Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18714 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 10/09/2020), n.18714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10361-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2585/24/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il

24/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio in controversia su impugnazione da parte di P.F. del rigetto di istanza di rimborso (del 3 febbraio 2010), per mancata applicazione dell’aliquota agevolata sulle somme percepite per incentivo all’esodo nell’anno 2001, non avendo il contribuente superato nell’anno 2002 i 55 anni di età e subito una trattenuta del 21,48%.

Il contribuente è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, commi 1 e 2), per avere la CTR erroneamente ritenuto tempestiva la domanda di rimborso della maggiore Irpef versata nell’anno 2001 sulla somma percepita a titolo di incentivo all’esodo. Ciò in quanto la domanda è stata presentata in data 3/2/2010, e quindi oltre il termine di 48 mesi dalla data del versamento dell’imposta, previsto a pena di decadenza dall’art. 38 cit., non essendo estensibili oltre la materia processuale i principi dell’overrruling.

Il motivo è fondato e va accolto.

Le Sezioni Unite hanno ribadito, con specifico riferimento alla questione sostanziale qui controversa, che: “Il termine di decadenza, previsto dalla normativa tributaria (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38) per l’esercizio, attraverso la presentazione di apposita istanza, del diritto al rimborso di un’imposta che sia stata dichiarata, in epoca successiva all’indebito versamento, incompatibile con il diritto comunitario da una sentenza della Corte di giustizia, decorre dalla data del detto versamento, e non da quella in cui è intervenuta la pronuncia che ne ha sancito la contrarietà all’ordinamento comunitario” (Cass. Sez. Un. Sent. n. 13676 del 16 giugno 2014). Come le stesse Sezioni Unite hanno chiarito, nella vicenda qui sub judice, non si è affatto verificata l’eliminazione di una norma impositiva dall’ordinamento, bensì il diverso caso di “una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che, con effetto retroattivo, analogo a quello di una sentenza di illegittimità costituzionale, ha dichiarato in contrasto con una direttiva comunitaria self executing una norma nazionale di agevolazione fiscale, ampliandone la portata soggettiva”. Pertanto “il termine di decadenza per il rimborso delle imposte sui redditi, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 e decorrente dalla “data del versamento” o da quella in cui “la ritenuta è stata operata”, opera anche nel caso in cui l’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione Europea da una sentenza della Corte di giustizia, atteso che l’efficacia retroattiva di detta pronuncia come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale – incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorchè sia maturata una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche” (Cass. sezioni unite 16 giugno 2014, n. 13676).

E’ stato altresì statuito che: “Nell’ipotesi in cui un’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione Europea da una sentenza della Corte di giustizia, il termine di decadenza per l’esercizio del diritto al rimborso delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, decorre dalla data del versamento dell’imposta e non da quella, successiva, in cui è intervenuta la pronuncia, che ha sancito la contrarietà della stessa all’ordinamento comunitario” (Cass. n. 25268 del 2014; n. 20093 del 2018).

Alla stregua di tali principi il ricorso va accolto, e la sentenza impugnata, in contrasto con essi, va cassata.

Poichè la domanda di rimborso del contribuente, presentata il 3 febbraio 2010, è intervenuta oltre 48 mesi dopo l’effettuazione, nell’anno 2001, della ritenuta alla fonte che ne costituiva l’oggetto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto ricorrono le condizioni perchè la causa possa essere decisa nel merito (ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2), con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

In ragione del recente affermarsi della giurisprudenza sulla questione, ricorrono i presupposti per la compensazione delle spese dei gradi di merito; vanno dichiarate irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dei gradi di merito; dichiara irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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