Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1869 del 21/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2022, (ud. 03/11/2021, dep. 21/01/2022), n.1869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26537-2019 proposto da:

T.R., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ROBERTO SCIULLO;

– ricorrente –

contro

REGIONE ABRUZZO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 55/2019 del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositata

il 05/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2012 T.R. convenne dinanzi al Giudice di pace di Castel di Sangro la Regione Abruzzo e la Provincia de L’Aquila, esponendo che:

-) il 7 novembre 2011, mentre percorreva la Strada Regionale (OMISSIS) “(OMISSIS)” aveva investito un cervo presente sulla sede stradale;

-) l’impatto aveva causato danni al veicolo.

Chiese pertanto la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno.

2. Si costituì l’amministrazione provinciale eccependo l’incompetenza del giudice adito in favore del Tribunale di Sulmona e la carenza di legittimazione passiva, ed indicando quale unica legittimata la Regione Abruzzo. Nel merito chiese il rigetto della domanda.

La Regione, inizialmente contumace, si costituì tardivamente eccependo il difetto di legittimazione passiva, ritenendo legittimata soltanto la Provincia o, comunque, l’ente proprietario della strada.

Contestò comunque la fondatezza della pretesa attesa attorea negando la sussistenza dei presupposti (colpa e nesso di causa) della responsabilità aquiliana.

3. Con sentenza non definitiva del 12 febbraio 2013 il Giudice di pace estromise l’Amministrazione provinciale dal giudizio, disponendo la prosecuzione della causa nei confronti della Regione. Quindi, con sentenza 14 luglio 2014, accolse la domanda dell’attrice.

4. Avverso tale decisione propose appello la Regione Abruzzo.

Nel giudizio di appello si costituì la parte danneggiata, deducendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del gravame.

Il Tribunale de L’Aquila, con sentenza 5 febbraio 2019, accolse l’appello, rigettando la domanda e compensando le spese di lite.

A fondamento della decisione il Tribunale osservò che:

-) la responsabilità della Regione poteva essere invocata solo ai sensi dell’art. 2043 c.c., e nel caso di specie era mancata la prova di una condotta colposa;

-) il fatto era avvenuto all’interno di un Parco Nazionale, e le “concrete possibilità di intervento da parte della Regione sugli animali dei parchi nnionali sono estremamente ristrette”;

-) in particolare il regolamento del Parco Nazionale d’Abruzzo impediva la cattura, l’uccisione, il danneggiamento e il disturbo delle specie animali;

-) pertanto la Regione non poteva intervenire nel caso di sconfinamento di animali selvatici dagli ambiti boschivi, “trattandosi di animali il cui controllo e monitoraggio è rimesso all’ente Parco, il quale soltanto può applicare misure contenitive” come la cattura o l’abbattimento;

-) l’assenza sul luogo del sinistro di segnaletica, illuminazione o recinzioni non poteva essere imputata alla Regione, in quanto ente proprietario della strada ove avvenne il fatto non era quest’ultima, ma la Provincia.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da T.R. con ricorso fondato su quattro motivi.

Con ordinanza 21 giugno 2021 n. 17607 questa Corte ha ordinato il rinnovo della notificazione del ricorso all’Avvocatura Generale dello Stato, incombente ritualmente assolto.

La Regione Abruzzo non si è difesa nella presente sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.

Con essi la ricorrente sostiene, in sintesi, che erroneamente il Tribunale ha ritenuto non rientrare nelle competenze della Regione il controllo della fauna selvatica esistente all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo.

Deduce che né la L. n. 394 del 1991, art. 11, né il Regolamento del Parco Nazionale d’Abruzzo, sottraggono alla Regione il controllo della fauna selvatica (e la relativa responsabilità); e che al contrario la L. n. 157 del 1992, art. 19, attribuisce alle Regioni il potere-dovere di controllo della fauna selvatica “anche nelle ione vietate alla caccia”.

1.1. Le censure prospettate dalla ricorrente sono in parte inammissibili, ed in parte infondate.

In primo luogo deve rilevarsi che la Corte d’appello ha qualificato la domanda proposta dalla odierna ricorrente come domanda di risarcimento del danno aquiliano ai sensi dell’art. 2043 c.c.. Ha, invece, escluso l’applicabilità nel caso di specie delle speciali responsabilità di cui agli artt. 2051 o 2052 c.c..

Tale statuizione non ha formato oggetto di impugnazione, con la conseguenza che nella presente sede non vengono in rilievo né la responsabilità presunta del custode, né quella del proprietario di animali.

1.2. Ciò posto, rileva il Collegio che il Tribunale de L’Aquila ha rigettato la domanda attorea ritenendo che una condanna ai sensi dell’art. 2043 c.c. presuppone l’accertamento di una condotta colposa, ma nel caso di specie nessuna condotta colposa ascrivibile alla Regione Abruzzo era emersa dall’istruttoria.

Il ricorso tuttavia, incurante di tale statuizione, si diffonde a sostenere in astratto che il Tribunale avrebbe falsamente applicato varie norme di diritto, le quali attribuirebbero alla Regione poteri di controllo della fauna selvatica, ivi compresa quella dimorante all’interno dei parchi nazionali.

Ma anche se le norme indicate dalla ricorrente fossero state effettivamente violate dal Tribunale – il che, per quanto si dirà, non è accaduto -, resterebbe il fatto che il Tribunale ha escluso la sussistenza della prova d’una concreta condotta colposa da parte della Regione, e la ricorrente non ha validamente censurato tale statuizione, trascurando di indicare in concreto in cosa sarebbe consistita tale colpa.

Nelle fattispecie regolate dall’art. 2043 c.c., infatti, non è sufficiente allegare in astratto l’esistenza d’una norma che attribuisca la pubblica amministrazione poteri gestori, ma è necessario allegare e provare in concreto in quale modo e perché il fatto illecito sia derivato dall’inosservanza di quei poteri.

Così, nel caso di specie, anche ad ipotizzare che effettivamente la Regione avesse avuto il potere di prelevare, abbattere o recintare la fauna selvatica presente all’interno del parco nazionale, l’accoglimento della domanda avrebbe pur sempre richiesto l’allegazione e la prova che tale potere:

-) doveva essere esercitato nell’area del sinistro, alla stregua di un criterio di comune prudenza ex art. 1176 c.c., comma 2;

-) non era stato esercitato;

-) il mancato esercizio di quel potere era stato la causa “più probabile che non” della presenza di un cervo 7 novembre 2011 sulla strada “(OMISSIS)”.

Il ricorso tuttavia, per quanto detto, non prospetta alcuna censura avverso le statuizioni con cui il Tribunale ha ritenuto insussistente la prova d’una colpa in concreto dell’amministrazione regionale, e dunque va dichiarato inammissibile per difetto di decisività.

1.3. In ogni caso anche le deduzioni svolte in punto di stretto diritto della parte ricorrente non possono essere condivise.

Il sinistro che ha dato origine al presente giudizio è avvenuto all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo.

I Parchi Nazionali sono enti di diritto pubblico, sottratti al controllo delle Regioni e sottoposti al controllo del Ministero dell’Ambiente (art. 8, comma 1,1. 6.12.1991 n. 394).

La legge riserva all’ente parco qualsiasi decisione ed iniziativa in tema di controllo della fauna selvatica e prevenzione della sua proliferazione (L. n. 394 del 1991, art. 11, comma 4, il quale recita: “prelievi e abbattimenti (della fauna selvatica) devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco ed essere attuati dal personale dell’Ente parco o da persone all’uopo espressamente auton. uate dall’Ente parco stessò).

Correttamente, dunque, il Tribunale ha escluso che competesse alla Regione il controllo della fauna selvatica esistente all’interno del Parco Nazionale, così come la prevenzione dei danni da essa causati.

1.4. Ne’ rilevano in senso contrario le previsioni della L. n. 157 del 1992, art. 19, invocate dalla ricorrente.

La L. n. 157 del 1992 disciplina infatti le competenze generali delle Regioni in materia di fauna selvatica, mentre la L. n. 394 del 1991 disciplina i poteri degli Enti Parco: la seconda norma quindi è in rapporto di specialità rispetto alla prima, e deroga ad essa.

1.5. Nei sensi che precedono si è già pronunciata questa Corte con l’ordinanza Cass. civ., sez. VI-3, ord. 24.3.2021 n. 8206, la quale ha affermato che legittimato sostanziale passivo, rispetto ad una domanda di risarcimento del danno causato dalla fauna selvatica, può essere la Regione solo quando il danneggiato invochi nei confronti di essa la presunzione di cui all’art. 2052 c.c., come detto non invocata nel presente giudizio.

Quando, invece, a fondamento della domanda sia invocato il generale precetto di cui all’art. 2043 c.c., come nel caso di specie, la responsabilità – e la conseguente legittimazione passiva – può spettare alternativamente o cumulativamente sia alla Regione, sia “agli enti a cui sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio delle funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”, a seconda che l’una, gli altri, o tutti e due, siano venuti meno a regole di comune prudenza idonee a prevenire danni a terzi prevedibili ed evitabili, e sempre che tali condotte colpose siano state tempestivamente allegate debitamente provate.

Nello stesso senso, anche Cass. civ., sez. III, 20.4.2020 n. 7969 ha affermato un principio così riassumibile:

a) la responsabilità per danni causati dalla fauna selvatica incombe sulla Regione, se il danneggiato invoca la presunzione di cui all’art. 2052 c.c.;

b) la responsabilità per danni causati alla fauna selvatica può invece incombere sulla Regione o sugli altri enti locali, se il danneggiato invoca l’ordinaria responsabilità di cui all’art. 2043 c.c.; in tal caso, la responsabilità degli enti diversi dalla Regione sussiste se essi, non adempiendo alle funzioni a loro assegnate dalla legge (senza distinzione tra funzioni proprie o funzioni delegate), hanno trascurato di adottare le misure minime esigibili anche alla stregua dell’ordinaria diligenza per prevenire il danno.

2. Il quarto motivo è inammissibile per difetto di interesse.

Con esso, infatti, la ricorrente impugna il capo di sentenza in cui il Tribunale ha escluso che la Regione potesse essere chiamata a rispondere di eventuali deficit manutentivi e della strada ove avvenne il sinistro, ed in particolare per la mancata installazione di recinzioni o di segnaletica di pericolo.

E tuttavia è la stessa ricorrente a dichiarare, a p. 16 del proprio ricorso, di non avere mai voluto invocare la responsabilità della Regione per difetto di manutenzione della strada.

In sostanza, con questo quarto motivo la ricorrente si duole della esclusione di un profilo di responsabilità, in capo alla Regione, che essa stessa dichiara di non aver mai prospettato: di qui l’inammissibilità del motivo per difetto di interesse.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità possono essere interamente compensate tra le parti, in considerazione dell’alterno esito dei gradi di merito.

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2022

 

 

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