Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18700 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. I, 23/09/2016, (ud. 07/04/2016, dep. 23/09/2016), n.18700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23090-2009 proposto da:

BANCA POPOLARE PUGLIESE “CAPOGRUPPO BANCARIO BANCA POPOLARE PUGLIESE”

SOC. COOP. PER AZIONI (C.E./P.I. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

S. SEBASTIANELLO presso l’avvocato RAFFAELE CAPPIELLO, rappresentato

e difeso dagli avvocati RAFFAELE DELL’ANNA, GIUSEPPE DELL’ANNA

MISURALE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ACQUEDOTTO PUGLIESE S.P.A., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FONTANELLA BORGHESE 72, presso lo STUDIO LEGALE VOLTAGGIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO TANZARELLA, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 738/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato DELL’ANNA GIUSEPPE che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato TANZARELLA che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata il 17 luglio 2008 la Corte d’appello di Bari, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato la Banca Popolare Pugliese carente di legittimazione attiva, in ordine alla domanda da essa proposta nei confronti dell’Acquedotto Pugliese s.p.a., al fine di ottenere la restituzione dell’importo dei depositi cauzionali versati a garanzia dell’adempimento, da parte dell’imprenditore R.A., di due contratti di appalto relativi alla costruzione e alla manutenzione delle condotte idriche e fognarie di alcuni Comuni della Provincia di Bari.

2. La Corte territoriale ha rilevato: a) che in entrambi i contratti, all’art. 9, era specificato che l’impresa costituiva la cauzione mediante deposito di titoli, con la conseguenza che titolare del diritto alla restituzione era il medesimo R. e non la banca; b) che era irrilevante la circostanza che l’Acquedotto Pugliese s.p.a. avesse riconosciuto che i titoli erano di proprietà della banca, giacchè tale situazione giuridica non era idonea a sostituire la medesima banca nella titolarità del rapporto contrattuale tra l’Acquedotto Pugliese e il R..

3. Avverso tale sentenza, la Banca Popolare Pugliese “Capogruppo bancario Banca Popolare Pugliese” soc. coop. per azioni, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso l’Acquedotto Pugliese s.p.a., che ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 99 e 100 c.p.c.) nonchè vizi motivazionali, rilevando che la Corte territoriale aveva emesso una pronuncia pregiudiziale in rito, sul presupposto, a tutto voler concedere, di un difetto di titolarità del diritto sostanziale dedotto, che rappresenta l’oggetto di un’eccezione di merito.

La doglianza si conclude con il seguente quesito di diritto: “si chiede se la dichiarazione di carenza di legittimazione attiva pronunciata per difetto della titolarità del rapporto sostanziale comporti o meno la violazione delle norme degli artt. 99 e 100 c.p.c. e quindi del principio secondo cui la legittimazione attiva deve essere intesa come il diritto potestativo di ottenere, non già una sentenza favorevole, bensì una decisione di merito, e prescinde dall’effettiva titolarità del rapporto sostanziale dedotto in causa”.

A tacer della non agevole individuazione dell’interesse della società ricorrente a far valere la questione prospettata, deve ribadirsi che, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale non può esserè meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamene compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile. Ne consegue che esso non può consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo ovvero nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo (Cass. 7 marzo 2012, n. 3530).

Da tali premesse, discende l’inammissibilità della doglianza proprio perchè il quesito è articolato in termini privi di correlazione con il caso di specie.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 832 e 948 c.c. e art. 2033 c.c. e ss., rilevando che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’appello, il diritto della banca di ottenere la restituzione dei titoli non richiedeva la titolarità del rapporto contrattuale, essendo sufficiente, una volta estinto l’obbligo di garanzia, la proprietà degli stessi.

Il motivo è infondato, giacchè, nell’atto di citazione, la Banca Popolare Pugliese non ha posto a fondamento della pretesa il diritto di proprietà sui beni, ma la circostanza che essa aveva depositato cauzione per i due contratti intercorsi tra l’allora Ente Autonomo Acquedotto Pugliese e l’appaltatore R. e che il medesimo Ente, nel frattempo divenuto Acquedotto Pugliese s.p.a., continuava a trattenere indebitamente le cauzioni, in assenza di giudizi pendenti, in tal modo chiaramente correlando la domanda restitutoria al contenuto dei ricordati contratti.

Del resto, tale ricostruzione della portata della domanda, quale, nella sostanza, assunta dalla Corte territoriale a fondamento della decisione, non è criticata in modo specifico dalla ricorrente, che si limita semplicemente ad insistere nella decisività del titolo proprietario.

3. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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