Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18701 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 18701 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: D’ORAZIO LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26343/2011 R.G. proposto da:
Giordani s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore Carlo
Giordani, rappresentata e difesa dall’Avv. Pietro Schiavone, elettivamente
domiciliata presso il suo studio, in Manfredonia, Via San Lorenzo n. 260, giusta
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –

contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempre,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in
Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

Data pubblicazione: 13/07/2018

controricorrente avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n.
321/25/2010 depositata il 1-9-2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 aprile 2018 dal
Consigliere Luigi D’Orazio.

1.La società contribuente propose ricorso avverso avviso di accertamento irpeg
-irap 1998, con il quale, sulla scorta dei processi verbali di constatazione del
27-12-2001 e del 3-3-2003, l’Agenzia – ritenuta l’invalidità dell’istanza di
definizione agevolata proposta in base all’art. 9, comma 14, legge 289/2002,
in difetto di preventiva definizione, ai sensi dell’art. 15 della legge citatt .y
(
aveva

rettificato nell’importo di C 518.790,24 l’imponibile dichiarato in C

8.764,79 e applicato sanzione di C 277.708,92.
22adita commissione provinciale accolse il ricorso, con decisione, tuttavia,
riformata dalla commissione regionale.
In particolare, il giudice del gravame ha ritenuto la ritualità della notifica
dell’atto di appello (sottolineando, peraltro, che gli eventuali relativi vizi
risulterebbero comunque sanati nella prospettiva d cui all’art. 156 c.p.c.) e la
conseguente ammissibilità dell’impugnazione, il mancato riscontro nelle
domande ed eccezioni dell’Agenzia del carattere della novità, l’invalidità
dell’istanza di definizione agevolata proposta dalla società appellata e la
rispondenza dell’accertamento alle prescrizioni di cui all’art. 39, comma 2,
lettera d, d.p.r. 600/1973
3.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la società.
4.Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO IN DIRITO
1.Con il primo motivo di impugnazione la società deduce “violazione dell’art.
112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia”, in
quanto la Commissione regionale non ha pronunciato sull’appello incidentale,
ed in particolare sulla circostanza che la Commissione provinciale ha ritenuto
2

RITENUTO IN FATTO

UUn

nuova,

e quindi inammissibile, l’eccezione sollevata dalla società con i motivi

aggiunti in ordine alla “omessa rituale notifica del processo verbale di
constatazione”, che però doveva essere considerata valida e tempestiva.
Inoltre, la Commissione provinciale ha compensato le spese senza alcuna
motivazione.
1.1.Tale motivo è infondato.
In realtà, dovendosi compendiare le ragioni dell’appello incidentale nelle due

e 2 (eccezione di omessa rituale notifica del processo verbale di constatazione
e omessa pronuncia sulla richiesta di condanna della Agenzia alle spese di
primo grado), la Commissione regionale nella sia pure succinta motivazione, ha
implicitamente rigettato la prima doglianza.
Infatti, in ragione della sostanziale corrispondenza dei motivi addotti a
contrasto dell’appello principale e di quelli posti a fondamento dell’appello
principale, il rigetto dei primi comporta implicitamente anche quello dei
secondi.
Per quanto concerne, poi, le spese del giudizio di primo grado, in primo luogo
si rileva che non vi è stata una omessa pronuncia sulle stesse, in quanto la
Commissione regionale ha affermato che “anche le spese di questo giudizio
vanno compensate”, in tal modo confermando la compensazione delle spese
del giudizio di primo grado.
Peraltro, si rileva che il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la
sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della
pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese
processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito
complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini
della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre,
in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può
essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito
oggetto di specifico motivo d’impugnazione (Cass.Civ., 1 giugno 2016, n.
11423; Cass.Civ., 18 marzo 2014, n. 6259).
Nella specie, la Commissione regionale, dopo aver riformato la sentenza di
3

censure riportate a pagina 15 e 16 del ricorso per cassazione (sotto i numeri 1

prime cUre, ha provveduto sulle spese dei due gradi di giudizio, compensandole
per intero, dovendo tenere conto dell’esito complessivo della lite (“anche le
spese di questo giudizio vanno compensate….”).
2.Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione
dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., per motivazione
apparente”, in quanto “i Giudici di seconde cure non hanno indicato gli elementi
dai quali hanno tratto il proprio convincimento ovvero il criterio logico e la ratio

motivazione”.
2.1.Tale motivo è infondato.
Invero, dalla lettura della sentenza della Commissione regionale emerge che la
motivazione è presente e se ne coglie la ratio, sicchè non si tratta di
motivazione “apparente”.
Peraltro, anche a voler interpretare la censura come vizio di insufficiente
motivazione, si evidenzia che tale sentenza, pur nella sua spiccata sintesi,
anche se con motivazione più corposa rispetto a quella riportata tra virgolette
dalla ricorrente, chiarisce le ragioni per le quali non è stata riconosciuta alla
società la possibilità di beneficiare del condono ai sensi dell’art. 9 della legge
289/2002, in presenza delle ragioni ostative di cui al comma 14 dell’art. 9 di
tale legge.
In motivazione si chiarisce, infatti, che “Va tenuto presente che la CTP ha
ritenuto valida la domanda di condono automatico, in quanto l’Ufficio non
aveva indicato nell’invito al contraddittorio tutti gli elementi utili. Con ciò è
caduta in contraddizione in quanto, nella prima parte della motivazione, la
stessa CTP parla della notifica di tale processo verbale di constatazione o di
invito al contraddittorio di cui agli artt. 5 e 11 del decreto legislativo 218/1992,
come da notifica del 1-1-2003, che si è concluso negativamente, per cui
l’Ufficio ha legittimamente notificato l’avviso di accertamento oggetto della
vertenza”. Si aggiunge, poi, che “Non possono essere prese in considerazione
le eccepite violazioni da parte del contribuente della circolare.. .in presenza
dell’art. 9 della legge 289/2002, che non ammette il condono tombale dal
momento che l’Ufficio ha provveduto a notificare l’avviso di accertamento…”.
4

decidendi che li hanno guidati, con ciò realizzando il vizio dell’insufficiente

3.Le spgse del giudizio vanno poste a carico della ricorrente e si liquidano come
da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rimborsare alla Agenzia delle entrate le spese del
giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi C 4.200,00, oltre spese
prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 26 aprile 2018

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