Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18695 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 18695 Anno 2018
Presidente: LOCATELLI GIUSEPPE
Relatore: FEDERICI FRANCESCO

ORDINANZA

sul ricorso 18696-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

2018
1298

contro

H2S SRL, elettivamente domiciliato in ROMA

Data pubblicazione: 13/07/2018

VIA GIOVANNI PAISIELLO 15, presso lo studio
dell’avvocato GRAZIANO BRUGNOLI, che lo
rappresenta e difende;
– con troricorrente –

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.

di

n.
ROMA,

315/2010
depositata

della
il

26/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
camera di consiglio del 12/04/2018 dal
Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico
Ministero

in

persona

del

Sostituto

Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA’
che ha chiesto il rigetto del 1 ° motivo,
accoglimento del 2 ° motivo di ricorso.

avverso

Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per la cassazione della sentenza n.
315/14/10, depositata il 26.05.2010 dalla Commissione Tributaria Regionale del
Lazio;
riferiva che, a seguito di controllo e processo verbale di constatazione redatto
dalla GdF, era notificato alla società H2S s.r.l. l’avviso di accertamento n.
RGC3000886, con il quale si rettificava il reddito ex art. 39, co. 2 del d.P.R. n. 600 del

254.784.560, applicando un margine di ricarico medio del 12%.
L’accertamento induttivo era motivato dall’omessa tenuta del libro giornale.
Seguiva il contenzioso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma,
che con la sentenza depositata il 26.06.2008 accoglieva il ricorso della contribuente.
L’Amministrazione adiva la Commissione Tributaria Regionale, che con la sentenza ora
impugnata rigettava l’appello, ritenendo, al pari del giudice di prime cure, del tutto
apodittica la applicazione della percentuale media del margine di ricarico.
L’Agenzia si duole:
con il primo motivo della violazione e falsa applicazione degli artt. 39, co. 2, del
d.P.R. n. 600 del 1973, e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 co. 1. n. 3, c.p.c., perché,
a fronte di un accertamento induttivo puro, il giudice regionale non aveva considerato
sufficiente il ricorso da parte della Amministrazione a presunzioni pur prive dei
requisiti di precisione, gravità e concordanza, mentre doveva porre a carico della
contribuente l’onere della prova contraria;
con il secondo motivo della violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del
d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n 4 c.p.c., per avere
erroneamente annullato l’avviso di accertamento, declinando l’esercizio del potere
decisorio in ordine alla determinazione, nel merito, del maggior reddito della società.
Chiedeva pertanto la cassazione della sentenza con ogni consequenziale
statuizione.
Si costituiva la società, che eccepiva la non autosufficienza del ricorso e nel merito
l’infondatezza dei suoi motiyi. Chiedeva pertanto il rigetto del ricorso.
La Procura Generale depositava tempestivamente le conclusioni ex art. 380 bis.1
c.p.c., con cui chiedeva l’accoglimento del secondo motivo del ricorso.
La contribuente ha ritualmente depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1
c.p.c.

1973 per l’anno d’imposta 1996, accertando maggiori ricavi per vecchie £

2

Considerato che
È infondata, e in verità poco chiara, l’eccepita inammissibilità del ricorso per
difetto di autosufficienza; )’atto d’impugnazione contiene invece i requisiti richiesti
dall’art. 366 c.p.c., riproducendo peraltro i passaggi salienti dei documenti cui fa
riferimento.
Nel merito, è infondato il primo motivo di ricorso. Con esso l’Amministrazione
lamenta che il giudice d’appello non avrebbe tenuto conto che, a fronte della

cit., era possibile per l’Amministrazione ricorrere a presunzioni cd. supersemplici, cui
aveva adempiuto mediante il ricorso a percentuali di ricarico secondo la media del
settore, mentre spettava alla contribuente l’onere della prova contraria.
In materia la Corte ha affermato che il discrimine tra l’accertamento condotto con
metodo analitico extracontabile e quello condotto con metodo induttivo cd. puro sta
nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel
primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non
consente di prescindere del tutto dalle scritture contabili, essendo legittimato l’Ufficio
accertatore solo a completare le lacune riscontrate, utilizzando anche presunzioni
semplici, rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 2729 cod. civ.; nel secondo caso
invece “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” risultano tali da inficiare
integralmente l’attendibilità, e dunque l’utilizzabilità, degli altri dati contabili
(apparentemente regolari), con la conseguenza che l’amministrazione finanziaria può
“prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in
quanto esistenti”, ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi
meramente indiziari, privi dei requisiti previsti per la prova presuntiva dagli artt. 2727
e 2729 cod. civ. In queste ipotesi, a norma dell’art. 39, co. 2, del d.P.R. n. 600 del
1973, legittimamente l’Amministrazione finanziaria determina il reddito sulla base dei
dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, tra i quali è
compresa la redditività media del settore specifico in cui opera l’impresa sottoposta ad
accertamento, ben potendo la rideterminazione del ricarico, sulla base di dati concreti,
integrare operazione finalizzata alla ricostruzione del volume d’affari (Cass., sent. n.
17952 del 2013; sent. n. 11813 del 2002). Nella raccolta di tali elementi probatori è
poi compresa la scelta tra le diverse modalità di calcolo della percentuale di ricarico
applicabile alla merce venduta, quella cd. “aritmetica semplice” o quella “media
aritmetica ponderata” (che distingue i beni in diversi gruppi merceologici omogenei). E
tuttavia si è condivisibilmente affermato che
RGN 18696/2011
Fede

)e(‘

«la scelta da parte

sussistenza dei presupposti per un accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39, co. 2,

3

dell’Amministrazione finanziaria del criterio di determinazione della percentuale di
ricarico deve…..rispondere a canoni di coerenza logica e congruità che devono essere
esplicitati attraverso adeguato ragionamento, essendo consentito il ricorso al criterio
della “media aritmetica semplice” in luogo della “media ponderale” quando risulti
l’omogeneità della merce, ma non quando fra i vari tipi di merce esista una notevole
differenza di valore ed i tipi più venduti presentino una percentuale di ricarico molto
inferiore a quella risultante dal ricarico medio»

(Cass., sent. n. 17952 cit.; cfr.

sulla valutazione della correttezza della scelta adottata dalla Amministrazione la
congruità del campione selezionato per la comparazione tra i prezzi di acquisto e di
rivendita, dovendo far riferimento tendenzialmente a tutte le merci commercializzate
dalla contribuente, risultanti dall’inventario generale o comunque ad un gruppo
significativo, per qualità e quantità (cfr. Cass., sent. n. 4312 del 2015; n. 6849 del
2009; n. 6086 del 2009).
Questi i principi che presidiano, anche nell’alveo dell’accertamento induttivo puro,
ai criteri di scelta tra il calcolo della percentuale dei ricavi secondo il metodo della
media aritmetica semplice oppure della media ponderale.
Nel caso di specie, a fronte delle doglianze della contribuente sull’erroneo ricorso
della Amministrazione al ricalcolo del margine di ricarico mediante la media aritmetica
semplice, senza tener conto che la società vendeva merce sia al dettaglio che
all’ingrosso, il giudice regionale ha rilevato che «effettivamente non risulta motivato
l’accertamento con il richiamo del tutto apodittico del margine di ricarico, pari al 12%,
praticato mediamente nel settore. I primi giudici hanno giustamente lamentato una
omissione di approfondimento circa la differenziazione delle percentuali di ricarico.
L’appello, al riguardo, non appare aver superato tale lacuna».

E proseguendo, alla

doglianza della Amministrazione, secondo cui il giudice di primo grado non aveva
tenuto conto che si trattava di un accertamento induttivo, ribadisce che, al contrario,
la Commissione provinciale, pur qualificando l’accertamento come induttivo, ha
ugualmente reputato indimostrata la correttezza della metodologia di calcolo.
La motivazione, per vero succinta, è tuttavia logica e coerente proprio con i
principi illustrati. L’Amminisirazione, nell’espletamento di un accertamento eseguito ai
sensi dell’art. 39 co. 2, cit., con possibilità di ricorso a prove indiziarie cd.
supersemplici, ha rideterminato il reddito d’impresa utilizzando erroneamente il
metodo aritmetico semplice per il calcolo del margine di ricarico sui beni venduti,
quand’anche esistenti elementi che in concreto evidenziassero l’incoerenza e
RGN 18696/2011
Rel
eridi
L

anche n. 3197 del 2013; n. 26167 del 2011; n. 14328 del 2009). Parimenti, incide

4

l’insufficienza di quel metodo -per la diversa destinazione dei prodotti
commercializzati, venduti tanto al dettaglio quanto all’ingrosso, implicante di per sé
l’applicazione di distinte percentuali di ricarico-. L’inidoneità del metodo prescelto è
quanto invece riconosciuto dalla pronuncia impugnata, che pertanto sotto questo
profilo è del tutto esente da censure.
In conclusione il motivo di ricorso è infondato.
Trova invece accoglimento il secondo motivo, con il quale l’Amministrazione

l’erroneo criterio di accertamento del reddito, utilizzato dalla Amministrazione,
annullando l’atto impositivo senza provvedere a decidere nel merito. Ciò, pur essendo
incontestata l’omessa tenuta del libro giornale e l’inaffidabilità di tutti gli altri registri,
con conseguente necessità di rideterminazione del reddito d’impresa.
Sulla natura del processo tributario la giurisprudenza di legittimità ha
reiteratamente affermato che non è annoverabile tra quelli di “impugnazioneannullamento”, ma tra i processi di “impugnazione-merito”, in quanto non è diretto
alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione
di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che
dell’accertamento dell’ufficio. Da ciò discende che ove il giudice tributario ritenga
invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale,
non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la
pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente
ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass., sent.
n. 24611 del 2014; n. 6918 del 2013, n. 15825 del 2006). Pertanto, quando le parti
controvertono sul provvedimento impositivo e il contribuente contesti la fondatezza
della pretesa fiscale in relazione al criterio di calcolo adottato per la determinazione
della percentuale di ricarico sulla merce venduta, il giudice adito, quand’anche
illegittima quella utilizzata dalla Amministrazione, e tuttavia parzialmente fondata la
pretesa fiscale, non può sottrarsi dalla esatta commisurazione dell’importo dovuto dal
contribuente.
Nel caso di specie è invece avvenuto che il giudice tributario di merito ha
riconosciuto l’erroneità del metodo di rideterminazione del reddito d’impresa cui
l’Amministrazione era ricorsa, ma poi, pur dovendo comunque provvedere al suo
ricalcolo, se ne è sottratto omettendo la pronuncia sul punto.

Considerato che
RGN 18696/2011
Re 7 der . ci

lamenta l’omessa pronuncia del giudice regionale, che si è limitato a riconoscere

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il ricorso va pertanto accolto con riferimento al secondo motivo e la sentenza va
cassata con rinvio della causa al giudice dell’appello, in diversa composizione, che
dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio,

P.Q.M.
Accoglie il ricorso in riferimento al secondo motivo, rigettato il primo; cassa la
sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Commissione Tributaria Regionale

spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il giorno 12 aprile 2018.

del Lazio, in diversa composizione, che dovrà provvedere anche alla liquidazione delle

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