Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18702 del 13/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 13/09/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 13/09/2011), n.18702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OTTAVIANO 66, presso lo studio dell’avvocato BARILE ANTONIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROMANO FRANCESCO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO (OMISSIS);

– intimata –

e sul ricorso 17080-2007 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO (OMISSIS), in persona del

legale

rappresentante pro tempore, già elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo studio dell’avvocato LOTIERZO OSCAR,

rappresentata e difesa dagli avvocati PALAZZO FERDINANDO, PALADINO

ANGELO, giusta delega in atti e da ultimo domiciliata presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 216/2007 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 13/02/2007 R.G.N. 79/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2011 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

udito l’Avvocato MANCINI GIULIO per delega ROMANO FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, inammissibilità del ricorso incidentale, in subordine

rimessione alle Sezioni Unite.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

E’ impugnata con ricorso per due motivi la sentenza della Corte di Appello di Salerno che, confermando, sia pur con diversa motivazione, la decisione del primo giudice, ha rigettato la domanda dell’attuale ricorrente, dipendente dell’ASL SA/(OMISSIS), volta ad ottenere il risarcimento del danno derivatogli dall’usura psicofisica subita per le giornate lavorative effettuate nei giorni destinati a riposo compensativo a seguito di turno di reperibilità prestato in giorno festivo, ritenendo non fornita dall’interessato la prova del pregiudizio sofferto in concreto e la sua dipendenza causale dalla mancata fruizione del riposo. L’ASL SA/(OMISSIS) resiste con controricorso e propone altresì ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi, proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti (art. 335 c.p.c.).

Con il primo motivo del ricorso principale è denunziata violazione del diritto costituzionalmente garantito al giorno di riposo compensativo previsto dalla contrattazione collettiva (D.P.R. 27 luglio 1987, art. 18, comma 5; ART. 7, comma 6, del CCNL 20 settembre 2001, integrativo del CCNL comparto sanità del 7 aprile 1999;

dell’art. 19 del CCNL area dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del comparto sanità del 5 dicembre 1996);

violazione dell’art. 32 Cost., dell’art. 36 Cost., comma 3, e art. 41 Cost.; delle convenzioni OIL 19 novembre 1921, n. numero 14 e 26 giugno 1957 n. 106; dell’art. 5 della direttiva 93/104 CE; dell’art. 2109 c.c., comma 1, e dell’art. 2087 c.c. nonchè del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 9 per violazione del diritto, di rilevanza costituzionale all’integrità psicofisica del lavoratore nonchè del diritto, da esso conseguente, al risarcimento in via equitativa del danno da usura psicofisica per avere lavorato in giornate destinate a riposo compensativo.

Si addebita alla sentenza impugnata in sostanza di non aver considerato che diversamente dal danno biologico, il danno da usura psicofisica per mancata concessione del riposo settimanale, deve ritenersi presunto.

Con il secondo motivo del ricorso principale è denunciata violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.. Si addebita alla sentenza impugnata di aver ritenuto non provato il danno da usura psicofisica senza tener conto che la prova di tale danno è data dimostrando o allegando che il comportamento consistito nella mancata fruizione del giorno di riposo compensativo è un fatto potenzialmente dannoso, e che tale onere probatorio era stato compiutamente assolto dal ricorrente con l’indicazione di presunzioni ed il ricorso al fatto notorio. I due motivi, che per la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente sono infondati.

La vicenda in esame consiste nella effettuazione da parte dell’attuale ricorrente di turni di reperibilità passiva in giorni festivi, con diritto ad un giorno di riposo compensativo nella settimana successiva, in concreto non usufruito.

Le fonti normative rilevanti sono costituite dal D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, art. 18 (norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale per il triennio 1985-1987 relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale), l’art. 7 del CCNL 20 settembre 2001 integrativo del CCNL comparto sanità del 7 aprile 1999, l’art. 19 del Contratto dell’area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del comparto sanità, 5 dicembre 1996, normativo 1994 – 1997 economico 1994 – 1995.

Il primo articolo, nel comma 1, stabilisce che: “Il servizio di pronta disponibilità è caratterizzato dalla immediata reperibilità del dipendente e dall’obbligo dello stesso di raggiungere il presidio nel più breve tempo possibile dalla chiamata, secondo intese a definirsi in sede locali” e, nel comma 5, che “nel caso in cui la pronta disponibilità cada in giorno festivo spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale”.

Il cit. art. 7 del CCNL 20 settembre 2001, dopo aver ribadito nel comma 1 il contenuto sostanziale del cit. D.p.r. n. 270 del 1987, art. 18, comma 1 conferma nel comma 6 che qualora il servizio di pronta disponibilità cada in giorno festivo “spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale”. In entrambe le fonti normative la pronta disponibilità viene compensata con una indennità rapportata ad ogni 12 h del servizio stesso.

Infine, l’art. 19, nel comma 1, definisce in termini del tutto simili il servizio di pronta disponibilità, stabilisce nel comma 5 che “la pronta disponibilità da diritto ad una indennità per ogni dodici ore” ed attribuisce, nel comma 6, nel caso di coincidenza fra pronta disponibilità e giorno festivo” un giorno di riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale”.

Dalle disposizioni così richiamate emerge quindi che, non avendo il dipendente diritto a riduzioni dell’orario settimanale per effetto della espletata reperibilità, la eventuale fruizione del riposo compensativo comporta allungamento della prestazione giornaliera.

La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito che la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio lavoro, in vista di un’eventuale prestazione lavorativa, e di raggiungere in breve lasso di tempo il luogo di lavoro per eseguirvi la prestazione richiesta. Pertanto, non equivalendo all’effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso quindi comporta il diritto non ad un trattamento economico uguale a quello spettante per l’ipotesi di effettiva prestazione di lavoro in quel medesimo giorno bensì ad un trattamento inferiore proporzionato alla minore restrizione della libertà della lavoratore (Cass. 9468/ 1991;

27477/2008).

La suddetta configurazione della reperibilità esclude che si possa applicare alla fattispecie la giurisprudenza di questa Corte in tema di ristoro della prestazione lavorativa effettivamente resa nel settimo giorno consecutivo, facendo ricorso alla presunzione di sussistenza del danno che questa Corte ha affermato a proposito della maggiore gravosità del lavoro prestato nel giorno destinato riposo (vedi, fra le altre, Cass. 16398/2004). Il doversi tenere disponibile per una eventuale prestazione lavorativa è, infatti, cosa diversa dall’effettuazione in concreto di tale prestazione. L’obbligo di mera disponibilità non seguito dal godimento del riposo compensativo è del pari situazione diversa dalla prestazione di lavoro resa nel giorno destinato al riposo, e non vi è alcuna ragione per ritenere che esso sia di per sè idoneo ad incidere sul tessuto psicofisico del lavoratore così da configurare un danno in re ipsa. D’altra parte, il disagio patito per la reperibilità in giorno festivo non seguita da effettiva attività lavorativa è già monetizzato dalla contrattazione collettiva (vedi Cass. 2747/2008 cit.) E’ certo possibile che quel disagio assuma dimensioni tali da incidere sul piano psicofisico del lavoratore che non possa godere del riposo compensativo, trasformandosi in danno da usura psicofisica ma a tal fine non è sufficiente la mera deduzione di non aver potuto godere appieno il giorno festivo per il connesso impegno di reperibilità, essendo necessario allegare e provare il danno che tale reperibilità ha prodotto. Nè è il datore di lavoro a dover dimostrare , diversamente che nel caso di reperibilità attiva, l’idoneità dei benefici contrattuali a fornire l’integrale ristoro il mancato recupero delle energie psicofisiche del lavoratore, essendo invece quest’ultimo a dover provare che la mera reperibilità passiva non seguita da riposo compensativo sia stata produttiva di un danno.

In definitiva, il danno da usura psicofisica si iscrive secondo la più recente giurisprudenza di questa corte (Sez. un. 24 marzo 2006 n. 6572; 11 novembre 2008 n. 26972) nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da fatto illecito o da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava, pertanto, l’onere della relativa specifica deduzione della prova eventualmente anche attraverso presunzioni semplici.

Queste, peraltro, – è appena il caso di sottolinearlo – non possono consistere nella mera deduzione di avere reso la prestazione di reperibilità, poichè in tal caso si tornerebbe alla tesi del danno ex sè, della quale si è mostrata l’erroneità. In conclusione, il ricorso principale va rigettato.

Il ricorso incidentale, diretto contro la statuizione della sentenza che aveva negato la sussistenza di alcun obbligo risarcitorio della ASL in assenza di richiesta del lavoratore di fruire del riposo compensativo, va dichiarato assorbito. La parte ricorrente deve essere condannata alle spese del giudizio.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese in Euro 40,00 oltre ad Euro 1500,00 per onorari, nonchè IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2011

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