Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18708 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/07/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 11/07/2019), n.18708

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 887-2014 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO;

– ricorrente –

contro

SYSDATA ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 32, presso lo

studio dell’avvocato NICOLO’ SCHITTONE (LMCA STUDIO LEGALE), che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1269/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 21/10/2013 R.G.N. 1131/2010.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 1269/2013, ha parzialmente accolto l’appello proposto da Sysdata Italia s.p.a. nei confronti dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva revocato il decreto ingiuntivo opposto dalla società e condannato l’INPS a rimborsare alla stessa la somma capitale di Euro 123.219,30 ed a corrispondere gli interessi legali sulla somma di Euro 41527,70, a far tempo dai cinque anni antecedenti alla richiesta del 10.10.1999 e, sulla somma di Euro 81.691,68, a far tempo dal 10.10.1999;

avverso tale sentenza ricorre l’INPS con un motivo con il quale deduce violazione e o falsa applicazione di norme di diritto, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4), in relazione all’art. 325 c.p.c., comma 1 e art. 326 c.p.c., comma 1, in ragione del fatto che la Corte d’appello di Bologna non aveva giudicato sulla eccezione di inammissibilità dell’appello per tardività, pur ritualmente sollevata, con ciò violando gli artt. 325 e 326 c.p.c.;

resiste Sysdata con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il motivo è fondato;

contrariamente a quanto sostenuto dalla controricorrente non può ritenersi che l’infondatezza del motivo risulti necessariamente dall’implicito rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello in ragione della pronuncia nel merito dell’impugnazione, infatti, al fine di far valere l’errore processuale consistente nel non aver pronunciato sulla tardività dell’impugnazione, la deduzione dell’omessa pronuncia è l’unica censura che è ammissibile in questa sede di legittimità, posto che, ancorchè l’omessa pronuncia abbia riguardato un’eccezione sollevata dalla parte qui ricorrente nella veste di appellata, alla quale era certamente da riconoscere rilevabilità d’ufficio, afferendo al passaggio in giudicato della sentenza appellata e, quindi, alla tardività dell’appello, la circostanza che su di essa il giudice dell’impugnata sentenza abbia omesso di pronunciare, come si evince dalla lettura della decisione, obbliga il ricorrente a far valere l’omessa pronuncia, restando altrimenti l’eccezione non esaminabile e rilevabile d’ufficio;

si rileva, quanto al contenuto del motivo proposto, che effettivamente il ricorrente aveva eccepito l’inammissibilità dell’appello per tardività, nel presupposto che la notifica della sentenza di primo grado, avvenuta su istanza della Sysdata Italia s.p.a. il 12 febbraio 2010 e diretta all’Inps in persona del procuratore costituito avvocato D.L.R., fosse idonea a giustificare il decorso del termine breve per appellare, come si rileva dal contenuto della comparsa di costituzione di appello (pag. 6) e dalla copia notificata della sentenza di primo grado, depositata al n. 5 delle allegazioni al fascicolo di parte ricorrente, richiamata in ricorso;

non incrina tale sviluppo processuale, peraltro, quanto affermato dalla controricorrente che, senza riportare l’effettivo contenuto dell’atto processuale cui fa riferimento e limitandosi, nella sola memoria e per la prima volta, ad indicare che una memoria difensiva dell’INPS del 18.11.2009 (asseritamente prodotta in atti) sarebbe solo stata firmata dall’avvocato L., sostiene che nelle more del giudizio di primo grado il procuratore dell’Inps, D.L.R., era stato sostituito con tale avvocato L.A., giacchè le modalità di formulazione del rilievo sono del tutto generiche ed inidonee ad inficiare le risultanze sopra indicate;

pertanto, ne caso di specie, poichè la notifica della sentenza fu effettuata dalla stessa società Sysdata Italia s.p.a., va fatta applicazione del principio espresso da questa Corte di cassazione a Sezioni Unite del 4 marzo 2019 n. 6278, secondo il quale ai sensi dell’art. 326 c.p.c., il termine breve di impugnazione di cui al precedente art. 325 c.p.c. decorre, anche per il notificante, dalla data in cui la notifica viene eseguita nei confronti del destinatario, in quanto gli effetti del procedimento notificatorio, ed in particolare la decorrenza del termine predetto, vanno unitariamente ricollegati al suo perfezionamento e, proprio perchè interni al rapporto processuale, sono necessariamente comuni ai soggetti che ne sono parti;

la sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata in ragione dell’omessa pronuncia sulla eccezione in esame giacchè l’appello fu proposto solo con ricorso del 13 dicembre 2010 e deve pure rilevarsi che l’oggetto dell’omissione di pronuncia è tale da poter essere direttamente apprezzato dalla Corte con decisione nel merito sull’appello, non occorrendo accertamenti di fatto, in quanto è palese che il diritto di appello è stato esercitato ben oltre il termine di trenta giorni entro il quale avrebbe dovuto esercitarsi ai sensi dell’art. 325 c.p.c., che decorreva dalla notificazione della sentenza di primo grado;

la controversia va, dunque, decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con la declaratoria dell’inammissibilità dell’appello senza rinvio;

le spese del giudizio di appello e quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata perchè il processo non poteva essere proseguito; condanna la società controricorrente al pagamento delle spese del giudizio d’appello e di quelle di legittimità, liquidate, rispettivamente, in Euro 2000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge e di Euro 2500,00 oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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