Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18712 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/07/2019, (ud. 15/01/2019, dep. 11/07/2019), n.18712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29761-2017 proposto da:

N.R., N.F., nella qualità di eredi di

N.B., D.V., D.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato ROCCO BALDASSINI;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA DI FROSINONE, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALTINO 8, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO CEDRONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIACRISTINA IADECOLA;

– controricorrente –

contro

IMPRESA S.S. SPA IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO

PREVENTIVO, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA 47, presso

lo studio dell’avvocato RINALDO GEREMIA, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 6387/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA

GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 6387 del 28/10/2016, pronunciata in un giudizio promosso da D.C., D.V., N.F., N.R., nei confronti della Provincia di Frosinone e dell’Impresa Ing. S.S. spa quale mandataria dell’ATI incaricata dell’esecuzione dei lavori, al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti per effetto dell’occupazione usurpativa di terreni di loro proprietà, al fine della realizzazione della strada a scorrimento veloce Sora Atina Cassino, secondo lotto, con dichiarazione di pubblica utilità emessa dall’allora Cassa del Mezzogiorno nel novembre 1977, occupazione d’urgenza autorizzata (fino alla data del maggio 1995), con decreto prefettizio del giugno 1991 e successivo decreto definitivo di esproprio emesso il 21/10/1996 (assumendo gli attori che tutti i provvedimento del procedimento di esproprio fossero stati emessi tardivamente, allorchè i termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, per l’inizio ed il completamento delle espropriazioni, erano spirati, sin dal novembre 1980), è stata riformata la sentenza non definitiva n. 77/2012 del Tribunale di Cassino, con pronuncia con la quale erano state respinte le eccezioni preliminari/pregiudiziali (di prescrizione, inammissibilità della domanda, carenza di legittimazione passiva) sollevate dai convenuti (con rimessione della causa sul ruolo per la quantificazione dei danni).

In particolare, la Corte d’appello, dopo avere ritenuto erronea la valutazione espressa dal Tribunale in ordine alla preclusione per giudicato interno di ogni indagine sulla sussistenza di valida dichiarazione di pubblica utilità (a seguito di pronuncia della Corte d’appello n. 112/2006, sulla giurisdizione del giudice ordinario), ha stabilito che il decreto di esproprio era stato emesso in pendenza dell’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità (essendo intervenuta, nel marzo 1990, una delibera dell’Asmez, subentrata alla ex Cassa del Mezzogiorno, di trasferimento dell’opera e delle competenze ed attività alla Provincia di Frosinone, la quale aveva approvato il progetto dell’opera nel 1991), con conseguente rigetto della pretesa risarcitoria azionata.

Avverso la suddetta sentenza, D.C., D.V., N.F., N.R. propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, notificato a mezzo PEC il 4/12/2017, nei confronti della Provincia di Frosinone e dell’Impresa Ing. S.S. spa in liquidazione ed in concordato preventivo (che resistono con separati controricorsi).

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti lamentano, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 2359 del 1865, art. 13 e L. n. 1 del 1978, art. 1, avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto che la deliberazione n. 1231/1991, con cui l’amministrazione provinciale aveva indetto la gara d’appalto contenesse una nuova dichiarazione implicita di pubblica utilità che fissava il solo termine acceleratorio di tre anni per l’inizio dei lavori; con il secondo motivo, si denuncia la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4″ per motivazione illogica e contraddittoria.

2. Preliminarmente, è fondata l’eccezione, sollevata dalla controricorrente Impresa Ing. S.S., di tardività del ricorso per cassazione, per decorso del termine lungo annuale di cui all’art. 327 c.c. (trattandosi di giudizio introdotto in primo grado anteriormente al 4/7/2009), pur considerata la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, ridottasi, dal 2015, da gg. 46 a gg. 31, con la conseguenza che il ricorso avrebbe dovuto essere notificato entro il giorno martedì 28/11/2017 e non il successivo 4/12/2017, come in concreto avvenuto.

Questa Corte (Cass. 11758/2017) ha infatti chiarito che “ai fini della determinazione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, – nella specie, per il computo del termine di impugnazione cd. lungo, ex art. 327 c.p.c., comma 1 – la modifica di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1 (conv., con modif., dalla L. n. 162 del 2014), che, sostituendo la L. n. 742 del 1969, art. 1, ha ridotto il periodo di sospensione da 46 giorni a 31 giorni (dall’1 al 31 agosto di ciascun anno), trova applicazione, in mancanza di una disciplina transitoria, a partire dalla sospensione dei termini relativa al periodo feriale dell’anno solare 2015, non rilevando, a tal fine, la data dell’impugnazione o quella di pubblicazione della sentenza” (conf. Cass. 21674/2017; Cass. 24867/2016).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuno dei controricorrenti, in complessivi Euro 3.100,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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