Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18696 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2020, (ud. 10/06/2020, dep. 10/09/2020), n.18696

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16157-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 28,

presso lo studio dell’avvocato MARIO CARA, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7135/16/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento catastale emesso dall’Agenzia delle entrate col quale si disponeva la variazione di classamento relativo ad un immobile sito in (OMISSIS), Roma, microzona 8 (Monti);

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso del contribuente;

la Commissione Tributaria Regionale dichiarava inammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate in quanto effettuato da Nexive s.p.a., ossia tramite posta privata e non dal concessionario esclusivo per la notifica degli atti giudiziari;

l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato a due motivi mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso; con ordinanza interlocutoria depositata il 22 gennaio 2020, n. 1424, la Corte rinviava a nuovo ruolo in attesa del deposito della sentenza delle sezioni unite in merito alla notifica degli atti tramite servizi di posta di licenziatario privato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione del D.Lgs. n. 58 del 2011, art. 1, comma 2, lett. o), del D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto la raccomandata recapitata da un licenziatario ha lo stesso valore di quella consegnata da Poste italiane s.p.a.;

considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione dell’art. 156 c.p.c. in quanto l’atto avrebbe comunque raggiunto il suo scopo.

I motivi, che in quanto strettamente connessi attenendo entrambi alla regolarità della notifica possono essere affrontati congiuntamente, sono infondati.

Infatti, secondo le Sezioni unite della Cassazione n. 299 del 2020:

“in tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”;

“la sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perchè sprovvisto di titolo abilitativo” (Cass. SU n. 299 del 2020).

Si impone dunque preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che l’appellato si sia costituito o meno in appello (secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità infatti, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato: Cass. SU n. 6983 del 2005; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 4206 del 2020), una verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello (che va proposto, quando – come nel caso di specie – non sia notificata la sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c. e Cass. n. 30850 del 2019 e Cass. n. 33168 del 2018) che prenda sì naturalmente in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale (Cass. SU n. 18569 del 2016; Cass. 4206 del 2020) ma che consideri quale termine ad quem non già – in ossequio al dettato delle predette sezioni unite n. 299 del 2020 – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il diverso e successivo momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato.

Tale verifica, consentita anche d’ufficio a questa Corte (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass. SU n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di verificare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità sotto il profilo della tardività, D.Lgs. n. 546 del 1992 ex art. 51, spettando l’onere della prova della suddetta tempestività della notifica a chi propone l’azione secondo gli ordinari e generali criteri di distribuzione dell’onere probatorio (Cass. SU n. 22438 del 2018; Cass. n. 27722 del 2019).

Infatti, a seguito dell’acquisizione del fascicolo di merito, si è potuta constatare la presenza solo dei seguenti atti potenzialmente utili a ricostruire la tempestività o meno dell’appello: la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che risulta depositata il 21 luglio 2016 (che costituisce dunque il termine ad quem), un appello depositato presso la cancelleria della CTR dall’Agenzia delle entrate in data 7 marzo 2017, una distinta analitica delle raccomandate delle Poste private con data di spedizione del 21 febbraio 2017 con indicato al n. 1 Dott. Ca.Ma. per C. E., da cui dunque sembra dedursi che il ricorso è stato consegnato all’operatore di poste private l’ultimo giorno utile per proporre appello, mentre la prima data utile per considerare pervenuto l’appello nella sfera giuridica del contribuente è la memoria di costituzione di quest’ultimo presso la CTR della parte contribuente con timbro della CTR del 19 aprile 2017, quindi ben oltre i sei mesi dal deposito della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (pur considerando il periodo di sospensione feriale), quando quest’ultima sentenza era quindi ormai passata in giudicato, cosicchè la tardiva costituzione in giudizio del contribuente non è idonea a sanare la notifica per raggiungimento dello scopo.

Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese devono compensarsi in ragione dell’applicazione di principi giurisprudenziali successivi rispetto alla proposizione del ricorso introduttivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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