Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18689 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. II, 11/07/2019, (ud. 07/03/2019, dep. 11/07/2019), n.18689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25164-2015 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE MACCARI

123, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO PORFIDIA, rappresentata

e difesa dall’avvocato DOMENICO PORFIDIA;

– ricorrente –

contro

A.M.P., P.R., P.B.,

P.G., rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO ADINOLFI;

– controricorrenti –

contro

P.L.;

– intimata –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il

22/06/2015, R.G.nn. 1408/2019 + 1416/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito l’Avvocato ANIELLO MERONE, con delega dell’avvocato DOMENICO

PORFIDIA difensore della ricorrente, che si riporta agli atti

depositati.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

P.E., con ricorso ex art. 111 Cost., impugna l’ordinanza della Corte di Appello di Napoli depositata in data 22 maggio 2015, con la quale veniva rigettata l’istanza di ricusazione ex art. 52 c.p.c., proposta dalla stessa odierna ricorrente nei confronti dei giudici, in atti indicati, nell’ambito del procedimento civile n. 1408/2009 pendente innanzi alla stessa Corte distrettuale innanzi citata.

Tale procedimento – giova rammentare- concerneva gli appelli interposti da tutte le parti in causa avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 29 febbraio 2008. Tale decisione – in accoglimento della domanda di riduzione proposta dalla attrice P.L. nei confronti dei propri germani M. ed E. per la reintegra della propria quota di legittima relativamente all’eredità della madre R.R., disponeva – come da atti- l’integrazione della detta quota, nonchè di quella della P.E. (che ne aveva fatto domanda in via riconvenzionale), con condanna del convenuto P.M. alla reintegrazione delle dette quote.

La gravata ordinanza di rigetto della Corte distrettuale motiva il proprio deciso essenzialmente sul fatto che, ai sensi dell’art. 52 c.p.c., comma 1 “si può avanzare istanza di ricusazione del giudice esclusivamente nei casi contemplati nell’art. 51 c.p.c., comma 1”, che la stessa parte ricorrente non aveva prospettato una delle ipotesi di cui all’art. 51 cit., lamentando esclusivamente il mancato avvalersi della facoltà di astensione da parte dei Giudici poi ricusati ovvero che gli stessi avevano manifestato una “preconcetta contrarietà” alle tesi della P.E. in relazione alla svolta richiesta di sostituzione del custode e del consulente tecnico.

Il ricorso è fondato su due ordini di motivi ed è resistito con controricorso di A.M.P..

Parte ricorrente, nell’approssimarsi dell’udienza, ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce la nullità dell’ordinanza gravata per violazione dell’art. 111 Cost., comma 2 e dell’art. 101 c.p.c., comma 1 ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Parte ricorrente lamenta, nella sostanza, l’omessa trattazione in contraddittorio della svolta istanza di ricusazione innanzi alla Corte distrettuale.

Si sarebbe dovuto, secondo parte ricorrente, “udire il giudice ricusato” ed esaminate “le prove offerte onde pervenire alla decisione di cui all’art. 54 c.p.c.”

2.- Con il secondo motivo del ricorso si prospetta il vizio di “violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e contestuale violazione degli artt. 51 c.p.c. e ss. ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Parte ricorrente adduce che l’impugnata “ordinanza appare viziata per aver omesso di considerare gli elementi di fatto e di diritto oggetto del ricorso”, in particolare in documenti allegati ai n. ri 6 e 7 del ricorso depositato.

3.- Esposti, doverosamente, i suddetti motivi del ricorso, la Corte osserva quanto segue.

Il ricorso, come da conforme richiesta del P.G., non può che essere dichiarato inammissibile.

L’esperito gravame risulta fondato, innanzitutto e in sostanza, sulla pretesa nullità dell’ordinanza deducibile in questa sede per violazione dell’art. 111 Cost., comma 2.

Tuttavia la impugnata ordinanza difetta del fondamentale requisito presupposto per l’ammissibilità del ricorso ovvero del carattere di definitività.

Secondo il costante e consolidato orientamento di questa Corte, qui condiviso e ribadito, “l’ordinanza che rigetta l’istanza di ricusazione del giudice non può essere qualificata come sentenza agli effetti dell’art. 111 Cost.. Detto provvedimento, benchè abbia assunto natura decisoria, in quanto decide sul diritto soggettivo, pieno ed assoluto difetta, tuttavia, della fondamentale caratteristica della definitività, necessaria per il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost.” (Cass. n. 10721/2012 e 6837/2012).

Consegue a tanto l’inammissibilità del proposto ricorso straordinario per revocazione in quanto il gravato provvedimento “non ha carattere di definitività, non è idoneo a passare autonomamente in giudicato e confluisce nell’atto finale che definisce il procedimento in cui la ricusazione è stata proposta” (Cass. n. 11131/2002).

Il non conferente richiamo, di cui al ricorso, alla più recente pronuncia di questa Corte n. 16627/2014 (che in ogni caso ha ribadito il suddetto carattere di non definitività), neppure può giustificare una mutamento del suddetto consolidato orientamento di questa Corte.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

4.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto. Si determinano così come in dispositivo.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore delle parti controricorrenti A.M.P. ed altri delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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