Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18711 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 10/09/2020), n.18711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12625-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ROSSI LUCIO MODESTO MARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9563/14/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 06/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Ritenuto che:

La Ctr della Campania, con sentenza nr 9563 del 2018, rigettava in sede di rinvio l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza 323 del 2010 con cui era stato accolto il ricorso di P.R. relativo all’impugnativa di un avviso di accertamento emesso a seguito di una verifica effettuata dalla Guardia di Finanza nei riguardi della società Beton Campania s.r.l. alla quale era stata contestata l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Rilevava alla luce dell’avviso di accertamento la sussistenza di una serie di anomalie che facevano presumere l’inesistenza delle operazioni contestate. Osservava che il complessivo quadro indiziario “per copiosità e la correlazione degli elementi evidenziati, vale a costituire quelle presunzioni gravi, precise e concordanti che giustificano l’accertamento induttivo e quindi portano a gravare parte contribuente dall’onere probatorio contrario.

Affermava che il primo Giudice aveva correttamente ritenuto assolto l’onere probatorio da parte del contribuente con la prova documentale dalla quale si evinceva l’utilizzo di attività di calcestruzzo in misura corrispondente per quantità alle fatture contestate.

Sottolineava altresì che, come emerge dal verbale della polizia stradale riprodotto in atti, era possibile per gli automezzi viaggiare oltre il carico consentito.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Nessuno si è costituito per la parte intimata.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e art. 36 in combinato disposto con l’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 188 disp att c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La ricorrente si duole che l’iter motivazionale seguito dalla CTR sarebbe fondato su argomentazioni contraddittorie e fra loro inconciliabili avendo, da un lato, osservato che la parte aveva impiegato nella sua attività un quantitativo di calcestruzzo in misura corrispondente a quello fatturato e,dall’altro, rilevato che detto quantitativo effettivamente utilizzato era pressocchè corrispondente a quello acquistato avendo il P. acquistato anche da altro fornitore.

Sottolinea pertanto che non sarebbe dato capire stante la mancata menzione dei documenti se vi fosse o meno un utilizzo maggiore di beni rispetto a quelli fatturati

Con un secondo motivo deduce la violazione dell’art. 19 e dell’art. 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Sostiene che la CTR avrebbe fatto mal governo dei canoni propbatori previsti dall’art. 2697 c.c..

Rilevava che il contribuente, a fronte di sufficienti elementi indiziari forniti dall’Ufficio circa la fittizietà della prestazione sottostante la fattura, era tenuto a fornire congrui dati che comprovano la veridicità della documentazione contabile e degli elementi in essa esposti e quindi nella specie l’effettiva delle operazioni poste in essere.

Osserva che la CTR avrebbe invece fondato il suo convincimento su elementi inidonei a comprovare l’esistenza delle operazioni.

Il primo motivo con cui si denuncia un error in procedendo è infondato.

Il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), omette di esporre, sia pure in modo conciso, i motivi in fatto ed in diritto della decisione e di specificare le ragioni e l’iter logico giuridico seguito per pervenire alla decisione assunta, chiarendo su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, consentendo in tal modo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.

Ne consegue che la sanzione di nullità colpisce sia le sentenze che risultino del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “un contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili” o che presentano una motivazione perplessa ed incomprensibile (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014; Cass., sez. 6-3, ord. n. 21257 del 8/10/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perchè la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (Cass. n. 4448 del 2014), non assolvendo in tal modo alla finalità sua propria, che è quella di esplicitare un “un ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016).

La sentenza è, quindi, nulla quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 3/11/2016; Cass., sez. 65, ord. n. 14927 del 2017).

La motivazione della sentenza impugnata non rientra nelle gravi anomalie argomentative individuate dalle pronunce sopra richiamate, in quanto la Commissione regionale, nel rigettare l’appello dell’Amministrazione finanziaria, ha ritenuto che per confutare il quadro indiziario descritto nell’accertamento induttivo il contribuente avesse fornito adeguata prova di segno contrario diretto a dimostrare l’effettività delle operazioni compiute attraverso l’impiego di merce corrispondente per quantità a quelle descritte nelle fatture contestate

L’ulteriore affermazione relativa al possibile utilizzo del mezzi oltre il carico costituisce una argomentazione ultronea inidonea ad infirmare la validità del ragionamento sopra seguito.

Tali considerazioni estrinsecano il percorso argomentativo che ha indotto i giudici di appello al loro convincimento e, pertanto, eventuali profili di insufficienza o apoditticità della motivazione, formulati con il mezzo in esame, non viziano la motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente e da escludere l’idoneità della stessa ad assolvere alla funzione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.

Con riguardo al secondo motivo se ne deve rilevare la manifesta infondatezza risolvendosi in generiche deduzioni di fatto volte a sollecitare un inammissibile riesame del merito della vicenda e ad ottenere da questa Corte, giudice di legittimità, una nuova valutazione nel merito del materiale istruttorio.

Il ricorso è infondato.

Nessuna determinazione in punto spese stante la mancata costituzione del controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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