Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18703 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/07/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 11/07/2019), n.18703

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15414-2014 proposto da:

V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI RAMNI 24,

presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA TUCCI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ARTURO MARESCA;

– ricorrente –

contro

ASL (OMISSIS) AZIENDA SANITARIA LOCALE LANCIANO VASTO CHIETI, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SUSA 1, presso lo studio dell’avvocato IDA DI DOMENICA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GERMANO BELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1408/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 17/12/2013 R.G.N. 1451/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 17.12.2013, respingeva il gravame proposto da V.L. avverso la decisione del Tribunale di Chieti che aveva rigettato la domanda proposta dal predetto, intesa ad ottenere – previo annullamento del provvedimento con il quale gli era stato conferito, con Delib. n. 701 del 2009, l’incarico dirigenziale base “di natura professionale” di classe C, di “studio e terapia delle malattie autoimmuni”, e del susseguente contratto individuale sottoscritto il 18.9.2009, realizzanti un demansionamento per la previsione della più bassa tra le tipologie degli incarichi dirigenziali, conferita in violazione di leggi, CCNL e regolamenti volti a garantire il contraddittorio e gli obblighi di motivazione – l’affermazione del diritto, a far data dal 1.8.2009, al superiore inquadramento di fascia B, di direzione di Struttura Semplice a valenza dipartimentale 2, e, subordinatamente, di Struttura semplice o equivalente, con conseguente condanna della ASL al risarcimento del danno da quantificarsi come mancato guadagno dell’ulteriore retribuzione propria della fascia B, oltre al risarcimento del danno professionale e da perdita di chance, morale, esistenziale, della lesione all’immagine;

2. la Corte premetteva che nell’ambito del pubblico impiego privatizzato il procedimento di assegnazione di incarichi di funzioni dirigenziali da parte della PP.AA. si componeva di una fase relativa agli atti di conferimento dell’incarico dirigenziale e di ogni altro che precedesse la stipulazione del contratto, e di quella successiva di stipulazione del corrispondente contratto concluso in vista di determinati obiettivi; osservava che tale scissione confortava l’inesistenza di un diritto soggettivo del dirigente al conferimento di un incarico dirigenziale e l’inapplicabilità dell’art. 2103 c.c., espressamente prevista, in base al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 per le amministrazioni statali. Una volta accertato che non era configurabile un diritto all’incarico dirigenziale, essendo la disciplina privatistica fondata sui principi di temporaneità e fiduciarietà degli incarichi stessi, non poteva configurarsi, secondo la Corte, il dedotto demansionamento in relazione al conferimento di un incarico dirigenziale di fascia inferiore a quello attribuito in precedenza, posto che, nel sistema normativo del lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrispondeva soltanto l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e non l’applicabilità dell’art. 2103 c.c.;

4. nella fattispecie esaminata, secondo la Corte, non veniva, poi, in considerazione alcuna relazione tra la valutazione del dirigente, nell’ambito della quale il V. aveva sempre riportato il punteggio massimo, e il conferimento del nuovo incarico, correlandosi quest’ultimo alla fase successiva della ristrutturazione interna con la quale era stato definito il nuovo modello aziendale in conseguenza del processo di ristrutturazione delle aziende sanitarie prevista dalla L.R. n. 6 del 2007 e dal Piano Sanitario Regionale 2008/2009; questo aveva riguardato anche la riconsiderazione del settore dell’Endocrinologia, cui apparteneva il V. con l’incarico di Dirigente di Struttura Semplice ed il suo Primario quale dirigente di Struttura dipartimentale complessa, all’esito della quale l’ASL di Chieti aveva proceduto ad una rimodulazione generale degli incarichi, provvedendo al conferimento degli stessi con Delib. n. 701 del 2009 e Delib. n. 12 del 2009, secondo le previsione del “regolamento” adottato d’intesa con le OO.SS. di categoria, con Delib. Direttore Generale 20 novembre 2008, n. 952 che, per quanto atteneva in questione, non prevedeva incarichi di “direzione di struttura semplice”;

5. veniva evidenziato che ciò rientrava nell’ambito di discrezionalità della P. A., con riferimento agli stessi parametri di valutazione utilizzati per i privati datori di lavoro, in conformità ad una scelta del legislatore ritenuta conforme ai principi di cui all’art. 97 Cost. e si affermava che, non essendo configurabile un diritto soggettivo a conservare in ogni caso determinate tipologie di incarico dirigenziale assunto all’esito di concorso specificamente indetto per determinati posti anteriormente alla cd. privatizzazione, in difetto di espressa previsione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 stabilita per le amministrazioni statali, corrispondeva alla qualifica dirigenziale solo l’attitudine all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo, e che non poteva ritenersi applicabile l’art. 2103 c.c.;

6. di tale decisione domanda la cassazione il V., affidando l’impugnazione a quattro motivi – illustrati nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c. -, cui resiste, con controricorso, l’ASL.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo, si denunziano violazione, falsa ed errata applicazione di norme legali e contrattuali, ex artt. 1362,1363 e 1364 c.c., con riferimento all’art. 2103 c.c., alla L. n. 241 del 1990, artt. 1, 3, 7,8,9 e 10, al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 1, agli artt. 3.9 e 16 del regolamento 10.11.2008, alla Delib. n. 952 del 2008, art. 4 alla Delib. n. 60 del 2008, all’Avviso interno Prot. 2748/DG, 29.1.2008;

2. con il secondo motivo, si lamentano insufficiente e contraddittoria motivazione su alcuni punti decisivi della controversia, sostenendosi che la esclusione del diritto soggettivo del V. al conferimento di incarico equivalente a quello in precedenza ricoperto era contraddetto da una serie di norme regolamentari (art. 3 Reg. 10 novembre 2008, sottoscritto dai sindacati, prevedente il conferimento di altro incarico della medesima tipologia di pari o maggior rilevo gestionale ed economico, art. 9 dello stesso regolamento, prevedente il rispetto di garanzie di partecipazione del dirigente valutato al processo di valutazione professionale, a pena di “nullità dell’assegnazione del nuovo incarico”, art. 16, comma 1, stesso Regol., secondo cui gli incarichi dirigenziali conferiti in difformità alle procedure di cui al regolamento sono nulli a tutti gli effetti, Delib. n. 952 del 2008, art. 4 affermativa della necessità del pari valore gestionale e professionale del nuovo incarico) e dalla esistenza di norme di legge, L. n. 241 del 1990 e D.Lgs. n. 165 del 2001, di regolamento e contrattuali e di accordi sindacali, che prescrivevano la procedimentalizzazione dell’esercizio del potere di conferimento di detti incarichi, oneri di pubblicità, trasparenza e contraddittorio, e di valutazione comparativa dei candidati, regolando ulteriori aspetti della procedura;

2.1. si assume che, nell’ipotesi di riorganizzazione aziendale, l’amministrazione debba fornire la prova circa i criteri seguiti e le motivazioni delle scelte, più che rispetto alle revoche degli incarichi, in relazione alla fase successiva del conferimento di nuovi incarichi, e che il V. aveva appreso solo a cose fatte del conferimento dell’incarico di fascia C e di essere stato costretto a sottoscrivere il contratto individuale, non potendo rifiutare di apporvi la firma; si sostiene che I’ASL di Chieti ed i suoi dirigenti abbiano agito in modo del tutto arbitrario, avendo gli stessi disatteso il principio di conferire incarichi di pari valore gestionale o professionale, con depauperamento della professionalità per il V. e perdita di chance;

3. violazione, falsa ed errata interpretazione ed applicazione di norme legali e contrattuali, ex artt. 1362,1363,1364 c.c., con riferimento all’art. 2103 c.c., all’art. 420 c.p.c., all’art. 20, comma 1, art. 62, comma 1 CCNL Dirigenti Medici 2002/2005, agli artt. 28 e 34 cm dell’Area Dirigenza Medica e Veterinaria 1998/2001, sono dedotti nel terzo motivo;

4. nel quarto motivo, si ascrivono alla decisione impugnata insufficiente e contraddittoria motivazione su alcuni punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, osservandosi che doveva ritenersi applicabile l’art. 2103 c.c., che le norme dei c.c.n.l. indicate in rubrica prevedevano il diritto ad un incarico e, in mancanza di espressa valutazione negativa, il conferimento alla scadenza di altro incarico di pari valore economico, la revoca con atto scritto e motivato a seguito di valutazione negativa e, per i dirigenti con incarichi di Struttura Semplice, per responsabilità grave e reiterata, per inosservanza di direttive e responsabilità per risultati negativi nella gestione finanziaria;

4.1. si rileva che la Corte erroneamente ha ritenuto inapplicabile al dirigente del rapporto di lavoro pubblico privatizzato l’art. 2103 c.c., senza nemmeno ammettere la prova per testi richiesta, articolata al fine di dimostrare il ridimensionamento dell’incarico in concreto, e senza considerare le dichiarazioni rese in altri ricorsi ex art. 700 e artt. 409/414 c.p.c. da medici chirurghi del medesimo nosocomio sulla diversa posizione dei medici di fascia B, con diritto soggettivo pieno del dirigente medico all’incarico; ci si duole del mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione e si contesta che il giudice del merito non abbia dato corso al libero interrogatorio delle parti sulla base dell’art. 420 c.p.c.;

5. tutte le censure sono articolate in dispregio del principio di specificità dei motivi di ricorso, perchè non si trascrivono che isolati stralci del contenuto del Regolamento, della Delib. e dell’Avviso interno D.G. richiamati, pur sussistendo per il ricorrente l’onere di indicare nel ricorso il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali e assolvendo, così, il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (Cass. SU 11/4/2012, n. 5698; Cass. SU 3/11/2011, n. 22726 e, da ultimo, tra le tante, 23416/2017);

6. analogamente, non si trascrive il contenuto della articolata prova per testi non ammessa, non si indicano le ragioni specifiche di rilevanza del mezzo istruttorio e non si riporta il contenuto delle dichiarazioni dei sanitari delle quali si assume la mancata valutazione, nè se ne precisa la decisività ai fini di un diverso esito del giudizio;

7. i motivi sub 2 e 4 sono formulati al di fuori dello schema deduttivo e devolutivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 nella nuova formulazione, applicabile ratione temporis e, prima ancora, deve per essi ritenersi operativa la modifica che riguarda il vizio di motivazione per la pronuncia “doppia conforme”: l’art. 348 ter c.p.c., comma 5, prescrive che la disposizione di cui al comma 4 – ossia l’esclusione del n. 5, dal catalogo dei vizi deducibili di cui all’art. 360, comma 1, – si applica, fuori dei casi di cui all’art. 348 bis, comma 2, lett. a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado, con la conseguenza che il vizio di motivazione non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme;

8. nel caso di specie, per l’appunto, la Corte ha confermato la statuizione di rigetto del Tribunale e la disposizione risulta applicabile in quanto, in base alla previsione del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv. in L. n. 134 del 2012, il giudizio di appello è stato introdotto con ricorso depositato successivamente all’11 settembre 2012;

9. per le censure di cui al primo ed al terzo motivo – da trattarsi congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto – va ribadito che “l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 c.c., sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 era già stata affermata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13 e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato”; per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II; quanto alla dirigenza sanitaria, inserita “in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello” (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. è ribadita dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonchè dall’art. 28, comma 7, del c.c.n.l. 8.6.2000 per il quadriennio 1997/2001, secondo cui “nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1” (cfr. Cass. 20.3.2019 n. 7863, Cass. 19.2.2019 n. 4812, punto 10.1., e ss., Cass. 4.1.2019 n. 91, Cass. 29.10.2018 n. 27400, Cass. 1.12.2017, n. 28880);

10. il principio che regola la specifica materia nel lavoro pubblico privatizzato è quello secondo cui alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo, mentre i dirigenti non hanno alcun diritto soggettivo all’attribuzione, o al mantenimento di un incarico dirigenziale;

11. è stato evidenziato come “la riforma della dirigenza pubblica è stata caratterizzata dal passaggio da una concezione della dirigenza intesa come status, quale momento di sviluppo della carriera dei funzionari pubblici, ad una concezione della stessa dirigenza di tipo funzionale: proprio in ragione di tale inquadramento giuridico, questa Corte ha affermato che la qualifica dirigenziale non esprime una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del dipendente (che tale qualifica ha acquisito mediante contratto di lavoro stipulato all’esito della procedura concorsuale) a svolgerle concretamente per effetto del conferimento, a termine, di un incarico dirigenziale (cfr. Cass., n. 27888 del 2009; cfr., Cass., n. 29817 del 2008); da tale scissione tra instaurazione del rapporto di lavoro dirigenziale e conferimento dell’incarico è stata desunta la insussistenza di un diritto soggettivo del dirigente pubblico al conferimento di un incarico dirigenziale e, peraltro, al conferimento degli incarichi e al passaggio di incarichi diversi non si applica l’art. 2103 c.c. (cfr. in tali termini, Cass. 9.4.2018 n. 8674, successivamente Cass. 4.1.2019 n. 91 e, tra le altre, Cass. 22.2.2017 n. 4621, Cass. 8.6.2015 n. 11790, Cass. 15.2.2010 n. 3451);

12. pertanto, correttamente la Corte d’appello di L’Aquila ha ritenuto che l’attribuzione di incarico di natura professionale (art. 57 lett. a c.c.n.l. 1994/1997), avente ad oggetto “studio e terapia delle malattie autoimmuni”, in luogo dell’incarico precedentemente rivestito di “Responsabile studio e terapie delle malattie autoimmuni” espressione dell’incarico di direzione di struttura semplice (art. 56, lett. b, ccnl 1994/97), non desse luogo ad un demansionamento con conseguente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale alla professionalità;

13. in particolare, il motivo sub 1 fa riferimento a violazione della L. n. 241 del 1990, all’avvio del procedimento, alla relativa comunicazione, al rispetto delle regole a garanzia della partecipazione dell’interessato al procedimento allo stesso relativo, che attengono alla fase della valutazione della professionalità e non al conferimento di incarichi dopo una riorganizzazione che non contempli più, come nella specie, la posizione di incarico dirigenziale di struttura semplice;

14. anche l’art. 27 CCNL 1998/2001 chiarisce, al comma 2, con riferimento alle tipologie di incarico direzione di struttura semplice (lett. b) e di natura professionale (lett c) che ” la definizione della tipologia degli incarichi di cui alle lettere b) e c) è una mera elencazione che non configura rapporti di sovra o sotto ordinazione degli incarichi, la quale discende esclusivamente dall’assetto organizzativo aziendale e dalla graduazione delle funzioni, ed analogamente dispone il ccnl 2006/2009 dell’Area Dirigenza Medica e Veterinaria;

15. proprio l’art. 28 CCNL Area Dirigenza Medica e Veterinaria 1998/2001, richiamato dal ricorrente (l’art. 34 attiene alla revoca), prevede, poi, al comma 3, che “Ai dirigenti, dopo cinque anni di attività, sono conferibili gli incarichi di direzione di struttura semplice ovvero di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo indicati nell’art. 27, comma 1 lett. b) e c)” ed, al comma 4, che “per quanto riguarda gli incarichi di direzione di struttura semplice essi sono conferiti nei limiti del numero stabilito nell’atto aziendale”;

16. la decisione impugnata risulta avere fatto corretta applicazione delle richiamate disposizioni di legge e contrattuali che disciplinano il conferimento di incarichi e pertanto il ricorso deve essere respinto;

17. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo;

18. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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