori che hanno conservato ad personam la qualifica del ruolo soppresso.

24. Vanno dunque accolti il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, assorbiti gli incidentali. La sentenza deve essere cassata e, non occorrendo ulteriori accertamento di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto delle originarie domande.

25. Le spese del primo e del secondo grado sono compensate tra le parti stante la novità delle questioni all’epoca dello svolgimento del giudizio di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo soccombenza e sono così poste, in solido, a carico controricorrenti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale; cassa la sentenza Impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le originarie domande, assorbiti i ricorsi incidentali. Compensa le spese dei gradi del giudizio di merito e condanna i controricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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