Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18688 del 27/07/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 27/07/2017, (ud. 20/06/2017, dep.27/07/2017),  n. 18688

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

M.S., rapp. e dif. dall’avv. Alessandro Ballerini, elett.

dom. presso lo studio dell’avv. Emiliano Benzi in Roma, viale

dell’Università n. 11, come da procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, – Commissione Territoriale per il

riconoscimento della Protezione Internazionale di Torino;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello Torino

8.4.2016, n. 562/2016 in R.G. 1575/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 20 giugno 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n.136/2016 del Primo

Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. M.S. impugna la sentenza della Corte di Appello Torino 8.4.2016, n. 562/2016 in R.G. 1575/2015, con cui è stato respinto il suo appello presentato avverso il diniego di riconoscimento della protezione internazionale, avendo ritenuto, prima la Commissione Territoriale e poi il Tribunale, sussistere incongruenze e lacune (quanto alla persecuzione personale, nonchè la vulnerabilità, piuttosto di natura economico-sociale) che rendevano il racconto reso dal ricorrente in sede di audizione poco credibile – elementi considerati unitamente alle carenze a livello probatorio – così da non potersi ritenere comprovate neanche le circostanze che dovrebbero giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato politico o la protezione sussidiaria;

2. in particolare, la corte ha negato di poter riconoscere la protezione internazionale, non desumendosi le relative condizioni, nonostante l’attenuato onere probatorio, da riferimenti generici a situazioni connesse ad episodi di violenza verificatisi a distanza di anni nel (OMISSIS), paese di provenienza del ricorrente, non accompagnati da elementi che consentano un ragionevole collegamento alle vicende personali dello stesso;

3. secondo la corte i presupposti negativi per il riconoscimento dello status di rifugiato non sussistevano, per difetto di dettagliata prova del clima persecutorio collegabile alla vicenda individuale e come tali, non essendo emerso che il ricorrente non può o non vuole fare ritorno al proprio paese per il fondato timore di una persecuzione per l’appartenenza ad etnia, proveniente da altra etnia (Marka) verso soggetti della regione del Kayes;

4. nemmeno era evidente la possibilità di dar corso alla protezione sussidiaria, mancando a propria volta la prova del rischio effettivo che il ricorrente subisca un grave danno ai sensi D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) nella regione di provenienza (sud del Mali) ove vi rientri, difettando un conflitto armato con violenza diffusa così che un civile possa perdere la vita o subire danni alla persona, non essendo più attuale nel 2014, epoca di arrivo di M.S. in Italia – e come invece nel 2012 – la violenza generalizzata;

5. la corte, infine, ha statuito che non fosse possibile concedere il permesso di soggiorno per seri motivi umanitari, non essendo state allegate – anche per la non credibilità del racconto del ricorrente specifiche situazioni soggettive tali da integrare lesioni di diritti umani di particolare entità idonei a giustificarne il riconoscimento;

6. con duplice motivo si deduce per un verso violazione ovvero falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 25, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,7 e 14quanto alla reiezione della domanda di protezione sussidiaria, avendo omesso la corte di considerare la grave situazione di insicurezza e rischio del conflitto in Mali tale da giustificare il pregiudizio grave alla vita o alla persona per il ritorno;

7. per, altro verso si censura la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 nonchè l’art. 5, comma 6 T.U. imm., quanto alla negata protezione umanitaria, erroneamente negata nonostante i gravi motivi di vulnerabilità da proteggere.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il ricorso circoscrive le doglianze al solo diniego della protezione sussidiaria e alla protezione umanitaria, non apparendo coltivata l’azione avverso il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato;

2. gli elementi istruttori, anche acquisiti d’ufficio ad opera della corte, hanno escluso che un apprezzamento della pur residua conflittualità sussistente in Mali, anche dopo l’avvio della stabilizzazione del Paese, fosse tale, ancora nel 2014 (epoca di arrivo in Italia del richiedente) da giustificare un giudizio di rischio effettivo di subire un grave danno, stante il carattere circoscritto delle zone di insicurezza, proprie del Nord del Mali e la provenienza del richiedente dalla regione (Kayes) per la quale nessuna indicazione bellica o di analogo conflitto è emersa o anche solo allegata;

3. il primo motivo è dunque inammissibile, già considerando la genericità della sua illustrazione, poichè la corte ha adeguatamente motivato sulla impossibilità di riconnettere la limitata sussistenza di conflitti nel Nord del Mali alla invocata situazione di concreto pericolo per la vita o la persona da violenza indiscriminata, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e art. 2, lett. g);

4. sul punto, il ricorrente ha riprodotto segnalazioni informative qualificate, in parte già esplicitamente considerate, ma con apprezzamento contrario, dalla corte ed in altra parte irrilevanti, poichè attinenti a fenomeni non specificamente coerenti con la censura, in ove relativi a fatti datati o riferibili, quanto al conflitto in Mali, ancora a notizie del Nord del Paese ovvero a soggetti (così i precedenti giudiziari di merito) ad essi correlati;

5. il motivo di ricorso per il profilo con cui sostanzialmente si risolve nel vizio di motivazione è dunque inammissibile, avendo la sentenza spiegato il collegamento tra situazione generale e situazione riferita al richiedente come privo di doverosa ricostruibilità probatoria; ne consegue che alla tale doglianza si deve opporre il principio per cui “in tema di ricorso per cassazione, dopo la modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili.” (Cass. 12928/2014);

6. il secondo motivo è parimenti inammissibile, avendo il richiedente, nella critica alla decisione, invocato un mero diverso apprezzamento dei fatti, senza introdurre circostanze la cui decisività ed omesso esame possa indurre questa Corte a dare ingresso al vizio di motivazione, nel quale anche si risolve la censura;

7. richiamato dunque il principio di cui al punto precedente n. 5, osserva il Collegio che anche i precedenti trascritti e relativi a cittadini maliani non superano il vaglio della genericità ed irrilevanza, posto che proprio in essi figurano elementi di specificità soggettiva del tutto assenti nella narrazione del richiedente, per il quale la sentenza ha ritenuto carente una personale e specifica posizione di vulnerabilità non altrimenti tutelabile, così confermando la statuizione del tribunale in punto di vulnerabilità solo economica e sociale, senza eccezionalità del profilo di migrante economico.

8. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA